Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24802 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. I, 03/10/2019, (ud. 18/09/2019, dep. 03/10/2019), n.24802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Officine D.M. di D.M.A. & C. s.n.c., domiciliata

in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa nel presente giudizio, giusta mandato in

calce al ricorso, dall’avv. Luigi Noto

(luiginoto.avvocatinapoli.legalmail. it);

– ricorrente –

nei confronti di:

Fallimento (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma, via Calabria

56, presso lo studio dell’avv. Vincenzo Cesaro, che lo rappresenta e

difende nel presente giudizio, giusta procura speciale in calce al

controricorso, e dichiara di voler ricevere le comunicazioni

relative al processo alla p.e.c.

vincenzomariacesaro.avvocatinaboli.legalmail.it e al fax n.

081/682615;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1966/2016 della Corte di appello di Napoli,

emessa il 23 marzo 2016 e depositata il 13 maggio 2016, n. R.G.

1419/2012;

sentita la relazione in Camera di consiglio del Cons. Dott. Giacinto

Bisogni.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Fallimento (OMISSIS) s.p.a. ha agito nei confronti della s.n.c. Officine D.M.A. & C. s.n.c., perchè fosse dichiarato inefficace il pagamento di Euro 22.428,60 L. Fall., ex art. 67, comma 2, eseguito in favore di Officine da (OMISSIS) s.p.a..

2. Il Tribunale di Napoli ha ritenuto il pagamento irrevocabile L. Fall., ex art. 67, comma 3, per essere il pagamento stato effettuato nei termini d’uso e nell’esercizio dell’attività di impresa.

3. Ha proposto appello il Fallimento. Con il primo motivo di appello, ha dedotto la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, rilevando che il Tribunale ha ritenuto il pagamento irrevocabile L. Fall., ex art. 67, comma 3, in assenza di una specifica eccezione in tal senso da parte della società convenuta, su cui incombeva l’onere di provare la sussistenza delle condizioni oggettive e soggettive affinchè il pagamento potesse essere dichiarato non revocabile. Con un secondo motivo il Fallimento ha, invece, censurato la sentenza del Tribunale per erronea e contraddittoria motivazione, erronea valutazione delle risultanze probatorie ed omessa motivazione sulle eccezioni istruttorie proposte dalla curatela.

4. La Corte di Appello di Napoli ha accolto l’appello rilevando quanto segue. Pacificamente i rapporti commerciali tra Officine D.M. e (OMISSIS), risalenti negli anni, si sono concretizzati in cospicue operazioni commerciali e non già, come erroneamente rilevato dal Tribunale, sulla pratica dei pagamenti in contanti. La L. Fall., art. 67, comma 3, espressamente esclude dall’azione revocatoria i pagamenti dei beni e dei servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso ovvero secondo il tempo e le modalità utilizzate abitualmente tra i contraenti nell’esercizio dell’attività d’impresa, avendo riguardo non solo agli usi ordinariamente instaurati dalla prassi commerciale del settore ovvero di piazza, ma anche agli usi vigenti soggettivamente tra le parti nell’ambito dei loro rapporti negoziali. La Corte di appello conviene con l’appellante quando deduce che la società convenuta in revocatoria, su cui incombeva l’onere di allegazione assertiva e probatoria, tale onere non ha affatto assolto con riferimento alla indicazione, del tutto omessa, degli usi ordinariamente instaurati dalla prassi commerciale del settore o di piazza, con ciò precludendo ogni possibilità di verifica, ai fini della invocata esenzione dalla revocatoria, della conformità agli usi medesimi dei termini di effettuazione del pagamento. Secondo la Corte di appello deve convenirsi inoltre con l’appellante quando deduce che le stesse allegazioni della parte e la documentazione in atti danno conto della difformità delle modalità temporali di effettuazione del pagamento in contestazione rispetto ai tempi e ai modi abitualmente utilizzati in concreto nelle pregresse relazioni commerciali tra fallita e accipiens. L’esistenza di un accordo o di una disposizione unilaterale preventiva non è sufficiente per ritenere le nuove modalità temporali di esecuzione del pagamento in questione comunque inquadrabili nella normalità delle condizioni abitualmente utilizzate nei rapporti commerciali tra le medesime parti e, dunque, riconducibili al concetto di termini d’uso. Senz’altro ostativa rispetto a siffatto esito interpretativo è, invero, la totale assenza di elementi da cui desumere che successivamente all’intesa delle nuove modalità di pagamento, i rapporti commerciali tra le parti sono stati, come per il passato, plurimi e si sono conformati al nuovo modello temporale di adempimento, in tal modo progressivamente consolidatosi come abituale.

