Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24806 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 05/12/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 05/12/2016), n.24806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26004-2011 proposto da:

C.R. C.F. (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato

MARIA ROSARIA DAMIZIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

CARSO 23, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CITTA’ METROPOLITANA DI ROMA CAPITALE C.F. (OMISSIS), succeduta ex L.

n. 56 del 2014 a titolo universale alla PROVINCIA ROMA, in persona

del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IV

NOVEMBRE 119/A, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA DE MAIO, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

REGIONE LAZIO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2116/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 29/04/2011 R.G.N. 10325/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. DI PAOLANTONIO ANNALISA;

udito l’Avvocato DAMIZIA MARIA ROSARIA;

udito l’Avvocato BERRA SABRINA per delega verbale Avvocato DE MAIO

GIOVANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – La Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma che aveva accolto la domanda subordinata, ha respinto il ricorso proposto da C.R., dipendente della Regione Lazio trasferita nei ruoli della Provincia di Roma, la quale aveva convenuto in giudizio entrambi detti enti chiedendo, in via principale, l’annullamento, e comunque la disapplicazione, degli atti con i quali era stato disposto il definitivo trasferimento; in subordine l’accertamento del diritto ad essere inquadrata nei ruoli del personale degli uffici della Regione Lazio, “in ossequio all’esito della procedura concorsuale interna”.

2 – La Corte territoriale ha premesso che il trasferimento della C. era stato disposto sulla base di “atti amministrativi a carattere generale” la cui legittimità era stata accertata dal Tribunale e non costituiva oggetto di gravame, non avendo la appellata proposto impugnazione incidentale. Ha quindi escluso il diritto della C. ad essere inquadrata dal 21 gennaio 2003 nella categoria D, posizione economica D1, dei ruoli regionali perchè a quella data si era già verificato il trasferimento alle dipendenze della Provincia, che non aveva comportato alcuna modificazione in senso peggiorativo. Ha precisato al riguardo che le amministrazioni si erano attenute a quanto previsto dall’accordo sindacale del (OMISSIS), che garantiva ai dipendenti la progressione giuridica economica eventualmente derivante dall’esito favorevole delle procedure in corso. La Regione, infatti, aveva comunicato che la C. si era utilmente collocata nella graduatoria del concorso interno e la Provincia aveva provveduto ad attribuire la qualifica superiore sottoscrivendo un nuovo contratto di lavoro con decorrenza dal 27.3.2003.

3 – Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso C.R. sulla base di 3 motivi. La Provincia di Roma ha resistito con controricorso, mentre è rimasta intimata la Regione Lazio. All’udienza odierna si è costituita la Città metropolitana di Roma Capitale, succeduta alla Provincia di Roma ex L. n. 56 del 2014.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 – Con il primo motivo è denunciata “omessa e/o insufficiente motivazione su un elemento decisivo ai fini della decisione”. La Corte territoriale, ad avviso della ricorrente, non avrebbe considerato gli argomenti spesi, anche in appello, per confutare la asserita applicabilità alla fattispecie dell’accordo raggiunto con le organizzazioni sindacali, recepito dalla giunta regionale con Delib. 21 dicembre 2001, n. 2021. Detto accordo, infatti, nella parte in cui faceva salvi gli effetti delle procedure in corso si riferiva ai soli concorsi interni banditi nell’ambito della formazione professionale, non già a quelli che, in caso di esito positivo, avrebbero comportato il diritto all’inquadramento in un settore avente competenze diverse dalle funzioni trasferite.

1.2 – La seconda censura è formulata, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2011, artt. 35 e 52, del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, degli artt. 4 e 97 Cost.. Rileva la C. che per costante giurisprudenza costituzionale ed amministrativa il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta l’accesso ad un nuovo posto di lavoro, sicchè il partecipante al concorso interno che risulti utilmente collocato nella graduatoria ha diritto alla assunzione, senza che possa rilevare il trasferimento alle dipendenze di altro ente, disposto nelle more della procedura.

