Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24802 del 05/11/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 24802 Anno 2013
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso 30508-2007 proposto da:
TURRINI EMMA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
NOMENTANA 323, presso lo studio dell’avvocato CALDARA
GIANROBERTO, rappresentata e difesa dall’avvocato
MOTTA LUCIO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

BOLOGNA GIORGIO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA ANIENE 14, presso lo studio dell’avvocato
GRISOLIA CARMINE (ST SCIUME’ E ASS.TI), rappresentato
e difeso dall’avvocato FRATTA PASINI CARLO giusta

1

Data pubblicazione: 05/11/2013

delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

BUSSI RITA, BRAGHIERI GIULIO;
– intimati –

D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/10/2006 R.G.N.
422/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/09/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito l’Avvocato GIAN ROBERTO CALDARA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

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avverso la sentenza n. 1569/2006 della CORTE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Giulio Braghieri, rappresentato da Renzo Tommasi in forza di
procura generale alle liti rilasciata il 25.1.1996, convenne,
davanti al tribunale di Verona, i coniugi Emma Turrini e Sandro
Parolini chiedendone la condanna al pagamento di £.159.600.00,

stessi concesso dal Braghieri.
I convenuti, costituitisi, contestarono la fondatezza della
domanda.
In corso di causa intervenne volontariamente in giudizio
Giorgio Bologna, quale procuratore speciale di Rita Bussi, alla
quale il Braghieri aveva ceduto il credito vantato in giudizio,
aderendo alle domande proposte dall’attore.
Il tribunale, con sentenza del 12.10.2002, accolse la domanda
nei confronti della sola Turrini.
La Turrini ed il Paolini proposero appello e la Corte
d’Appello, con sentenza del 13.10.2006, rigettò quello proposto
dalla Turrini, mentre accolse quello del Parolini.
Ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi Emma
Turrini.
Resiste, con controricorso, Giorgio Bologna.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è stato proposto per impugnare una sentenza
pubblicata una volta entrato in vigore il D. Lgs. 15 febbraio
2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in

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quale residua restituzione del prestito di £. 200.000.000 agli

materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi,
delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c.

introdotto dall’art. 6 del

decreto – i motivi di ricorso devono essere formulati, a pena
di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare,
art.

360,

n.

l),

2),

3)

e 4,

l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la
formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso
previsto dall’art. 360, primo comma, n. 5), l’illustrazione di
ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto
controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la
dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione.
Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c.,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a
giustificare la decisione; e la relativa censura deve contenere
un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne
circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare
incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione
della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass.
18.7.2007 n. 16002).
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nei casi previsti dall’

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione
risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di
diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere
formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la
violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il

n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art.
366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui
quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere
generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie
in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a
definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non
potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo od
integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale
abrogazione del suddetto articolo).
La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella
di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del
solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal
giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del
ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass.7.4.2009 n.
8463; v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433).
Inoltre, l’art. 366 bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di
formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta ai fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso
5

vizio denunciato alla fattispecie concreta ( v. S.U. 11.3.2008

stesso -, una diversa valutazione, da parte del giudice di
legittimità, a seconda che si sia in presenza dei motivi
previsti dai numeri l, 2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma,
c.p.c., ovvero del motivo previsto dal numero 5 della stessa
disposizione.
– come già detto – deve,

all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di
diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c.,
all’enunciazione del principio di diritto, ovvero a

dicta

giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare
importanza.
Nell’ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui
al n. 5 dell’art. 360 c. p.c.c. (il cui oggetto riguarda il
solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta
una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve
concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto
controverso ( cd. momento di sintesi) – in relazione al quale
la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero
delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende
inidonea la motivazione a giustificare la decisione (v. da
ultimo Cass. 25.2.2009 n. 4556; v. anche Cass. 18.11.2011 n.
24255).
I motivi non rispettano i requisiti prescritti dall’art. 366
bis c.p.c., applicabile ratione temporis al caso in esame.