Secondo la Corte di appello è certamente fondata, la domanda risultando pacifica in causa, non soltanto l’effettuazione del pagamento in contestazione in periodo “sospetto”, ma anche la piena consapevolezza in capo alla società convenuta in revocatoria, della situazione di conclamata insolvenza in cui versava la società debitrice all’epoca del contestato adempimento.

5. Ricorre per cassazione e deposita memoria difensiva la Officine D.M. snc deducendo:

a) violazione e falsa applicazione L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a), anche in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Rileva la ricorrente che è incontestato che tra le due società, nel periodo precedente l’anno 2005, siano avvenuti cospicui rapporti di affari che hanno portato la deducente a vantare verso la cliente un credito di grosso importo. Ad ottobre 2005 la società fornitrice proprio in virtù di tale credito impagato, ha comunicato alla cliente di poter effettuare ulteriori forniture solo in contanti. A fine ottobre 2005 la (OMISSIS) consapevole di tale richiesta ha ordinato alla deducente una nuova fornitura per Euro 22.557,50, dichiarandosi pronta al pagamento alla consegna. La società ricorrente afferma di aver accettato la richiesta della (OMISSIS) sia perchè era consapevole in tal modo di collaborare alla possibilità di ripresa dell’azienda in crisi, sia perchè l’operazione sarebbe avvenuta secondo le nuove modalità d’uso, ossia in contanti.

b) violazione e falsa applicazione art. 67, comma 3, lett. a) rispetto al precedente comma 1 dello stesso articolo, e tanto in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente la Corte di Appello ha errato laddove ha imputato alla deducente di non aver provato il momento effettivo del pagamento dell’operazione commerciale e l’effettuazione di ulteriori operazioni plurime con le modalità stabilite con il nuovo modello temporale di adempimento, ossia in contanti. Dagli atti depositati si evince al contrario l’iter preciso dell’operazione commerciale che dimostra come essa sia stata valutata dalle parti contemporaneamente, anche se poi, di fatto, è stata attuata in diverse date, ma, comunque, in un breve arco temporale, tale da escludere che siano stati perseguiti intenti maliziosi e occulti tra le parti. Infine la ricorrente censura l’interpretazione della Corte di appello in merito all’applicazione dell’art. 2741 c.c., perchè essa rende del tutto inapplicabile la L. Fall., art. 67, comma 3, sui pagamenti in termini d’uso e assoggetta a revocatoria tutti i pagamenti effettuati in contanti per il periodo precedente la decozione dell’impresa, senza limiti di tempo e di importi.

