Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24811 del 23/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/11/2011, (ud. 27/10/2011, dep. 23/11/2011), n.24811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

ALICARNI SRL (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro-

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE 4 3,

presso lo studio dell’avvocato LORENZONI FABIO, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 78/3/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 2.5.08, depositata il 22/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/10/2011 dal Presidente Relatore Dott. CARLO PARMEGGIANI;

udito per la ricorrente l’Avvocato Fabio Lorenzoni che si riporta ai

motivi del ricorso;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. NICOLA

LETTIERI che si riporta agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che la relazione versata in atti ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. regolarmente comunicata alle parti costituite, è del seguente testuale tenore: “La CTR del Lazio, accogliendo l’appello dell’Ufficio, ha riformato la sentenza della CTP di Roma che aveva accolto il ricorso della Alicarni s.r.l. avverso l’avviso di accertamento per Iva, Irpeg e Irap per l’anno 1998.

La CTR ha ritenuto provata l’inesistenza soggettiva delle operazioni a nulla rilevando che dalla sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante della Alicarni risultasse che dalle scritture contabili della società emergesse che le forniture erano state pagate. Ha proposto ricorso per cassazione la contribuente deducendo, con nove motivi, violazione e falsa applicazione di legge e vizio motivazionale. I primi due motivi propongono sotto diverse visuali (violazione di legge o vizio motivazionale) la questione della necessità dell’autorizzazione a proporre l’appello da parte dell’ufficio periferico.

La questione, a parte il rilievo che la sentenza da atto della esistenza dell’autorizzazione (l’eventuale errore del giudice avrebbe dovuto essere dedotta come vizio revocatorio), è comunque superata dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. SS.UU. n. 604/2005) che ha ritenuto che la disposizione del D.Lgs. 3 dicembre 1992, n. 546, art. 52, comma 2, per la quale gli uffici periferici del dipartimento delle entrate devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale dal responsabile del servizio contenzioso della competente direzione regionale delle entrate e gli uffici del territorio devono essere previamente autorizzati alla proposizione dell’appello principale dal responsabile del servizio del contenzioso della competente direzione compartimentale del territorio, deve essere ritenuta non più suscettibile di applicazione nell’intervenuta operatività della normativa, di cui al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, che ha istituito le agenzie fiscali, attribuendo ad esse la gestione della generalità delle funzioni in precedenza esercitate dai dipartimenti e dagli uffici del Ministero delle finanze, e trasferendo alle medesime i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze, da esercitarsi secondo la disciplina dell’organizzazione interna di ciascuna agenzia (art. 57): è palese che, nell’intervenuta soppressione di tutti gli uffici ed organi ministeriali ai quali essa fa riferimento, si deve escludere che da detta norma possano farsi discendere condizionamenti al diritto delle agenzie di impugnare in appello le sentenze delle commissioni tributarie provinciali ad esse sfavorevoli.

Orbene, ratione temporis, essendo l’appello del 2008, l’invocata autorizzazione non era necessaria.

Il terzo motivo con cui si deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3 per non essere il ricorso depositato presso la CTR non conforme a quello spedito è del tutto privo di autosufficienza mancando non solo la trascrizione di tali atti ma anche la indicazione delle difformità.

Il quarto motivo relativo al vizio motivazionale sul punto è consequenzialmente infondato.

Il quinto motivo con cui si deduce la intempestività dell’appello è anch’esso in parte inammissibile per autoreferenzialità del quesito (è ovvio che il ricorso depositato il trentunesimo giorno è tardivo) e in parte infondato, avendo l’Ufficio dimostrato che il trentesimo giorno era festivo.

E’ consequenziale, pertanto, il rigetto del sesto motivo relativo al vizio motivazionale sul punto.

Col settimo e ottavo motivo da trattare congiuntamente per la stretta connessione logica giuridica, la società deduce vizio motivazionale in ordine alle prove addotte in ordine alla effettiva esistenza delle operazioni e sulla circostanza della inconsapevolezza della falsità.

La ricorrente prende atto della giurisprudenza di questa Corte che, in tema di prova di operazioni inesistenti, ha ritenuto che è sufficiente che il fisco fornisca un serio quadro indiziario che possa fare ragionevolmente supporre che quella operazione non sia stata effettuata in assoluto (fittizietà oggettiva) o da quella determinato soggetto (fittizietà soggettiva), spettando al contribuente la prova della esistenza delle operazioni, non essendo a tal fine sufficiente la deduzione di regolarità della documentazione, essendo normale cura di chi si appresta a avvalersi di operazioni inesistenti predisporre un supporto di apparenza contabile.

Tali principi sono ormai pacifici nella giurisprudenza di questa Corte (v. in particolare Cass. n. 21953/2007 che ha anche chiarito taluni apparenti contrasti di giurisprudenza).

La contribuente però non deduce elementi diversi dalla regolarità contabile per dimostrare l’effettività delle operazioni.

Ciò anche in relazione (ottavo motivo) alla sostenuta inconsapevolezza della frode.

I motivi sono, pertanto, infondati.

Col nono motivo la società deduce l’omessa o insufficiente motivazione in ordine alla valenza della sentenza penale.

Il motivo è affetto da vizio di autosufficienza in ordine agli estremi e al contenuto della sentenza invocata; analogamente a quanto soprasopra sostenuto, è poi anche infondato, in quanto la CTR ha valutato tale sentenza escludendo però che avesse rilevanza in sede tributario la mera regolarità contabile che appare essere la causa dell’assoluzione dell’amministratore”.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che la relazione appare pienamente condivisibile, e che pertanto deve essere confermata;

che la produzione documentale effettuata alla presente udienza, circa la cancellazione della società dal registro delle imprese a seguito di liquidazione, è irrilevante nella presente fase di legittimità;

che pertanto il ricorso appare palesemente infondato, e deve essere rigettato;

che le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alle spese che liquida in Euro 4.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2011

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