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Nel primo caso ciascuna censura

Con il primo motivo la ricorrente denuncia

violazione e falsa

applicazione degli artt. 77 e 100 c.p.c. nonché nullità del
procedimento per mancanza di legittimazione ad agire del signor
Tommasi Renzo e nullità del mandato alle liti conferito dal
medesimo all’avv. Giacinti del Foro di Verona (

violazioni ex

Il motivo è inammissibile.
Il quesito posto in relazione a tale motivo è il seguente: ” La
procura, il cui contenuto attribuisce solamente la
“rappresentanza processuale, senza un precedente o contestuale
conferimento di rappresentanza sostanziale, è validamente
conferita ai sensi e per gli effetti del combinato disposto
degli artt. 77 e 100 c.p.c.?”.
Il motivo si conclude, quindi, con un quesito generico, la cui
formulazione non assolve al principio di corrispondenza fra
vizi denunciati e fattispecie concreta, e che non può essere
integrato dalla illustrazione che, all’interno del motivo,
precede la formulazione del quesito, pena la sostanziale
abrogazione della norma dell’art. 366 bis c.p.c..
In particolare, il quesito non indica le particolarità del caso
concreto, non consentendo, quindi, alla Corte di legittimità di
enunciare il principio di diritto che allo stesso dia soluzione
In ogni caso, pur essendo assorbenti le considerazioni che
precedono, va sottolineato che la validità della procura è
stata puntualmente riconosciuta dalla Corte di merito che ha
accertato che ” la procura sottoscritta dal Brughieri appare

7

artt. 360, comma l, nn. 3 e 4 ).

una procura

ad negotia,

sia sostanziale che processuale,

attribuendo al procuratore, tra gli altri, il potere di
esercitare in nome del rappresentato tutte le azioni e diritti
in processi civili…”ed anche di “eseguire tutto ciò che la
Legge permetta alle parti in giudizio”.

non censurabile in questa sede sotto il profilo indicato dalla
ricorrente, oltretutto nuovo rispetto alle censure avanzate in
sede di merito.
Dalla sentenza impugnata (pag. 18) emerge, infatti, che ”
Nell’atto di appello viene ribadita l’invalidità della procura
rilasciata al Tommasi dal Brughieri sotto due distinti profili:
inidoneità della procura rilasciata da Braghieri Lucio a
conferire la rappresentanza processuale a Tommasi Renzo, non
essendo quest’ultimo abilitato all’esercizio dell’attività
forense; mancata previsione nella procura del potere attribuito
al rappresentante di nominare avvocati o procuratori.
La Corte, invece, ha ritenuto trattarsi di procura ad negotia,
sia sostanziale sia processuale.
Con il secondo motivo si denuncia

violazione e falsa

applicazione degli artt. 2721 e 2729, comma 2 ° , c.c., nonché
omessa motivazione su punto decisivo della controversia
concernente il fatto se limite probatorio previsto dall’art.
2721 c.c., così come richiamato anche dall’art. 2729, comma 2°,
c.c. poteva, nel caso di specie, ritenersi superato.
Il motivo è inammissibile sotto svariati profili.

8

Trattasi di una valutazione di merito congruamente motivata e

Il quesito posto, sotto il profilo delle violazioni denunciate,
è il seguente: ” Il contratto di mutuo avente ad oggetto il
prestito della somma di Lire 200.000.000 può essere provato a
mezzo di prova testimoniale e di prova per presunzioni?”.
Con riferimento, poi, al vizio di motivazione il punto

indicato come segue (pag. 16 del ricorso): ” Se, considerate la
qualità delle parti, la natura del contratto e di ogni altra
circostanza, ai sensi dell’art. 2721 c.c., così come richiamato
anche dall’art. 2729, comma 2 ° , c.c., poteva essere, nel caso
di specie, provato a mezzo di prova testimoniale e per
presunzioni il contratto di mutuo in ipotesi avente ad oggetto
il prestito della somma di Lire 200.000.000″.
Ora, sotto un primo profilo deve constatarsi la novità delle
censure proposte, relative allo stesso tema della prova del
contratto di mutuo; con la conseguente inammissibilità già
sotto questo aspetto.
Comunque, è anche da rilevare che il quesito posto è generico;
con le conseguenze già dette.
Sotto il profilo del vizio motivazionale, poi, sempre con
riferimento al tema della prova del contratto di muto, il
giudice del merito non era tenuto ad alcuna motivazione, posto
che il tema non era stato sottoposto al suo esame.
Infatti, i limiti di valore sanciti dall’art. 2721 cod. civ.,
relativamente all’ammissibilità della prova testimoniale, non
attengono all’ordine pubblico, ma sono dettati nell’esclusivo
9