6. Si difende con controricorso il fallimento (OMISSIS) s.p.a. ed eccepisce preliminarmente la inammissibilità del ricorso ritenendo che le censure alla decisione della Corte di appello mirano in realtà a ottenere una nuova valutazione di merito. In ogni caso, nel merito, il Fallimento rileva che la circostanza per cui il pagamento sia avvenuto in contanti, e secondo gli accordi intercorsi da ultimo fra le due società, non può ritenersi di per sè sufficiente per l’applicazione della L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a). Per ritenere un pagamento effettuato nei termini d’uso è necessario prendere in considerazione la tempistica con cui esso è avvenuto, gli usi di mercato normalmente praticati nel settore merceologico in questione e la prassi negoziale seguita nel corso del rapporto dalle parti. Secondo il Fallimento la Corte di appello ha correttamente applicato questi principi nel decidere la controversia. Infatti; giudici di appello hanno rilevato che la società Officine D.M. ha omesso di indicare quali fossero gli usi ordinariamente instaurati nella prassi commerciale del settore e non ha fornito una chiara ricostruzione delle modalità di pagamento abitualmente utilizzate nelle precedenti relazioni commerciali. Conseguentemente la Corte di appello ha escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’esenzione prevista dalla L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a). Inoltre la Corte di appello ha rilevato la mancanza di contestualità del pagamento rispetto alla consegna della merce e ne ha dedotto la conseguente insussistenza dei termini d’uso dedotti dalla ricorrente e la inapplicabilità dell’esenzione prevista dalla L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a); ha ritenuto provata la lesione della par condicio creditorum nonchè la sussistenza di un danno in re ipsa conformemente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza secondo cui l’illecito che sorge dal compimento di un atto revocabile è oggettivo, deriva dalla lesione inflitta alla par condicio creditorum e si presume per il fatto stesso che sia stato compiuto un atto dispositivo che riduce la liquidità della società in crisi e pregiudica le potenzialità satisfattive della massa dei creditori (Cass. n. 23430/2012).

Diritto

RITENUTO

che:

7. Il ricorso, che va esaminato unitariamente per l’evidente connessione dei due motivi in cui si articola, è infondato. La Corte di appello ha reso una decisione conforme alla giurisprudenza di leetimità secondo cui il rinvio della L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a), ai “termini d’uso”, ai fini dell’esenzione dalla revocatoria fallimentare per i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa, attiene alle modalità di pagamento concretamente invalse tra le parti, dovendo il giudice di merito verificare anche l’eventuale sistematica tolleranza del creditore di ritardi nei pagamenti rispetto alle scadenze pattiziamente convenute (cfr. Cass. civ., sez. I, ordinanza n. 7580 del 18 marzo 2019 e Cass. civ., sez. I, n. 25162 del 7 dicembre 2016). La Corte di appello oltre ad aver rilevato la mancanza di deduzioni e prove da parte della società Officine D.M. circa le modalità di pagamento in uso nel settore di mercato in cui operava la (OMISSIS) ha rilevato che è incontroverso che la modalità di pagamento anticipata fu introdotta solo con la fornitura per cui si controverte (commissionata secondo quanto deduce la ricorrente il 25 ottobre 2005 con consegna preventiva per il 5 dicembre 2005 e saldo contestuale alla consegna) proprio al fine di scongiurare il rischio di insolvenza della società (OMISSIS) ben presente alla fornitrice. Sulla base di questa circostanza e della prossimità della fornitura alla dichiarazione di fallimento intervenuta il 5 luglio 2006, la Corte di Appello ha escluso che potesse ritenersi il pagamento anticipato come una modalità di pagamento concretamente invalsa tra le parti. Si tratta di una valutazione di merito, conforme al principio giurisprudenziale sopra richiamato e che non è censurabile in questo giudizio se non per omesso esame di fatti decisivi che la società ricorrente non ha dedotto. Nè può condividersi l’affermazione circa la contraddittorietà e radicale illogicità della motivazione che peraltro la società ricorrente utilizza come argomento difensivo senza articolare uno specifico motivo di ricorso ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. La motivazione della sentenza non solo è sicuramente al di sopra di quel minimo costituzionale che la giurisprudenza di questa Corte ha identificato come residuo perimetro del controllo di legittimità sulla motivazione. Essa appare anche del tutto coerente ed esaustiva nell’esplicare le ragioni per cui ritiene che il pagamento oggetto della revocatoria fallimentare non risponde ai requisiti dei termini usuali richiesti dalla L. Fall., art. 67, comma 3, lett. a). Risultano pertanto irrilevanti le altre censure mosse dalla ricorrente alla motivazione e alla presunta interpretazione normativa nel senso della imposizione dell’onere di provare la ripetitività successiva del pagamento anticipato come presupposto per ritenere il pagamento corrispondente alle modalità usuali utilizzate dalle parti.

8. Il ricorso va pertanto respinto con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 4.200,00 di cui Euro 200 per spese, oltre spese forfettarie e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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