Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24796 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 05/11/2020), n.24796

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26679-2018 proposto da:

E.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BALDASSARRE

CASTIGLIONE 55, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO VOGLINO,

rappresentata e difesa dall’avvocato FABIO BENINCASA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1504/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/ 10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Napoli, con sentenza n. 16130/16, sez. 13, rigettava il ricorso proposto da E.V. avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) per Irpef 2009.

Avverso detta decisione la contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Campania che, con sentenza 1504/3/2018, rigettava l’impugnazione confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente sulla base di tre motivi.

L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la contribuente deduce la nullità della sentenza per omessa motivazione in ordine alla documentazione probatoria prodotta in giudizio ed al fatto che erano stati indicati ed allegati nella fase di merito la fattura di vendita attestante il pagamento della Ferrari da parte del padre e gli assegni e che essa era all’epoca una studentessa.

Con il secondo motivo lamenta l’omessa pronuncia sul motivo con cui veniva dedotto che l’auto acquistata era stata pagata dal padre della contribuente.

Con il terzo motivo lamenta che erroneamente la sentenza ha imputato il reddito accertato ad un solo anno mentre lo stesso doveva essere imputato a più annualità.

I primi due motivi, tra loro connessi, possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi si rivelano inammissibili.

Gli stessi risultano infatti del tutto privi di autosufficienza poichè la ricorrente avrebbe dovuto riportare nel ricorso stesso il brano del ricorso introduttivo ove aveva indicato la fattura di vendita e gli assegni dati in pagamento e riportare altresì le copie di detti documenti che assume avere allegato nel giudizio di primo grado.

A tale proposito questa Corte ha già avuto occasione di affermare che è inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte. (Cass. 17049/15; Cass. 14561/12).

Anche recentemente è stato ribadito che i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso. (da ultimo Cass. 29093/18).

Si aggiunge comunque, ancorchè superfluamente, che la sentenza impugnata non ha omesso alcuna motivazione in ordine alle circostanze indicate dalla ricorrente.

Ha infatti argomentato che all’epoca la contribuente viveva sola in un appartamento in locazione ed aveva aperto una partita Iva per commercio al dettaglio di confezioni per adulti. Inoltre ha affermato che nulla era stato provato in ordine al pagamento delle autovetture e che nulla era stato allegato in ordine alla capacità patrimoniale del padre ed alle sue fonti di reddito.

Il terzo motivo è anch’esso inammissibile.

La ricorrente non riporta nel ricorso di avere dedotto che con i motivi di appello aveva avanzato la doglianza che il reddito accertato avrebbe dovuto essere ripartito tra più annualità.

Da ciò consegue che non facendo riferimento la sentenza impugnata a siffatta circostanza, la censura deve ritenersi nuova e pertanto inammissibilmente proposta in questa sede di legittimità.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 15,000,00 oltre spese prenotate a debito. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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