1.3 – Il terzo motivo, denunciando la violazione delle norme di legge sopra indicate e dell’art. 2103 c.c., ribadisce che il vincitore di un concorso interno ha diritto all’assegnazione del posto per il quale il concorso stesso è stato bandito, sicchè nel caso di specie la ricorrente doveva essere immessa nel ruolo degli Uffici della Regione Lazio, non essendo sufficiente il riconoscimento da parte della Provincia di Roma della qualifica superiore.

2.1 – I motivi, che per la loro stretta connessione logico – giuridica vanno trattati unitariamente, sono infondati.

Il D.Lgs. n. 112 del 1998 ha conferito alle regioni tutte le funzioni ed i compiti amministrativi nella materia della formazione professionale ed ha anche previsto, all’art. 143, comma 2, che dette funzioni dovessero essere, poi, delegate alle province, al fine di assicurare l’integrazione fra politiche formative e politiche del lavoro.

Il decentramento è stato attuato dalla Regione Lazio con la L.R. 6 agosto 1999, n. 14 (artt. da 157 a 159), con la quale è stata disposta l’assegnazione alle province “delle risorse umane necessarie all’esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi conferiti” da effettuarsi mediante il trasferimento del personale “che, al momento del conferimento, risulta preposto all’esercizio delle funzioni e dei compiti oggetto del conferimento stesso” (art. 13).

L’art. 13, nel disciplinare le modalità del trasferimento, ha previsto, al comma 4, che i dipendenti trasferiti avrebbero conservato la posizione giuridica ed economica in godimento, ivi compresa l’anzianità maturata, ed al comma 7 l’automatica soppressione nella pianta organica dei posti del contingente trasferito nonchè l’assegnazione agli enti destinatari delle somme necessarie per far fronte al costo del personale.

La ricorrente, secondo quanto si legge nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, integralmente trascritto nel ricorso, ha preso servizio presso la Provincia di Roma il 1 luglio 2002, sicchè, a quella data, si è verificata la modificazione soggettiva del rapporto ed il nuovo datore di lavoro è subentrato alla Regione, il che ha comportato la soppressione ex lege nella pianta organica del posto in precedenza ricoperto dalla C..

2.2 – La Corte territoriale, dopo aver dato atto della formazione del giudicato interno sulla legittimità del trasferimento, ha evidenziato che al momento della approvazione della graduatoria del concorso interno, pacificamente avvenuta il 21 gennaio 2003, con determinazione direttoriale n. 39 (punto 6 del ricorso di primo grado) il rapporto con la Regione Lazio non era più in essere ed ha escluso qualsiasi inadempimento degli enti agli obblighi assunti con l’accordo sindacale del (OMISSIS), perchè la qualifica superiore era stata prontamente attribuita dalla Provincia di Roma.

Le conclusioni alle quali il giudice di appello è pervenuto sono corrette e condivisibili in quanto il principio secondo cui i requisiti per la partecipazione ai concorsi pubblici devono essere posseduti alla data di scadenza del termine stabilito nel bando di concorso per la presentazione della domanda di ammissione (D.P.R. n. 3 del 1957, art. 2, ed il D.P.R. n. 487 del 1994, art. 2, comma 7) non comporta che detti requisiti possano venire meno nel corso delle operazioni concorsuali, posto che è necessario distinguere fra requisiti che condizionano solo la ammissione al concorso (quale è solitamente l’età massima) e requisiti di accesso all’impiego, richiesti per la valida sottoscrizione del contratto di lavoro (cittadinanza, idoneità fisica, titolo di studio, servizio prestato in una determinata qualifica).

