Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24807 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. I, 19/10/2017, (ud. 06/07/2017, dep.19/10/2017),  n. 24807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6105/2013 proposto da:

S.E.R. Società Energie Rinnovabili S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Marcello Prestinari n.15, presso lo studio dell’avvocato Scozzafava

Oberdan Tommaso, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Regione Lazio, in persona del Presidente pro tempore, domiciliata in

Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello

Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

contro

P.M., nella qualità di titolare dell’omonima ditta,

elettivamente domiciliato in Roma, Viale Ippocrate n.92, presso lo

studio dell’avvocato Genovese Rosalba, che lo rappresenta e difende,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4807/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 04/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale CARDINO ALBERTO, che chiede che Codesta Suprema

Corte voglia accogliere il motivo n. 1) di ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Cassino, adito in riassunzione a seguito della declaratoria d’incompetenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, condannava la S.r.l. SER (Società Energie Rinnovabili), cui la Regione Lazio aveva concesso di derivare acqua dal (OMISSIS), a risarcire il danno subito da P.M., titolare di un’utenza per la derivazione d’acqua di portata inferiore, per l’inadempimento dell’obbligo di garantire la fornitura di energia elettrica corrispondente a quella effettivamente goduta, assunto con scrittura privata del 1986, nonchè ad adempierlo per il futuro, secondo specifiche modalità indicate nella relazione di CTU.

La decisione, che rigettava la domanda di danni proposta nei confronti della Regione, veniva integralmente confermata, con sentenza del 4.10.2012, dalla Corte d’Appello di Roma, che: a) riteneva legittima l’utenza del P., risalente al 1933 e nota all’Amministrazione preposta che ad essa aveva fatto cenno nel rilasciare la concessione più importante, ancorchè lo stesso non fosse titolare di pregressa concessione, nè fosse stata esitata la richiesta in sanatoria avanzata nel 1950, talchè la Società aveva obbligo di indennizzare l’utente sotteso, come da accordo inter partes e disciplinare di concessione; b) l’inadempimento della SER agli obblighi assunti risultava per tabulas, non avendo fornito l’energia sostitutiva, nonostante la formale comunicazione da parte del P. del luogo esatto dove la fornitura avrebbe dovuto essere attivata.

Per la cassazione della sentenza, ha proposto ricorso la SER con quattro motivi, ai quali la Regione ed il P. hanno replicato con controricorso. Le parti hanno depositato memoria ed il PG le conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, la ricorrente deduce la violazione del TU n. 1175 del 1933, art. 45 in riferimento alla statuizione sub a) di parte narrativa. La Corte territoriale ha ritenuto legittima la captazione d’acqua da parte del P., omettendo di considerare che i provvedimenti amministrativi non sono surrogabili con comportamenti materiali e che il presupposto dell’obbligo, posto dalla norma, di indennizzare i precedenti utenti, ne suppone, appunto, il legittimo utilizzo. L’abuso della controparte, prosegue la ricorrente, era comprovato dagli ordini di demolizione delle opere di derivazione da lui costruite sul fiume (OMISSIS), emessi dalla Regione nel 1995 e 1996, da ciò discendendo la nullità della scrittura privata nella parte in cui obbligava essa ricorrente ad indennizzarlo.

2. Col secondo motivo, si denuncia l’omesso esame del fatto decisivo relativo ai menzionati ordini di demolizione.

3. Disattesa l’eccezione d’inammissibilità del primo motivo, che, contrariamente a quanto dedotto dal controricorrente, coglie la ratio della sentenza d’appello, i due motivi, che per comodità espositive, vanno congiuntamente esaminati, vanno rigettati per le seguenti considerazioni.

4. L’impugnata sentenza ha ritenuto legittimo l’utilizzo dell’acqua da parte del P. non già affermando che lo stesso fosse titolare di concessione, o equiparando provvedimenti formali a comportamenti, ma sul presupposto dell’esistenza dell’utenza già a decorrere dall’anno 1933 (epoca antecedente l’entrata in vigore del TU delle disposizioni di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, intervenuta il 23.1.1934), unitamente al pagamento dei canoni dal predetto anno 1933 e fino al 1995.

5. Così argomentando, la Corte territoriale si è implicitamente attenuta al tenore delle disposizioni del menzionato Testo Unico vigenti all’epoca (21.7.1986) della redazione della scrittura privata inter partes, che non ponevano il divieto di derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo o concessorio dell’autorità competente, in quanto tale divieto – su cui si sofferma la ricorrente – è stato introdotto con la L. n. 152 del 1999, art. 23 in un’aggiornata visione di tutela di tale bene (oggi, il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 144, comma 2, definisce tutte le acque superficiali e sotterranee una risorsa da tutelare ed utilizzare secondo criteri di solidarietà e salvaguardando aspettative e diritti delle generazioni future), ma che in precedenza non era stato formulato, disponendo l’art. 17 nel testo vigente ratione temporis, solo, l’obbligo per l’utente in tutto o in parte abusivo (il quale, nonostante diffidato, non avesse presentato domanda di concessione in sanatoria o non avesse firmato il disciplinare per la concessione) di pagare i canoni per l’uso esercitato, oltre che la comminatoria di sanzioni; esegesi che trova conferma sistematica nelle disposizioni dell’art. 55, u.c. TU che prevede la decadenza di diritto per le utenze “non ancora riconosciute, che risultino abbandonate per oltre dieci anni” e nell’art. 47, che tutela le utenze preesistenti.

