Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24798 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. lav., 05/12/2016, (ud. 21/09/2016, dep. 05/12/2016), n.24798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3372-2011 proposto da:

C.G. C.F. (OMISSIS), G.L. C.F. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo

studio dell’avvocato BRUNO SASSANI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIUSEPPE VETTA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

GROUPAMA ASSICURAZIONI S.P.A. già NUOVA TIRRENA S.P.A. C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CROCE 44, presso lo

studio dell’avvocato ERNESTO GRANDINETTI, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

TRE ELLE S.R.L. P.I. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

TRE ELLE S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLA GIULIANA

58, presso lo studio dell’avvocato SIMONE FRABOTTA, rappresentata e

difesa dagli avvocati GIOVANNI DI NARDO, ANNA SCAFATI, ANTONELLA

COLANTUONO, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

– GROUPAMA ASSICURAZIONI S.P.A. già NUOVA TIRRENA S.P.A. C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CROCE 44, presso lo

studio dell’avvocato ERNESTO GRANDINETTI, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– GROUPAMA ASSICURAZIONI S.P.A. già NUOVA TIRRENA S.P.A. C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA CROCE 44, presso lo

studio dell’avvocato ERNESTO GRANDINETTI, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 337/2010 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 15/10/2010 R.G.N. 465/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/09/2016 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito l’Avvocato SASSANI BRUNO NICOLA;

udito l’Avvocato RIZZO CARLA per delega Avvocato GRANDINETTI ERNESTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA che ha concluso per accoglimento per quanto di

ragione del ricorso principale, rigetto del ricorso incidentale.

Fatto

Con sentenza 15 ottobre 2010, la Corte d’appello di Campobasso, pronunciando sui due appelli riuniti di C.G. e di Tre Elle s.r.l. e su quello incidentale di Nuova Tirrena s.p.a.: a) rideterminava in Euro 149.323,00 (di cui Euro 133.641,00 per danno patrimoniale e Euro 158.696,00 per danno non patrimoniale, detratta la rendita Inail di Euro 143.414) la complessiva somma cui condannava Tre Elle s.r.I., a titolo di danno differenziale, in favore del proprio dipendente C.G. per l’infortunio sul lavoro occorsogli il (OMISSIS), oltre rivalutazione ed interessi legali sulla somma annualmente rivalutata dalla suddetta data; b) determinava il computo degli interessi legali sulla somma di Euro 40.000,00, liquidata a carico della società datrice a titolo risarcitorio in favore di G.L. (coniuge del dipendente), sulla somma annualmente rivalutata dalla medesima data; c) compensava in misura di un quarto le spese di entrambi i gradi tra le parti, ponendo a carico di Tre Elle s.r.l. il residuo e interamente le spese di C.T.U.; d) revocava la condanna nei confronti di Nuova Tirrena s.p.a., condannandola alla corresponsione, in favore dell’assicurata Tre Elle s.r.l., della somma dovuta a C.G. come sopra liquidata, con la sua restituzione di quanto eventualmente già versatole in eccedenza dalla compagnia di assicurazione; e) compensava in misura della metà tra le due società le spese di entrambi i gradi di giudizio, condannando Nuova Tirrena s.p.a. alla rifusione, in favore dell’assicurata, della metà residua; f) compensava interamente le spese di giudizio tra le altre parti.

Così essa riformava parzialmente la sentenza di primo grado, che aveva invece condannato le due società in solido al pagamento, in favore di C.G., della somma di Euro 126.000,00 (di cui Euro 130.885,68 per danno patrimoniale e Euro 138.849,84 per danno non patrimoniale, detratta la rendita INAIL di Euro 143.414) e del coniuge G.L. della somma di Euro 40.000,00: entrambe a titolo risarcitorio ed oltre rivalutazione ed interessi dalla data dell’infortunio.

A motivo della decisione, la Corte territoriale ribadiva la responsabilità della società datrice, ai sensi dell’art. 2087 c.c., D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, comma 3 e D.P.R. n. 164 del 1956, art. 12, comma 3, per l’infortunio occorso al proprio dipendente (rimasto schiacciato tra il braccio di un escavatore e un tubo già posizionato, durante l’esecuzione, in quanto non impegnato nella propria mansione di autista, di lavori di sistemazione dei tubi in cemento per il convogliamento delle acque del fiume (OMISSIS), di cui era stato incaricato dal direttore dei lavori geom. M., nominato da Tre Elle s.r.l. appaltatrice dei lavori di costruzione della fondovalle (OMISSIS) con la fondovalle (OMISSIS) e condannato dal Tribunale penale di Larino per lesioni colpose gravissime con sentenza in giudicato) e così pure il concorso di colpa (in misura del 15%) del lavoratore per aver contravvenuto all’obbligo di osservare le misure di sicurezza predisposte dal datore di lavoro, in violazione del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 6, accettando i compiti di collaborazione richiesti.

