Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24794 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. VI, 05/11/2020, (ud. 08/10/2020, dep. 05/11/2020), n.24794

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15767-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANNELLA, che

lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6515/3/017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 13/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. RAGONESI

VITTORIO.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 12483/16, sez. 53, accoglieva il ricorso proposto da B.G. avverso l’avviso di accertamento (OMISSIS) con cui si era rettificato, ai sensi della L. n. 211 del 2004, art. 1, comma 335, il classamento dell’immobile sito in Roma (OMISSIS), microzona 1 centro storico” con l’attribuzione di una maggiore rendita catastale.

Avverso detta decisione l’Agenzia delle Entrate proponeva appello innanzi alla CTR Lazio che, con sentenza 6515/2017, lo dichiarava inammissibile per tardività.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di un motivo.

Il B. ha resistito con controricorso illustrato con memoria.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’Ufficio deduce la tempestività del proprio appello.

Il motivo è fondato.

La sentenza impugnata ha affermato che il termine per impugnare scadeva il 27.12.16 e che invece l’impugnazione era stata notificata l’11.1.17.

Tale accertamento risulta erroneo.

L’Ufficio ha infatti inserito nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza, copia della distinta di spedizione rilasciata dalle Poste italiane ove risulta che la raccomandata destinata al B., era stata presentata all’Ufficio postale in data 27.12.16 e, quindi tempestivamente dovendosi, come è noto, considerare ai fini della tempestività del ricorso la data di spedizione e tenere conto che il 24 dicembre 2016 era sabato ed il 25 ed il 26 dicembre le festività di Natale e Santo Stefano onde il termine veniva a scadere il 27 dicembre.

A tale proposito è appena il caso di ricordare che la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto occasione di chiarire che nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., è validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datario delle Poste, non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne la consegna all’ufficio postale” (Cass. n. 22878 del 2017; v. anche Cass. n. 24568 del 2014 e n. 7312 del 2016).

A ciò deve aggiungersi che la veridicità dell’apposizione della data mediante il timbro postale a calendario è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, poichè si riferisce all’attestazione di attività compiute dal pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni in relazioni alla ricezione (Cass. pen., 14.4.1994 – Cass. pen. 1996, 93, s.m.). Infatti, riguardo al timbro postale mancante di firma si ritiene che si ha atto pubblico in senso tecnico giuridico pur in difetto di sottoscrizione dell’atto stesso, esistendo la possibilità d’identificarne la provenienza e non richiedendone la legge la sottoscrizione ad substantiam (Cass. pen.,10.1. 1989 – Cass. pen. 1991, I, 418, s.m.; conf. 1.3.1985 -Cass. pen. 1986, 1083, s.m.; 27.5.1982 – Cass. pen. 1983, 1980, s.m.; v. sull’accettazione del plico Cass. pen., 27.1.1987 – Cass. pen. 1988, 826, s.m.)” (Cass., Sez. U., n. 13452 del 2017).

Il ricorrente ha sollevato questione di legittimità costituzionale della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, deducendo che il procedimento di revisione parziale di classamento previsto dal predetto articolo non può che essere disciplinato da regole conformi da quelle dettate ai fini della revisione del classamento da parte del D.P.R. n. 138 del 1988, in particolare sostiene che un accertamento generalizzato di una inidoneità dei valori medi di una microzona non può comportare l’adeguamento automatico dei valori catastali delle singole unità immobiliari dovendo queste essere comunque sottoposte ad una specifica valutazione

individuale.

La questione è manifestamente infondata.

Su di essa si è già pronunciata la Corte Costituzionale che ha convalidato la legittimità del peculiare strumento introdotto con la legge finanziaria 2005, in quanto esente da profili d’irragionevolezza sottolineando peraltro che l’obbligo di motivazione in tali fattispecie, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa, in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento (Corte Cost. 249/17).

Alla luce di questo principio questa Corte si è soffermata sulla questione su quale debba essere il contenuto motivazionale minimo necessario per rendere adeguato a parametri di tutela del contribuente e di trasparenza amministrativa la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali ribadendo il principio consolidato secondo cui è necessaria una rigorosa – e cioè completa, specifica e razionale – motivazione dell’atto di riclassamento.

In particolare, quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non può consistere nella mera evoluzione del mercato immobiliare, ma deve essere accertata la variazione di valore degli immobili presenti nella microzona (Cass. 22671/2019; Cass. 27180/2019).

Ne consegue la necessità che nell’avviso di accertamento siano precisate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario, non essendo sufficiente il richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura di riclassamento. L’amministrazione comunale è tenuta, peraltro, ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione, risultando inidonei i richiami ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 3156/2015).

E’ stato altresì affermato che nella procedura di revisione di classamento si debba tener conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente sulla qualificazione della stessa (Cass. n. 10403/2019).

Con specifico riferimento al riclassamento di unità immobiliari site nel Comune di Roma, questa Corte ha statuito che il provvedimento di riclassamento, atteso il carattere diffuso dell’operazione, deve essere adeguatamente motivato in ordine agli elementi (da individuarsi tra quelli indicati nel D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato e della singola unità immobiliare) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento della singola unità immobiliare, affinchè il contribuente sia posto in condizione di conoscere “ex ante” le ragioni che ne giustificano in concreto l’emanazione (Cass. Sez. 5 n. 23051/2019; Cass. n. 9770 del 08/04/2019).

In definitiva, il contribuente, assoggettato all’iniziativa dell’ente, rivolta a modificare un quadro già stabilizzato di definizione della capacità contributiva, deve essere posto in condizione di poter compiutamente controllare e se del caso contestare – sul piano giuridico oltre che sul piano fattuale – la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della revisione del classamento di cui alla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

In tale contesto questa Corte ha altresì precisato che la motivazione della sentenza impugnata deve anche dare conto della incongruità del classamento dell’immobile rispetto a fabbricati similari.

In questa ipotesi l’atto impositivo è tenuto ad indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento, consentendo in tal modo al contribuente il pieno esercizio del diritto di difesa nella successiva fase contenziosa conseguente alla richiesta di verifica dell’effettiva correttezza della riclassificazione. (Cass. 25037/17). In particolare, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare (Cass. n. 27180/2019; n. 22671/2019; n. 23051/2019).

La norma in questione deve quindi ritenersi alla luce della sentenza della Corte Costituzionale e dei principi applicativi affermati da questa Corte conforme al dettato costituzionale.

In conclusione il ricorso va accolto nei termini di cui sopra, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR Lazio per nuovo giudizio e per la liquidazione delle spese del presente grado.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese della presente fase.

Così deciso in Roma, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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