Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24799 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. I, 03/10/2019, (ud. 13/09/2019, dep. 03/10/2019), n.24799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 4408/2015 proposto da:

COMUNE DI BISCEGLIE, in persona del Sindaco p.t., elettivamente

domiciliato in Roma, Via Ettore Rolli, 24-C/11 presso lo studio

dell’avvocato Arturo Sforza e rappresentato e difeso dall’avvocato

Antonio Calvani giusta Delib. Giunta 2 febbraio 2015, n. 36 e

procura speciale a margine del ricorso introduttivo Corte di

cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanna Saija per

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.E., D.R.,

R.R.G.O., anche quali eredi di R.A. rappresentate e

difese dall’Avvocato Roberto Carbone per procura speciale a margine

del controricorso con ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 1847/2013 della Corte di appello di Bari,

pubblicata il 23/12/2013;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella Camera di consiglio del 13/09/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.A. ed R.E. comproprietari pro-indiviso, a titolo ereditario, del suolo edificabile sito in agro di (OMISSIS), in catasto al foglio (OMISSIS), p.lle (OMISSIS) (e successivo frazionamento), (OMISSIS) (e successivo frazionamento), (OMISSIS) (e successivo frazionamento), e (OMISSIS), per un terzo, nonchè degli immobili identificati al catasto urbano al foglio (OMISSIS), p.lle (OMISSIS), esposto che:

– in seguito a determina dirigenziale del 5.09.2007, con cui il Comune di Bisceglie disponeva l’occupazione di urgenza delle aree indicate fissando l’indennità provvisoria in 56,81 Euro/mq, facevano ricorso al procedimento arbitrale D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 21;

– nelle more della determinazione delle indennità da parte del competente Collegio arbitrale, il Comune di Bisceglie depositava presso la CC.DD.PP. l’indennità non accettata dagli espropriati pari ad Euro 474.766,02;

– il Comune emanava il decreto di esproprio definitivo n. 17718 in data 05.05.2009 ed il Collegio arbitrale determinava a maggioranza l’indennità definitiva in Euro 1.485.775,00 avverso cui proponevano opposizione dinanzi alla Corte di appello di Bari i germani R. che chiedevano previa disapplicazione, L. n. 2448 del 1865, ex art. 5, all. E, delle parti illegittime del decreto di esproprio e degli atti presupposti, l’accertamento della incongruità ed erroneità della stima dell’indennità determinata su quegli atti e di quella risultante dalla perizia approvata dal Collego arbitrale, con rideterminazione della giusta indennità sia a titolo di esproprio che di occupazione di urgenza oltre le maggiorazioni D.P.R. n. 321 del 2001, ex art. 27, comma 2;

– il Comune si costituiva chiedendo la nullità della relazione del collegio arbitrale e l’accertamento della indennità previa applicazione del criterio di abbattimento di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi 1 e 7;

– la Corte di appello all’esito di disposta c.t.u. con sentenza n. 1847/2013 rigettava l’opposizione e la domanda riconvenzionale, ritenuto che la disposta c.t.u. aveva determinato l’indennità dovuta agli attori in Euro 1.364.455,25 e quindi in misura inferiore a quella quantificata dal Collegio arbitrale e l’infondatezza della riconvenzionale nella ritenuta non applicabilità delle decurtazioni di cui del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, commi da 1 e 7;

tanto esposto, il Comune di Bisceglie ricorre per la cassazione dell’indicata sentenza con due motivi.

Resistono con controricorso R.E., D.R. e R.G.O., quali eredi di R.A., che propongono altresì ricorso incidentale affidato a due motivi, illustrati, altresì, da memoria.

Il Comune di Bisceglie con propria memoria difensiva ha eccepito l’inammissibilità del controricorso e del ricorso incidentale mancando la procura speciale della data del rilascio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il Comune di Bisceglie denuncia la nullità della sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 132 c.p.c., n. 4 e ancora violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, in relazione alle medesime disposizioni e difetto di motivazione, contraddittoria ed illogica.

La Corte di appello non avrebbe indicato nell’impugnata sentenza le norme di legge ed i principi di diritto applicati a sostegno della decisione che non sarebbe stata ricostruibile, nel resto, dal complesso delle argomentazioni.

I giudici di appello non avrebbero fatto nessun riferimento agli adempimenti relativi alla determinazione della indennità di esproprio da parte del c.t.u. ed al deposito presso la competente Cassa DD. e PP. sicchè l’indennità dovuta non avrebbe potuto essere che quella depositata di Euro 474.766,02.

La Corte di merito sarebbe incorsa in contraddittorietà là dove aveva rilevato che sarebbe spettata agli espropriati l’indennità di occupazione legittima sulla base di quella definitiva quantificata dalla Commissione arbitrale, rilevando altresì che l’indennità di esproprio dovuta sarebbe stata in misura inferiore a quella determinata dalla commissione arbitrale.

2. Con il secondo motivo si fa valere la violazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, perchè il piano per l’edilizia economica e popolare in attuazione del quale era stato disposto l’esproprio sarebbe rientrato tra gli interventi di riforma economico sociali di cui al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, come novellato dalla cit. L. 244, art. 2, comma, 89.

3. Il primo motivo si espone, nei suoi contenuti, a plurime ragioni di inammissibilità.

3.1. La proposta censura è infatti inammissibile per difetto di interesse mirando a porre nel nulla, per carenza di motivazione, una statuizione adottata dalla Corte territoriale in risposta ad una domanda di rideterminazione in melius della indennità di esproprio promossa dai ricorrenti, privati proprietari dei terreni ablati.

