Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 248 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 10/01/2017, (ud. 25/10/2016, dep.10/01/2017),  n. 248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14333-2014 proposto da:

C.D., elettivamente domiciliata in ROMA, CIRCONVALLAZIONE

TRIONFALE 1, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO GIANGIACOMO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIANFRANCO VITI

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

S.M., INA ASSITALIA SPA, D.B.D.,

P.B., ITALIA ASSICURAZIONI SPA;

– intimati –

e contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende per legge;

– resistente con procura –

avverso la sentenza n. 1720/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/10/2016 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato CLAUDIO GIANGIACOMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel (OMISSIS) la signora C.D., alla guida del suo ciclomotore, venne investita da un’auto della Polizia condotta dall’agente S.M., riportando gravi danni alla persona.

La causa per il risarcimento del danno, introdotta sia dalla danneggiata che dal padre, C.A., quest’ultimo per il danno morale riportato, si concludeva in primo grado con la condanna solidale del Ministero, dello S. e della Assitalia, assicuratrice per la r.c.a. del veicolo, al pagamento di oltre due milioni di Euro nei confronti della C. e per circa 200.000,00 Euro nei confronti del padre mentre venivano rigettate le domande verso il D.B., conducente di un secondo veicolo coinvolto, la proprietaria di tale veicolo e la sua compagnia assicuratrice per la r.c.a.

Nel novero delle voci risarcitorie richieste dall’attrice, non venivano accolte le domande della danneggiata volte al risarcimento delle spese per adattare l’abitazione alla sua nuova condizione di invalida permanente, la domanda volta al riconoscimento delle spese sanitarie future e quella volta al risarcimento del danno esistenziale subito dalla C.. La sentenza di appello accoglieva in parte l’appello dei C., limitatamente al risarcimento correlato alle spese da sostenere per adattare l’abitazione alle nuove necessità.

I C. proponevano ricorso per cassazione; con sentenza di questa sezione n. 12690 del 2011, la Corte accoglieva il terzo motivo di ricorso e rimetteva la causa alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, “prescrivendo di attenersi al seguente principio di diritto: “Sono risarcibili i danni sturi consistenti nelle spese che la vittima di un incidente stradale dovrà sostenere per cure ed assistenza tutte le volte in cui il giudice accerti – dandone adeguatamente conto nella motivazione – che tali spese, la cui liquidazione andrà necessariamente operata in via equitativa, saranno sostenute secondo una ragionevole e fondata attendibilità”.

La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza quí impugnata, ha accolto la domanda risarcitoria della C. per le spese sanitarie future, limitatamente all’importo di Euro 300.000,00 oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.

C.D. propone ricorso per cassazione articolato in tre motivi nei confronti del Ministero dell’Interno e di S.M., nonchè di Ina Assitalia s.p.a., d.B.D., P.B. e Italiana Ass.ni s.p.a. avverso la sentenza n. 1720/2014, depositata dalla Corte d’Appello di Roma come giudice del rinvio in data 27 marzo 2014, lamentando che la quantificazione del danno da spese mediche future sia stata effettuata in violazione dei principi di legge ed anche del principio di diritto già formulato da questa Corte.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva, il Ministero dell’Interno ha depositato solo una procura ai fini dell’eventuale partecipazione alla discussione.

Non sono state depositate memorie.

Per la ricorrente è stata depositata nel luglio 2016 una memoria di intervento del nuovo difensore, con procura autenticata dal difensore in calce all’atto, della quale non si può in questa sede tenere conto, in quanto tale facoltà, aggiunta all’art. 83 c.p.c. dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45 comma 9), lett. a) si applica solo ai giudizi instaurati dopo il 4 luglio 2009.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce la nullità della sentenza di appello laddove ha ritenuto congruo, per la voce spese sanitarie future ancora in contestazione, l’importo di euro 300.000,00. Sostiene che la corte territoriale sia incorsa in un errore o in un equivoco, recuperando questo importo, erroneamente, dalla ctu esperita nel corso del giudizio di primo grado.

Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta la violazione di legge per erronea esclusione dell’attribuzione degli interessi compensativi ex art. 1224 c.c., che la corte d’appello ha escluso trattandosi operando la capitalizzazione delle spese future sulla base ad un giudizio probabilistico, sull’ipotesi di una sopravvivenza all’evento infausto per 50 anni.

Afferma la ricorrente che il ragionamento probabilistico e la capitalizzazione onnicomprensiva avrebbero potuto essere idonei a liquidare l’intero danno se effettuati in prossimità della data di verificarsi del danno, ossia nel (OMISSIS), ma non nel 2014, a venti anni di distanza, quando queste sono diventate spese largamente già sostenute, sulle quali avrebbero dovuto essere riconosciuti gli interessi.

Infine, con il terzo ed ultimo motivo la ricorrente lamenta la contraddittorietà ed incoerenza della sentenza e la violazione del principio di diritto espresso dalla sentenza di rinvio di questa Corte, laddove ha liquidato l’importo per le spese mediche future in 6.000 Euro all’anno, somma del tutto inadeguata, pur riconoscendo che si tratta di una persona assolutamente dipendente da terzi, che necessita di accompagnamento continuo. Il ricorso è complessivamente infondato.

La censura di cui al primo motivo, genericamente formulata, è inammissibile; quella di cui al terzo motivo contesta la valutazione in fatto cui è pervenuta la corte di merito ed è pertanto inammissibile.

La ricorrente non specifica quando è stata depositata la c.t.u. dalla quale la corte d’appello avrebbe ricavato l’importo delle spese mediche future. Non riporta neppure il testo della consulenza, al fine di consentire di verificare quale fosse l’importo ivi indicato per spese mediche future se effettivamente la somma di un miliardo di euro, come sostiene la ricorrente, o la somma minore indicata dalla corte d’appello.

Non precisa neppure se ha provveduto a ridepositare la c.t.u. in questa sede.

Vi è quindi al contempo violazione del principio di autosufficienza e dell’art. 366 c.p.c., n. 6, che impone alle parti di individuare con precisione quando un documento cui fanno riferimento sia stato introdotto nel giudizio, dove sia reperibile nel fascicolo di parte, se sia stato nuovamente prodotto in questa sede.

Inoltre, si assume il verificarsi di un errore di fatto da parte della corte d’appello (che avrebbe letto 300.000 Euro laddove sarebbe scritto 1.000.000.000 di Lire), e quindi di un errore revocatorio riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4.

Infine, la sentenza stessa contiene una giustificazione in ordine alla quantificazione dell’importo idonea a giustificare l’eventuale – e non verificabile – discrepanza con quanto indicato dalla consulenza tecnica: esso è determinato a risarcimento delle spese mediche detratto quanto già coperto dal Servizio Sanitario Nazionale.

Quanto al secondo motivo, non si riscontra alcuna violazione rispetto al principio di diritto formulato da questa Corte nel rinviare la causa alla corte d’appello, per un giudizio chiuso, da compiersi solo in relazione al punto indicato: la corte ha accertato la necessità della ricorrente di sostenere spese mediche anche per il futuro, ha detratto quelle che nel frattempo erano state già sostenute a carico del servizio sanitario nazionale, e ha adottato un criterio di quantificazione ancorato a parametri obiettivi che resiste alle generiche censure della ricorrente, capitalizzando attualizzandolo un importo su base annua e moltiplicandolo per una ragionevole aspettativa di vita della ricorrente.

Il ricorso va quindi rigettato.

La particolarità della vicenda induce a compensare le spese del giudizio di cassazione tra le parti.

Atteso che il ricorso per cassazione è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013, ed in ragione della soccombenza del ricorrente, la Corte, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Spese compensate. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 25 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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