Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24804 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 05/12/2016, (ud. 04/10/2016, dep. 05/12/2016), n.24804

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9809-2011 proposto da:

IMPIANTISTICA NAVALE MARCHIGIANA I.N.M. S.R.L. C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE 87, presso lo studio

dell’avvocato ARTURO ANTONUCCI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANGELO BORRELL, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 101/2011 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 14/02/2011 r.g.n. 639/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/10/2016 dal Consigliere Dott. NEGRI DELLA TORRE PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GHERSI RENATO FINOCCHI, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 101/2011, depositata il 14 febbraio 2011, la Corte di appello di Ancona, in accoglimento del gravame incidentale di M.F., condannava la Impiantistica Navale Marchigiana S.r.l. a risarcire per intero il danno dallo stesso subito per effetto dell’infortunio verificatosi il (OMISSIS), allorquando il lavoratore, trovandosi in posizione supina in uno spazio di circa 60x60x80 cm nel doppiofondo della cassa dell’olio del motore di una nave in allestimento addetto ad operazioni di saldatura, veniva raggiunto da materia allo stato fuso, la quale colava all’interno del colletto della camicia, provocando l’incendio della stessa e della maglietta di cotone e così determinando lesioni personali.

La Corte osservava, a sostegno della propria decisione, come non fosse controverso che il lavoratore, al momento dell’infortunio, era schermato da una semplice pettorina di cuoio, che non aveva evitato le ustioni al dorso, e non dalla giacca ignifuga, che pur era disponibile e che avrebbe offerto una più ampia e migliore protezione.

La Corte rilevava poi che era proprio per rimediare all’imprudenza dei propri dipendenti che il datore di lavoro è tenuto, ai sensi dell’art. 2087 c.c., a predisporre ogni possibile e opportuna cautela al fine di evitare rischi e prevenire infortuni e che, nel caso di specie, la società appellata non aveva dimostrato, nè dedotto, di avere assolto tale obbligo, in particolare controllando che venisse effettivamente indossata la giacca ignifuga, nè che il comportamento del lavoratore fosse stato tanto incongruo e imprevedibile da costituire causa autonoma dell’infortunio, così da interrompere il nesso di causalità tra condotta omissiva ed evento e da escludere l’inadempimento del datore di lavoro.

Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza la Impiantistica Navale Marchigiana S.r.l. con tre motivi; M.F. è rimasto intimato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Con il primo motivo la società ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 2087 c.c., in rapporto al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5 e al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 20, censura la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto che l’appellante non avesse provato, nè dedotto, di avere assolto l’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. e neppure che il comportamento del proprio dipendente fosse stato tanto incongruo ed imprevedibile da costituire causa autonoma dell’infortunio: così da concludere che il datore di lavoro fosse tenuto a rispondere dell’intero danno prodottosi in conseguenza dell’infortunio, altrimenti vanificandosi – secondo i rilievi della Corte – il sistema della prevenzione degli infortuni, che non può rimettersi, per la sicurezza delle condizioni di lavoro, alla concorrente prudenza e cautela del lavoratore.

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 2087 c.c. in rapporto all’art. 1218 c.c. e art. 1227 c.c., commi 1 e 2, censura la sentenza impugnata per avere la Corte territoriale trascurato di considerare che se il lavoratore, usando l’ordinaria diligenza, avesse utilizzato correttamente gli strumenti di prevenzione posti nella sua disponibilità, nessun pregiudizio egli avrebbe subito dalla proiezione dei residui della saldatura, essendo adeguatamente protetto dalla giacca ignifuga, e in ogni caso l’entità del danno ne sarebbe risultata notevolmente diminuita.

Con il terzo motivo la ricorrente, deducendo il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, lamenta insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, identificato nella condotta del lavoratore con riferimento all’utilizzo della giacca ignifuga e nella responsabilità del datore di lavoro per violazione dell’obbligo di sicurezza (art. 2087 c.c.).

Il primo e il secondo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente, in quanto relativi a questioni connesse, sono infondati.

E’, infatti, consolidato, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio di diritto, secondo il quale “le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso, con la conseguenza che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l’imprenditore, all’eventuale concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta può comportare l’esonero totale del medesimo imprenditore da ogni responsabilità solo quando presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell’evento, essendo necessaria, a tal fine, una rigorosa dimostrazione dell’indipendenza del comportamento del lavoratore dalla sfera di organizzazione e dalle finalità del lavoro e, con essa, dell’estraneità del rischio affrontato a quello connesso alle modalità ed esigenze del lavoro da svolgere (Cass. n. 4656/2011: nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che la condotta del lavoratore, infortunatosi mentre era intento nelle operazioni di lavaggio della cucina di un albergo, avesse i caratteri dell’abnormità o dell’imprevedibilità atteso che, anche ammesso che il dipendente si fosse tolto le calzature di sicurezza prima di terminare il turno di lavoro, era onere del datore di lavoro predisporre controlli idonei per garantire l’osservanza dell’obbligo e ciò tanto più che il lavoratore era stato addetto a mansioni di lavoro diverse da quelle di assunzione ed operava in un ambiente di lavoro nuovo rispetto a quello abituale). Conformi ex aliis: Cass. n. 27127/2013; n. 22818/2009; n. 9689/2009; n. 19494/2009, già richiamata nella motivazione della sentenza di secondo grado.

A tale principio, in relazione al quale non risulta proposto alcun concreto argomento di segno contrario, ritiene il Collegio di dover dare continuità.

Anche il terzo motivo di ricorso non può trovare accoglimento.

In proposito, si deve osservare come il giudice del merito sia pervenuto a considerare del tutto prevedibile la condotta del lavoratore (e cioè il fatto che egli, pur avendola in dotazione, non avrebbe indossato la giacca ignifuga, preferendo alla stessa altro e più snello, anche se meno efficace, indumento protettivo) sulla base di un iter motivazionale da ritenersi adeguato ed esente da vizi logico – argomentativi.

In particolare, la Corte di appello è giunta a tale conclusione attraverso un ragionamento inferenziale che, muovendo da una ricognizione dei connotati distintivi della fattispecie (specifiche condizioni ambientali e particolarità del processo di lavorazione), si sostanzia nell’applicazione di comuni e consolidate regole dì esperienza, tale risultando l’opzione di escludere un indumento più gravoso, quale la giacca ignifuga, a vantaggio di uno meno pesante e “coprente”, quale la pettorina, a fronte di operazioni da eseguirsi in un vano particolarmente angusto e caratterizzato da una temperatura interna elevata, a motivo della stagione estiva, della lavorazione a fiamma libera e delle pareti di metallo. Nè la sentenza impugnata appare contraddittoria là dove ha ritenuto il difetto di una idonea organizzazione volta a garantire condizioni di sicurezza, atteso che la mera presenza di altri dipendenti della società vicino al luogo in cui operava il M.F., se pure emergente dal materiale di prova acquisito al giudizio, non comporta di per sè il controllo circa l’effettivo rispetto dell’obbligo di indossare la più protettiva giacca ignifuga da parte del collega impegnato nelle operazioni di saldatura, controllo che, in adempimento dell’obbligazione di cui all’art. 2087 c.c., rientra nella sfera organizzativa dell’imprenditore e che la Corte territoriale ha considerato nella specie totalmente omesso, con motivazione che risulta, pertanto, anche sul punto, esente da censure.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 4 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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