decisivo, in ordine al quale è denunciata l’omissione, è

interesse delle parti private, con la conseguenza che, qualora
la prova venga ammessa in primo grado oltre i limiti predetti,
essa deve ritenersi ritualmente acquisita se la parte
interessata non ne abbia tempestivamente eccepito
l’inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa

risulta essere avvenuto nel caso in esame.
In questo caso, la relativa nullità, essendo rimasta sanata,
non può essere eccepita per la prima volta in sede di appello,
neppure dalla parte che sia rimasta contumace nel giudizio di
primo grado, e, a maggior ragione, non può essere eccepita per
la prima volta in sede di legittimità ( Cass. 13.3.2012 n.
3959; Cass. 28.4.2006 n. 9925).
Il tema, pertanto, è precluso.
Con

il

terzo motivo

denuncia

si

ed

contraddittoria

insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia
riguardante il fatto se gli elementi di prova indicati dalla
Corte d’Appello conducano a conclusioni univoche, nonché per
violazione e falsa e/o errata applicazione dell’art. 2729 c.c.
Anche questo motivo è inammissibile.
Il quesito è il seguente: ” I requisiti di gravità, precisione
e

concordanza

richiesti

dall’art.

2729

c.c.

ai

fini

dell’ammissione delle presunzioni devono comportare che le
presunzioni utilizzate spingano a conclusioni univoche ? ”
I vizi motivazionali denunciati, poi, attengono al punto della
controversia indicato come segue: ” Se gli elementi di prova
10

successiva entro lo stesso grado di giudizio; ciò che non

interesse delle parti private, con la conseguenza che, qualora
la prova venga ammessa in primo grado oltre i limiti predetti,
essa deve ritenersi ritualmente acquisita se la parte
interessata non ne abbia tempestivamente eccepito
l’inammissibilità in sede di assunzione o nella prima difesa

risulta essere avvenuto nel caso in esame.
In questo caso, la relativa nullità, essendo rimasta sanata,
non può essere eccepita per la prima volta in sede di appello,
neppure dalla parte che sia rimasta contumace nel giudizio di
primo grado, e, a maggior ragione, non può essere eccepita per
la prima volta in sede di legittimità ( Cass. 13.3.2012 n.
3959; Cass. 28.4.2006 n. 9925).
Il tema, pertanto, è precluso.
Con il terzo motivo si denuncia

contraddittoria ed (Y

insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia
riguardante il fatto se gli elementi di prova indicati dalla
Corte d’Appello conducano a conclusioni univoche, nonché per
violazione e falsa e/o errata applicazione dell’art. 2729 c.c.
Anche questo motivo è inammissibile.
Il quesito è il seguente: ” I requisiti di gravità, precisione
e

concordanza

richiesti

dall’art.

2729

c.c.

ai

fini

dell’ammissione delle presunzioni devono comportare che le
presunzioni utilizzate spingano a conclusioni univoche ? “.
I vizi motivazionali denunciati, poi, attengono al punto della
controversia indicato come segue: ” Se gli elementi di prova
10

successiva entro lo stesso grado di giudizio; ciò che non

ammessi dalla Corte d’Appello di Venezia abbiano le
caratteristiche previste dall’art. 2729 c.c. e se in
particolare siano idonei a condurre a prova univoca del titolo
posto da parte attrice alla base della propria pretesa
(contratto di mutuo con obbligo di restituzione dell’intera

restituzione)”.
I vizi denunciati peccano – sia sotto il profilo delle
violazioni contestate, sia sotto quello motivazionale – delle
medesime mancanze già evidenziati con l’esame dei motivi che
precedono.
Deve, però rilevarsi, ulteriormente, che la ricorrente, in
realtà, tende ad un’inammissibile rivalutazione del merito che
non è consentita in questa sede a fronte di una corretta ed
adeguata motivazione sulle ragioni che hanno condotto il
giudice del merito a pervenire – sulla base dell’accertamento
probatorio effettuato – alle conclusioni impugnate in questa
sede ( v. anche in materia di presunzioni Cass. 18.4.2007 n.
9245; Cass. 14.5.2005 n. 10135; Cass. 23.3.2005 n. 6220; Cass.
16.7.2004 n. 13169).
Conclusivamente, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in
dispositivo, sono poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la
ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi
11

somma in ipotesi mutuata ed eventuali termini di

C 7.400,00, di cui C 7.200,00 per onorari, oltre accessori di
legge.
Così deciso il 25 settembre 2013 in Roma, nella camera di

consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione.

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