Con riferimento ai concorsi interni la individuazione della natura dei requisiti di partecipazione non può prescindere dalle peculiarità della forma di reclutamento, che la Corte Costituzionale ha sempre guardato con sfavore, in quanto la procedura selettiva pubblica, imposta per l’accesso all’impiego dall’art. 97 Cost., è quella che di regola garantisce la selezione dei più capaci e meritevoli, funzionale alla attuazione dei principi di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione.

La deroga al principio generale del concorso pubblico è, quindi, consentita solo in presenza di “peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico” (Corte Cost. 9.11.2006 n. 363) che giustifichino il ricorso alla procedura riservata, perchè correlate anch’esse al fine di assicurare la funzionalità e l’efficienza dell’agire amministrativo.

Si deve osservare al riguardo che, in determinati contesti, i concorsi interni, oltre a consentire alle amministrazioni di valorizzare le professionalità già inserite nell’organizzazione dell’ente, possono essere un utile strumento di attenuazione della rigidità delle piante organiche e di adattamento dell’apparato amministrativo alle esigenze di servizio, realizzato contenendo il costo complessivo del personale, come accade nelle ipotesi in cui l’amministrazione non provveda, dopo l’espletamento del concorso, alla copertura della vacanza determinatasi, a seguito della progressione, nell’area inferiore di provenienza dei vincitori.

Da quanto sopra evidenziato sulla natura del concorso e sulle ragioni che devono ricorrere affinchè lo stesso possa essere giustificato, discende che il rapporto di servizio con l’ente non può essere ascritto alla categoria dei requisiti che incidono solo sulla ammissione alla procedura concorsuale, trattandosi al contrario di un requisito che condiziona la validità della nomina e che, conseguentemente, deve sussistere al momento della sottoscrizione del nuovo contratto.

In tal senso si è espressa, con orientamento consolidato, la giurisprudenza amministrativa (fra le più recenti C.d.S. n. 3169/2007; Tar Cagliari n. 89/2013 in tema di procedure di mobilità) senz’altro condivisibile lì dove sottolinea che la cessazione dal servizio, intervenuta nelle more della procedura, impedisce la realizzazione di quegli interessi pubblici che soli possono giustificare il ricorso alla procedura riservata. Dette finalità verrebbero frustrate qualora si consentisse la nomina di soggetti ormai estranei alla amministrazione, per essere cessati dal servizio o perchè transitati alle dipendenze di altri enti, soggetti ai quali verrebbe attribuita una corsia preferenziale rispetto agli esterni, non più giustificata una volta venuto meno il rapporto.

2.3 – Si deve aggiungere che i criteri relativi al processo di mobilità del personale della Regione Lazio sono stati, previa concertazione sindacale, stabiliti con la delibera della Giunta Regionale n. 2012 del 21.12.2001, richiamata da entrambe le parti e parzialmente trascritta nel ricorso, con la quale è stata garantita al personale da trasferire “l’applicazione dei percorsi di carriera in itinere al momento del trasferimento ed in particolare il diritto all’inquadramento in una categoria superiore, se spettante, per effetto della cosiddetta perequazione o dei concorsi interni”. La Regione si è inoltre impegnata ad assicurare per il suddetto personale la copertura delle eventuali maggiori spese, da trasferire agli enti di destinazione anche successivamente alla data di decorrenza del trasferimento.

Come già evidenziato da questa Corte in fattispecie analoga, la partecipazione alle ulteriori operazioni dei concorsi interni già banditi è stata assicurata al personale trasferito al solo fine di “consentire il normale sviluppo dei percorsi di carriera in itinere, con i conseguenti miglioramenti retributivi”(Cass. 1.10.2012 n. 16650), ma da ciò non può desumersi nè la illegittimità del trasferimento nè il diritto della ricorrente ad essere nuovamente inquadrata nei ruoli degli uffici regionali.

2.4 – Il ricorso va pertanto rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della Provincia di Roma, ora Roma Capitale.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 100 per esborsi ed Euro 2.500,00 per competenze professionali, oltre rimborso spese generali del 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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