Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2481 del 29/01/2019

Cassazione civile sez. VI, 29/01/2019, (ud. 13/09/2018, dep. 29/01/2019), n.2481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25444-2017 proposto da:

COMUNE DI CAPACCIO PAESTUM, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato EMILIO GRIMALDI;

– ricorrenti –

contro

K.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1426/2017 del TRIBUNALE di SALERNO, del

22/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2018 dal Consigliere Relatore dott. Elisa

Picaroni.

Fatto

RITENUTO

che il Comune di Capaccio ricorre, sulla base di un motivo, per la cassazione della sentenza del Tribunale di Salerno, depositata il 22 marzo 2017, che ha dichiarato inammissibile per tardività l’appello proposto da K.L. avverso la sentenza del Giudice di pace di Capaccio n. 1502 del 2015 – di rigetto dell’opposizione al verbale di accertamento della violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 8, – e liquidato a favore del Comune di Capaccio le spese di lite, nella misura di Euro 250,00 per onorari, oltre spese forfetarie e accessori di legge;

che il ricorrente contesta la liquidazione delle spese, siccome incongrua e, comunque, in violazione dei minimi tariffari;

che la parte intimata non ha svolto difese;

che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., di manifesta infondatezza del ricorso;

che il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con l’unico motivo, il ricorrente Comune di Capaccio denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., del D.M. n. 55 del 2014, artt. 2 e 4 e contesta l’incongruità dell’importo liquidato in Euro 250,00 per onorari, elusivo del principio di soccombenza e, in ogni caso, la violazione dei minimi tariffari;

che, secondo il ricorrente, l’importo minimo applicabile ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 corrispondeva ad Euro 350,00, al quale doveva essere aggiunta la maggiorazione prevista dal cit. decreto, art. 4, comma 8;

che nella memoria illustrativa il ricorrente evidenzia che l’applicazione “immotivata ed indiscriminata dei minimi della tariffa vigente”, traducendosi nella liquidazione di compensi professionali irrisori, si porrebbe in contrasto con l’art. 36 Cost., come denunciato già nel ricorso;

che il motivo è fondato nella parte in cui denuncia la violazione dei minimi tariffari;

che in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, questa Corte ha ripetutamente affermato che non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione (ex plurimis, Cass. 11/12/2017, n. 29606; Cass., 31/01/2917, n. 2386; Cass. 16/09/2015, n. 18167);

che, pertanto, lo scostamento dai valori tabellari puramente indicativi non richiede motivazione specifica se contenuto entro i limiti indicati dal D.M. n. 55 del 2014, art. 4 (aumento fino all’80% e diminuzione non oltre il 50%, ovvero non oltre il 70% per la fase istruttoria);

che su tale premessa, e tenuto conto che non rileva la mancata applicazione della maggiorazione, trattandosi di valutazione interamente rimessa al giudice della liquidazione, osserva che la somma liquidata, pari ad Euro 250,00 per compensi, effettivamente è frutto di scostamento eccedente i limiti consentiti e non è sorretta da motivazione;

che infatti, applicando – come ha fatto il Tribunale pur senza esplicitarlo – la massima riduzione dei valori medi del primo scaglione di riferimento (cause di valore fino ad Euro 1.100), l’importo minimo corrisponde ad Euro 354 (Euro 63 per le fasi di studio e introduttiva, Euro 133 per la fase istruttoria, Euro 95 per la fase decisionale);

che il ricorso è accolto e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa è decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con la liquidazione dell’importo di Euro 354,00 a titolo di compensi in favore del Comune di Capaccio;

che, stante l’esiguità dello scostamento, è giustificata la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna K.L. al rimborso delle spese processuali in favore del Comune di Capaccio che liquida in Euro 354,00 per onorari, oltre spese forfetarie in misura del 15% degli onorari, CNAP e IVA come per legge. Dichiara compensate le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta-Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, a seguito di riconvocazione, il 18 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 gennaio 2019

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