La Corte molisana rideterminava invece le somme dovute da Tre Elle s.r.l. al dipendente per danno patrimoniale, correggendo il calcolo del primo giudice di cui condivideva il metodo di applicazione delle Tabelle allegate al R.D. n. 1403 del 1922 (neppure impugnato) e per danno non patrimoniale, stimando equo l’incremento delle sue componenti morale e relazionale dal 9% al 25% del danno biologico, in ragione dell’elevato grado di invalidità permanente accertata (43%) e rettificava il computo di rivalutazione ed interessi sulle somme liquidate come sopra indicato.

Infine, essa escludeva, a norma dell’art. 13, lett. b) del contratto tra le parti, alcun obbligo di garanzia nei confronti della società datrice, per danni al coniuge del lavoratore infortunato, da parte dell’assicuratore chiamato in causa, pertanto obbligato al solo rimborso di quanto la prima era tenuta a corrispondere al dipendente.

Con atto notificato il 25 gennaio 2011, C.G. e G.L. ricorrono per cassazione con quattro motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resistono Groupama Assicurazioni (già Nuova Tirrena) s.p.a. e Tre Elle s.r.l. con controricorso, contenente quello della seconda ricorso incidentale con tre motivi, con replica ad esso dei ricorrenti principali e di Groupama Assicurazioni s.p.a.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., D.P.R. n. 547 del 1955, art. 6, D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5, art. 2104 c.c. e vizio di contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per erronea attribuzione di un concorso di colpa al lavoratore, in quanto vittima di un non corretto comportamento altrui, nell’assolvimento di un’espressa richiesta di collaborazione del direttore dei lavori, conforme al canone di correttezza nell’adempimento delle obbligazioni previsto dall’art. 2104 c.c..

Con il secondo, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 37 Cost., art. 2056 c.c. e vizio di omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per erronea liquidazione del danno da incapacità lavorativa specifica sulla base della sola percentuale di invalidità permanente riconosciuta, senza alcuna considerazione della pur risultata riduzione drastica del reddito del lavoratore, inibito allo svolgimento di alcuna attività lavorativa confacente, per la compromissione della funzionalità degli arti inferiori.

Con il terzo, i ricorrenti deducono vizio di omessa e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per ingiustificata pretermissione della valutazione del C.T.U. di riduzione della capacità specifica del lavoratore (di autista) di almeno la metà.

Con il quarto, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione degli artt. 92 e 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2 e art. 2909 c.c., per la statuizione sulle spese (di parziale compensazione) nei confronti della società datrice, in difetto di sua impugnazione del capo ad esse relativo del primo grado.

Con il primo motivo, Tre Elle s.r.l. a propria volta deduce, in via di ricorso incidentale, violazione e falsa applicazione degli artt. 1228, 2087 e 2049 c.c. e D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, comma 3, e vizio di contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per erronea affermazione della propria responsabilità civile, nonostante l’abnormità del comportamento del lavoratore, evidente dalle richiamate risultanze istruttorie.

Con il secondo, essa deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2059 c.c., artt. 110 e 112 c.p.c. e vizio di omessa e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per ultrapetizione della pronuncia di insussistenza di copertura assicurativa per i danni riconosciuti al coniuge del lavoratore, in assenza di una specifica eccezione in tale senso della compagnia di assicurazioni (limitatasi ad una generica esclusione dalla propria garanzia del danno morale: tale non essendo quello di Lucia Galante, piuttosto da qualificare autonoma categoria di danno non patrimoniale), comunque erronea, in quanto prevista dal punto a) dell’art. 13 delle condizioni di polizza. Con il terzo, essa deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullità della sentenza in difetto nel dispositivo del capo di condanna, a proprio carico, al risarcimento del danno in favore di G.L..

Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., D.P.R. n. 547 del 1955, art. 6, D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 5, art. 2104 c.c. e contraddittoria motivazione, per erronea attribuzione di un concorso di colpa al lavoratore, è fondato.

Ed infatti, la Corte territoriale ha individuato detto concorso nell’avere C.G. accettato di eseguire mansioni in violazione del D.P.R. n. 164 del 1956, art. 12, (secondo il cui terzo comma, in particolare: “Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere vietata la presenza degli operai nel capo di azione dell’escavatore e sul ciglio del fronte di attaccò) e del piano di sicurezza (così al secondo capoverso di pg. 14 della sentenza, in cui era pure ribadita la sua violazione dell’onere di osservare le misure di sicurezza datoriali, a norma del D.P.R. n. 547 del 1955, art. 6). Con ciò obbedendo alle direttive impartitegli dal geom. M., incaricato dalla datrice Tre Elle s.r.l. di dirigere e sorvegliare il lavoro (condannato dal Tribunale penale di Larino per lesioni colpose gravissime con sentenza in giudicato, in riferimento alla vicenda dell’infortunio del lavoratore), che gli aveva precariamente assegnato l’esecuzione di lavori di sistemazione dei tubi in cemento per il convogliamento delle acque del fiume (OMISSIS), in quanto non impegnato nella propria diversa mansione di autista; neppure avendo la Corte molisana rilevato alcun elemento di abnormità nella condotta del dipendente, in quanto “non esorbitante rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive ricevute” (così dal settimo al decimo alinea di pg. 13 della sentenza).

