Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2481 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2021, (ud. 28/10/2020, dep. 03/02/2021), n.2481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3845-2018 proposto da:

CONSORZIO AUTOSTRADE SICILIANE, ENTE PUBBLICO NON ECONOMICO, in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELO MATAFU’;

– ricorrente –

contro

D.P.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AUGUSTO

RIBOTY 3, presso lo studio dell’avvocato BARBARA CUFARI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SERAFINA CERAVOLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 613/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 18/07/2017 R.G.N. 2344/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/10/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Corte di appello di Messina, in riforma della sentenza di primo grado ha condannato il Consorzio Autostrade Siciliane al pagamento in favore di D.P.D. della somma di Euro 4.278, 95, oltre interessi legali, a titolo di differenze retributive connesse all’espletamento di mansioni superiori;

il giudice di appello, premessa la natura di ente pubblico non economico del Consorzio e la conseguente applicabilità ai dipendenti, ex L.R. Sicilia n. 10 del 2000 e ex D.Lgs. n. 165 del 2001, del CCRL dei dipendenti della Regione Sicilia, rilevato che in concreto il Consorzio aveva applicato, anche dopo l’entrata in vigore della legge regionale, il c.c.n.l. Autostrade e Trafori sia con riguardo al trattamento retributivo sia con riguardo al loro inquadramento dei dipendenti, che in relazione al periodo di causa -e che solo a partire dall’anno 2010 aveva iniziato un percorso che aveva ricondotto all’applicazione del CCLR, rilevato che le spettanze rivendicate attenevano ad un periodo antecedente all’anno 2010,ha ritenuto che in applicazione dell’art. 2126 c.c., al lavoratore spettasse comunque il trattamento retributivo corrispondente alle superiori mansioni espletate per la cassazione della decisione ha proposto ricorso (notif. a mezzo pec il 19.1.2018) il Consorzio Autostrade Siciliane sulla base di un unico articolato motivo; la parte intimata ha resistito con controricorso eccependo preliminarmente la tardività del ricorso di controparte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo di ricorso parte ricorrente, deducendo violazione della L.R. Sicilia n. 10 del 2000, art. 24 del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, n. 3, dell’art. 40 D.Lgs. cit., dell’art. 2126 c.c., dell’art. 36 Cost., censura la sentenza impugnata sul rilievo che, pacifica l’applicabilità al rapporto in questione del contratto regionale sottoscritto dall’ARAN, contratto che in forza della L.R. n. 10 del 2000 regola i rapporti dei dipendenti del consorzio, non era consentito il superamento dei limiti retributivi stabiliti dal contratto regionale;

2. la preliminare eccezione della parte controricorrente è fondata;

2.1. il ricorso per cassazione è stato notificato il 19.1.2018 e quindi oltre il termine di sessanta giorni dalla notifica della sentenza di appello effettuata dal procuratore del lavoratore in data 15.9.2017;

2.2. nel ricorso per cassazione parte ricorrente, evidentemente anticipando la eccezione di tardività di controparte, assume la nullità della notifica della sentenza e chiede di essere rimessa in termini; ciò stante la irregolarità, nel messaggio di posta certificata, della indicazione dell’oggetto, ai sensi della L. n. 53 del 1994, art. 3 bis, comma 4 non conforme alla prescrizione di legge che impone la indicazione nell’oggetto della dizione “notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994” mentre controparte nell’oggetto aveva utilizzato la diversa dicitura “Notificazione ai sensi della L. n. 53 del 1994”; sostiene che il legislatore aveva previsto una dicitura univoca e formalmente vincolata in modo da consentire la riconoscibilità da parte del sistema del documento notificato attraverso una sorta di “campanello d’allarme” circa l’importanza dell’atto e le relative conseguenze anche in ordine alle attività richieste dallo specifico contenuto dello stesso; la diversa dicitura utilizzata non aveva consentito ai filtri del software di gestione della posta certificata la corretta identificazione del contenuto del messaggio e tanto pregiudicava l’affidamento del destinatario sul filtro predisposto dalla legge;

2.3. la deduzione è da respingere alla luce del dell’orientamento assunto da questa Corte in subiecta materia, in base al fondamentale principio per cui “la L. n. 53 del 1994, art. 11, là dove commina la nullità della notificazione eseguita personalmente dall’avvocato “se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli precedenti”, non intende affatto sanzionare con l’inefficacia anche le più innocue irregolarità” in relazione alle quali “non viene in rilievo la lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale, bensì, al più, una mera irregolarità sanabile in virtù del principio di raggiungimento dello scopo” – laddove “la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale”, per avere la parte ricevuto la notifica e compreso il contenuto dell’atto (Cass. Sez. Un. 23620/2018, Cass. n. 7665/2016, n. 14042/2018, n. 30927/2018, n. 20625/2017, n. 6079/2017, n. 19814/2016, n. 26831/2014);

2.4. come, inoltre, chiarito da Cass. n. 4624/2020 in tema di notificazione al difensore mediante posta elettronica certificata, nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina una presunzione di conoscenza dell’atto, analoga a quella prevista, per le dichiarazioni negoziali, dall’art. 1335 c.c.;

3. in base alle considerazioni che precedono la notifica della sentenza di appello effettuata a mezzo p.e.c. dal procuratore del lavoratore era idonea a determinare la decorrenza del termine breve di impugnazione ai sensi dell’art. 325 c.p.c., la cui inosservanza determina la inammissibilità, per tardività, del ricorso per cassazione;

4. le spese di lite sono regolate secondo soccombenza;

5. sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis (Cass. Sez. Un. 23535/2019).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

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