L’interesse all’impugnazione, il quale costituisce manifestazione del generale principio dell’interesse ad agire – sancito, quanto alla proposizione della domanda ed alla contraddizione alla stessa, dall’art. 100 c.p.c. – va apprezzato in relazione all’utilità concreta derivabile alla parte dall’eventuale accoglimento del gravame e non può consistere in un mero interesse astratto ad una più corretta soluzione di una questione giuridica, non avente riflessi sulla decisione adottata; sicchè è inammissibile, per difetto d’interesse, un’impugnazione con la quale si deduca la violazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna influenza in relazione alle domande o eccezioni proposte, e che sia diretta quindi all’emanazione di una pronuncia priva di rilievo pratico (Cass. 23/05/2008 n. 13373; Cass. 25/06/2010 n. 15353).

3.2. Il motivo è altresì inammissibile per mancanza di autosufficienza non deducendo puntualmente quanto all’asserita erronea applicazione alla fattispecie del D.P.R. n. 327 del 2001, di aver fatto valere tempestivamente nel giudizio di merito siffatta mancanza, non consentendo in tal modo a questa Corte l’esercizio ex actis del sindacato di legittimità alla stessa rimesso (Cass. 21/11/2017 n. 27568; conf. Cass. 21/06/2018 n. 16347).

4. Il secondo motivo è inammissibile nei termini di cui all’art. 360-bis c.p.c., n. 1.

“In tema di ricorso per cassazione, lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti” (SU 21/03/2017 n. 7155; Cass. 22/02/2018 n. 4366).

Nell’indicata premessa di principio, la questione dell’applicabilità della decurtazione del 25% del valore venale delle aree espropriate ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, è stata invero risolta dalla giurisprudenza di legittimità, con indirizzo che ha trovato nel tempo stabile e condivisa applicazione, nel senso che “In tema di espropriazione per pubblica utilità, nel caso in cui il procedimento sia adottato per realizzare un programma di edilizia convenzionata, non sussiste il presupposto dell’intervento di riforma economico-sociale, che giustifica la riduzione del 25% del valore venale del bene ai fini della determinazione dell’indennità, dovendo esso riguardare l’intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in forza di una previsione normativa che in tal senso lo definisca” (Cass. 23/02/2012 n. 2774; Cass. 28/01/2016 n. 1621).

Nè il motivo offre d’altra parte occasione per rimeditare l’indicata esegesi, giungendo a diversa soluzione.

Il ricorso è pertanto inammissibile.

3. Con il controricorso R.E., D.R. e R.R.G.O., anche quali eredi di R.A., nelle more deceduto, in via preliminare deducono l’intervenuto passaggio in cosa giudicata implicita della sentenza impugnata nella parte in cui aveva statuito, con riferimento alla riconvenzionale del Comune, l’infondatezza della contestazione della quantificazione dell’indennità ritenuta dal Collegio arbitrale, restando in tal modo precluso in sede di legittimità al Comune di contestare il metodo di calcolo osservato dall’indicato collegio e le sue risultanze e la parte della sentenza in cui si afferma che il cit. D.P.R. n. 327, art. 37, al comma 7, è stato dichiarato incostituzionale con sentenza n. 338/2011.

Fanno quindi valere l’inammissibilità dei motivi del ricorso principale.

Dedotta altresì, e comunque, l’infondatezza dei due motivi del ricorso principale, in via incidentale le ricorrenti articolano, poi, tre motivi.

Nella memoria depositata il ricorrente fa valere a sua volta l’inammissibilità del controricorso e del ricorso incidentale per mancanza di data della procura speciale.

5. Il ricorso incidentale tardivo è inefficace ex art. 334 c.p.c., comma 2, nella intervenuta declaratoria di inammissibilità di quello principale.

In tema di giudizio di cassazione, il ricorso incidentale tardivo, proposto oltre i termini di cui all’art. 325 c.p.c., comma 2, ovvero art. 327 c.p.c., comma 1, è inefficace qualora il ricorso principale per cassazione sia inammissibile, senza che, in senso contrario, rilevi che lo stesso sia stato proposto nel rispetto del termine di cui all’art. 371 c.p.c., comma 2 (quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale), (Cass. 26/03/2015 n. 6077; Cass. 06/04/2006 n. 8105).

Ogni altra dedotta questione resta pertanto assorbita.

6. Il ricorso principale è pertanto inammissibile ed alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente alle spese del giudizio come da dispositivo, restando disgiunta invece all’inefficacia del ricorso incidentale ogni soccombenza.

Come persuasivamente rilevato da questa Corte di legittimità, in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, il ricorso incidentale tardivo è inefficace ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2, con la conseguenza che la soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all’esame dell’impugnazione incidentale e dunque l’applicazione del principio di causalità con riferimento al “decisum” evidenzia che l’instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale (Cass. 20/02/2014 n. 4074; Cass. 12/06/2018 n. 15220).

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, contributo che resta escluso invece quanto ad applicabilità rispetto al ricorrente incidentale.

Come ancora chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, il controricorrente, il cui ricorso incidentale tardivo sia dichiarato inefficace a seguito di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale, non può essere condannato al pagamento del doppio del contributo unificato, trattandosi di sanzione conseguente alle sole declaratorie di infondatezza nel merito ovvero di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater (Cass. 25/07/2017 n. 18348).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace quello incidentale tardivo.

Condanna il Comune di Bisceglie a rifondere a R.E., D.R., R.R.G.O. le spese di lite che liquida in Euro 7.800,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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