Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24795 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 05/11/2020), n.24795

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25425-2018 proposto da:

COMUNE di FIANO ROMANO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E. GIANTURCO, 1, presso lo

studio LTPARTNERS STUDIO LEGALE E TRIBUTARIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato DOMENICO APICE;

– ricorrente –

contro

HOUSE MANAGEMENT SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6186/15/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 24/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 5172/16, sez. 59, rigettava il ricorso proposto dalla House Management srl avverso l’avviso di accertamento prot. 25874 del 4.10.12 per ICI 2009

Avverso detta decisione la contribuente proponeva appello innanzi alla CTR Lazio che, con sentenza 6186/15/2017, accoglieva l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il Comune di Fiano Romano sulla base di due motivi illustrati con memoria.

La contribuente non ha resistito con controricorso.

La causa è stata discussa in camera di consiglio in data 24.10.19 e rimessa sul ruolo con ordinanza in pari data per l’acquisizione del fascicolo d’ufficio. Effettuato il predetto adempimento, la causa è stata discussa in data odierna ai sensi dell’art. 380 c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il Comune ricorrente deduce la nullità della sentenza di appello in quanto l’atto di appello non è mai stato notificato ad esso Comune.

Con il secondo motivo deduce la violazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, in quanto deve ritenersi che la rendita attribuita sarebbe applicabile anche ai periodi d’imposta antecedenti la data della notifica.

Il primo motivo è fondato.

La Corte, a seguito della verifica degli atti del fascicolo di merito (nel caso di specie consentita in quanto inerente all’accertamento di una questione di carattere processuale) ha rilevato che l’unico documento riferito alla notifica dell’appello che si rinviene in atti è la ricevuta dell’accettazione della raccomandata postale recante la data del 10.10.16 indirizzata al comune di Fiano Romano.

Non si rinviene in atti alcun avviso di ricevimento dell’atto.

Va aggiunto che nel giudizio di primo grado, come risulta dalla sentenza in atti, il Comune era difeso dal Dott. Lizzani Stefano a cui doveva essere notificato l’atto di appello, ma nessuna notifica del predetto atto al predetto difensore risulta nel fascicolo d’ufficio.

Alla luce di detto accertamento di fatto deve concludersi per la nullità della notifica dell’atto di appello in quanto non effettuata al difensore del Comune e perchè comunque non risulta neppure il perfezionamento della notifica al Comune stesso in quanto manca in atti l’avviso di ricevimento.

Come ripetutamente affermato da questa Corte, è nulla la notifica della sentenza effettuata ad un ente pubblico locale, parte in causa, in persona del legale rappresentante e presso la sede, ove l’organo è domiciliato per la carica, in assenza di qualunque richiamo al procuratore dell’ente, anch’egli domiciliato presso la sede dell’ente, in quanto la sola identità di domiciliazione non assicura che la sentenza giunga a conoscenza della parte tramite il suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a vagliare l’opportunità dell’impugnazione (tra le varie, Sez. 1 -, Sentenza n. 21746 del 27/10/2016; Sez. 1, Sentenza n. 9843 del 07/05/2014; Sez. 3, Sentenza n. 9431 del 11/06/2012.).

Il Comune nel caso di specie è rimasto contumace nel giudizio di secondo grado onde nessuna sanatoria della mancata notifica si è verificata.

Accertato ciò, il problema che si pone riguarda la circostanza che il ricorso per cassazione del Comune è stato tardivamente proposto in quanto la sentenza di secondo grado è stata depositata il 24.10.17 mente il ricorso è stato inoltrato per la notifica l’1/8/18.

A tale proposito il Comune deduce che, in ragione della mancata notifica dell’appello, non aveva avuto conoscenza della pendenza di esso e di averne avuto contezza della sua effettuazione solo in data 20.7.18 quando il difensore si era recato a chiedere alla Commissione provinciale l’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado e si era visto addurre la circostanza che la detta sentenza era stata appellata.

In presenza di siffatte circostanze questa Corte ha ripetutamente avuto occasione di affermare che in tema di impugnazioni, il contumace può interporre gravame avverso la sentenza che lo abbia visto soccombente dopo la scadenza del termine annuale dalla sua pubblicazione, a condizione che egli dia la prova sia della nullità della citazione o della relativa notificazione (nonchè della notificazione degli atti di cui all’art. 292 c.p.c.) sia della non conoscenza del processo a causa di detta nullità. Il medesimo contumace ha, quindi, l’onere di dimostrare l’esistenza di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di anteriore conoscenza o la presa di conoscenza del processo in una certa data e tale prova può essere fornita anche mediante presunzioni, senza che, però, possa delinearsi, come effetto della presunzione semplice di mancata conoscenza del processo, l’inversione dell’onere della prova nei confronti di chi eccepisce la decadenza dall’impugnazione. (Cass. 8/2019; Cass. 2817/09; Cass. 18243/08).

Nel caso di specie deve ritenersi che il Comune ha fornito la prova della mancata conoscenza della pendenza del giudizio di appello avendo prodotto nel presente giudizio (all. 4) attestazione rilasciata dalla Commissione provinciale di richiesta in data 20.7.2018 di copia della sentenza di primo grado con indicazione del passaggio in giudicato recante in calce il provvedimento della Commissione di non rilasciabilità dell’attestazione in quanto la sentenza era stata appellata con RGA 8270/16.

Il ricorso deve quindi ritenersi ammissibile ancorchè fuori termine.

Ciò posto il motivo merita accoglimento poichè la mancata notifica dell’atto di appello al difensore del Comune e altresì la mancata prova della avvenuta notifica a quest’ultimo, non costituitosi in giudizio, ha determinato la violazione del contraddittorio con conseguente nullità della sentenza di secondo grado.

Questa Corte ha in ripetute occasioni affermato allorchè la Corte di cassazione sia investita – attraverso ricorso ad essa presentato della inesistenza della notifica e delle conseguenti nullità dell’atto introduttivo del giudizio di appello, nonchè della sentenza emessa all’esito del medesimo, quest’ultima deve essere annullata senza rinvio, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 cit., art. 62, comma 2 e dell’art. 382 c.p.c., comma 3, secondo periodo, e ciò in quanto il processo non avrebbe potuto essere proseguito in grado di appello ed i giudici avrebbero dovuto dichiarare inammissibile il gravame, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1 (Cass. 24245/11; Cass. 20672/15; Cass. 10322/19).

Il primo motivo del ricorso va quindi accolto, restando assorbito il secondo.

La sentenza impugnata va conseguentemente cassata senza rinvio dovendosi dichiarare inammissibile l’appello. Segue alla soccombenza la condanna della contribuente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

Si dispone la compensazione delle spese per il giudizio di primo grado stante la peculiarità delle questioni.

PQM

Accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e dichiara inammissibile l’appello; condanna la contribuente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio liquidate in Euro 3500,00 oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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