Ora, è noto come, secondo l’insegnamento di questa Corte, il datore di lavoro, in caso di violazione delle norme poste a tutela dell’integrità fisica del lavoratore, sia interamente responsabile dell’infortunio che ne sia conseguito e non possa invocare il concorso di colpa del danneggiato, avendo egli il dovere di proteggerne l’incolumità nonostante la sua imprudenza o negligenza. Sicchè, la condotta imprudente del lavoratore attuativa di uno specifico ordine di servizio, integrando una modalità dell’iter produttivo del danno “imposta” dal regime di subordinazione, deve essere addebitata al datore di lavoro, il quale, con l’ordine di eseguire un’incombenza lavorativa pericolosa, determina l’unico efficiente fattore causale dell’evento dannoso (Cass. 13 febbraio 2012, n. 1994; Cass. 8 aprile 2002, n. 5024). In proposito, deve pure essere ribadito che, in materia di responsabilità dell’imprenditore ai sensi dell’art. 2087 c.c., gli effetti della conformazione della condotta del prestatore ai canoni stabiliti dall’art. 2104 c.c., coerentemente con il livello di responsabilità proprio delle funzioni e in ragione del soddisfacimento delle ragioni dell’impresa, non integrino mai una colpa del lavoratore (Cass. 8 maggio 2014, n. 9945).

In ogni caso, quand’anche il lavoratore avesse opposto un rifiuto all’ordine impartito dal direttore dei lavori, esso avrebbe dovuto considerasi legittimo (Cass. 1 aprile 2015, n. 6631; Cass. 10 agosto 2012, n. 14375), non determinando certo la sua mancanza, come invece erroneamente ritenuto dalla Corte territoriale, una responsabilità concorrenziale, atteso che detto rifiuto costituisce una legittima facoltà e non una scriminante della sua responsabilità.

Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente l’accoglimento del mezzo.

Il secondo (violazione e falsa applicazione degli artt. 4 e 37 Cost., art. 2056 c.c., ed omessa motivazione, per erronea liquidazione del danno da incapacità lavorativa specifica sulla base della sola percentuale di invalidità permanente accertata) ed il terzo motivo (vizio di omessa e contraddittoria motivazione per ingiustificata pretermissione della valutazione del C.t.u. di riduzione di almeno la metà della capacità specifica del lavoratore di autista) sono entrambi inammissibili.

Essi denunciano profili che non hanno costituito specifico oggetto di trattazione della sentenza impugnata, nè le parti ricorrenti hanno indicato in quali atti essi siano stati dedotti. Sicchè le questioni appaiono nuove e i motivi sul punto generici, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso e pertanto della prescrizione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; 11 gennaio 2007, n. 324).

Il quarto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione degli artt. 92 e 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2 e art. 2909 c.c., per la statuizione di parziale compensazione sulle spese anche di primo grado nei confronti della società datrice, in difetto di impugnazione, è assorbito, in conseguenza dell’effetto espansivo interno stabilito dall’art. 336 c.p.c., comma 1.

Quanto al controricorso di Tre Elle s.r.l., esauritosi nella richiesta di “rigetto del ricorso siccome inammissibile ed infondato” con suo passaggio immediato alla deduzione dei tre motivi di ricorso incidentale, esso è palesemente inammissibile, per l’omessa indicazione delle ragioni a fondamento dell’infondatezza del ricorso avversario, in violazione dell’art. 370 c.p.c., comma 2.

Ed infatti, la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo, a pena di inammissibilità, mediante controricorso contenente, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., (richiamato dall’art. 370 c.p.c., comma 2), l’esposizione delle ragioni atte a dimostrare l’infondatezza delle censure mosse alla sentenza impugnata dal ricorrente; e in mancanza di tale atto, essa non può presentare memoria ma solamente partecipare alla discussione orale (Cass. 20 aprile 2012, n. 6222; Cass. 11 giugno 2004, n. 11160). Dall’inammissibilità del controricorso consegue quella coerente del ricorso incidentale in esso contenuto, ai sensi dell’art. 371 c.p.c., comma 1.

Dalle superiori argomentazioni discende allora l’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e l’inammissibilità degli altri e del ricorso incidentale, con la cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara inammissibili il secondo e il terzo e il ricorso incidentale; assorbito il quarto motivo del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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