6. Iscritta in tale cornice normativa, la menzionata scrittura del 1986, che presupponeva la pregressa utenza del P. (non espressamente riconosciuta ma non sanzionata dal diniego di concessione) e che veniva richiamata nella stessa concessione in favore della ricorrente, come dalla stessa riferito, non comporta necessariamente il conseguimento della concessione di derivazione di cui all’art. 45 TU (con le connesse problematiche circa la necessità di un suo formale assentimento, cui si riferisce la ricorrente), potendo, per esempio, costituire un’ipotesi di cessione parziale (autorizzabile ex art. 20 TU), se non altra fattispecie negoziale. Ma, al riguardo, il ricorso è, da una parte, generico, non trascrivendo il tenore integrale di tale scrittura, sulla quale, come riferito a pag. 3 del ricorso, si è fondata l’azione del P., che ha, appunto, agito per l’adempimento o per la sua risoluzione, e, dall’altra, omette di impugnare la ratio (giusta o sbagliata che fosse) d’inammissibilità per novità della deduzione di nullità di detta scrittura per pretesa inosservanza di norma imperativa (art. 17 TU).

7. Resta da aggiungere che gli ordini di demolizione dei manufatti già realizzati dal P. ed emessi in epoca successiva alla stipulazione della scrittura (coerenti cronologicamente con l’avvio della derivazione in favore della sola ricorrente) risultano irrilevanti ai fini qui in esame, e quindi non decisivi, non incidendo sull’assetto degli interessi stabilito inter partes, circa dieci anni prima, in base all’anzidetta scrittura.

8. Il terzo motivo, con cui il ricorrente denuncia l’omesso esame del fatto decisivo relativo alla mancata indicazione della cabina ove collegare il punto di fornitura, è inammissibile.

9. La censura, come non ha mancato di rilevare il controricorrente, tende infatti al riesame del merito, intendendo con essa pervenirsi ad una conclusione diversa rispetto a quella cui è approdata la Corte territoriale laddove, in base ad accertamento di fatto incensurabile in questa sede di legittimità, ha ritenuto provato l’inadempimento della SER all’obbligo assunto di fornire l’energia elettrica ed ha espressamente escluso l’asserito inadempimento del creditore di cooperare al riguardo per avere egli individuato il luogo esatto dove la fornitura doveva essere attivata.

10. Col quarto motivo, si deduce l’omessa pronuncia sulla domanda subordinata volta a stabilire una diversa modalità di fornitura dell’energia elettrica (in tesi, dalla cabina ENEL più vicina).

11. Il motivo va rigettato. L’esame degli atti consentito a questa Corte in ragione del vizio dedotto consente, infatti, di escluderne la sua fondatezza tenuto conto che: a) la sentenza di primo grado ha condannato l’odierna ricorrente all’esecuzione di opere specifiche, secondo le modalità previste dal punto 3.3.2. della relazione di CTU; b) nell’impugnare la decisione di prime cure, la SER ha formulato tre motivi, coi quali ha affermato l’inapplicabilità dell’art. 45 TU sulle Acque (primo motivo); si è doluta di essere stata ritenuta parte inadempiente nonostante l’inadempimento del P. alla attività prodromiche relative all’indicazione del punto in cui avrebbe dovuto essere trasportata l’energia (secondo motivo); ha criticato l’importo stabilito dal Tribunale a titolo di risarcimento del danno (terzo motivo). Solo in sede di petitum finale la ricorrente ha chiesto, tra l’altro, che venisse stabilito “che la SER sia tenuta a fornire energia per 20 KW dalla cabina ENEL più vicina come previsto dalla CTU”.

12. Tale anodino inciso non è di certo idoneo a far ritenere devoluta al giudice d’appello la questione delle concrete modalità di attuazione della fornitura, non potendo, di certo a ciò sopperire le difese svolte in sede di comparsa conclusionale, che, com’è noto, servono ad illustrare i punti già oggetto di rituale impugnazione e non anche ad ampliarli, senza dire che, secondo quanto riferito dal controricorrente, la soluzione ora caldeggiata dalla ricorrente era stata “impedita dalla mancata previsione nel contratto di vettoriamento con l’ENEL, da addebitare alla SER, della regolamentazione dello scambio di energia in esubero”, id est era preclusa per fatto della stessa ricorrente. 13. Da tanto consegue che la Corte d’appello non doveva affatto pronunciare su un motivo d’appello, che, appunto, non era stato formulato, con conseguente inconfigurabilità del vizio dedotto che, nel denunciare il difetto di attività del giudice, presuppone, a monte, il dovere dello stesso di provvedere al riguardo.

14. Le spese tra la ricorrente ed il P. seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, mentre vanno interamente compensate nei rapporti con la Regione Lazio.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore del P., che si liquidano in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre a spese generali e ad accessori, come per legge. Compensa interamente le spese nei rapporti con la Regione Lazio. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13,comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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