Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24791 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. II, 05/11/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20321 – 2019 R.G. proposto da:

E.F.E., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato,

con indicazione dell’indirizzo p.e.c., in (OMISSIS), presso lo

studio dell’avvocato Giuseppe Lufrano che lo rappresenta e difende

in virtù di procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3044/2018 della Corte d’Appello di Ancona;

udita la relazione nella camera di consiglio del 3 luglio 2020 del

consigliere Dott. Abete Luigi.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. F.E.E., cittadino della Nigeria, originario dell’Edo State, formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che nel 2013 la sorella era stata stuprata dal figlio del capo della comunità in cui viveva; che nel corso di uno scontro fisico da lui avuto con lo stupratore, costui era rimasto ucciso; che, tratto in arresto, il locale ispettore di polizia, incapace di assicurargli la dovuta protezione, gli aveva suggerito di darsi alla fuga, onde sottrarsi alle ritorsioni dei familiari della vittima; che aveva dunque abbandonato la Nigeria e raggiunto l’Italia.

2. La Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Ancona rigettava l’istanza.

3. Con ordinanza del 17.2.2018 il Tribunale di Ancona respingeva il ricorso con cui F.E.E., avverso il provvedimento della commissione territoriale, aveva chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato, in subordine il riconoscimento della protezione sussidiaria, in ulteriore subordine il riconoscimento della protezione umanitaria.

4. F.E.E. proponeva appello.

Resisteva il Ministero dell’Interno.

5. Con sentenza n. 3044/2018 la Corte di Ancona rigettava il gravame.

6. Avverso tale decreto ha proposto ricorso F.E.E.; ne ha chiesto sulla base di tre motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente, ai soli fini della partecipazione all’eventuale udienza pubblica.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la radicale carenza di motivazione.

Deduce che la corte territoriale non ha esplicitato le ragioni dell’affermata inattendibilità delle sue dichiarazioni; che al riguardo la corte ha utilizzato mere clausole di stile.

8. Il primo motivo di ricorso è destituito di fondamento.

9. Non si giustifica la denuncia di “radicale carenza dell’apparato motivazionale” (così ricorso, pag. 3): la corte distrettuale ha motivato.

Più esattamente, al di là della ritenuta scarsa verosimiglianza della vicenda, la corte di merito ha puntualizzato che trattasi comunque di vicenda di natura personale, tale da non giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato.

10. Vero è certo che i c.d. soggetti non statuali possono considerarsi responsabili della persecuzione o del danno grave, ove lo Stato, i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio, comprese le organizzazioni internazionali, non possano o non vogliano fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (cfr. Cass. (ord.) 1.4.2019, n. 9043).

11. E nondimeno, benchè abbia riferito – in relazione al danno grave del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ex lett. a), – che l’ispettore della locale polizia gli aveva prospettato di non essere in grado di aiutarlo, il ricorrente, a rigore, neppure ha allegato che le strutture di polizia e giurisdizionali nigeriane operanti nella regione dell’Edo State sono inefficienti ed inadeguate, sì da non assicurare ai cittadini idonea protezione.

12. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14; l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio.

Deduce che, con riferimento all’addotto pericolo di danno grave derivante dalla situazione di violenza indiscriminata esistente in Nigeria, la corte anconetana non ha provveduto, così come avrebbe dovuto, in esplicazione dei suoi poteri istruttori officiosi, ad acquisire informazioni aggiornate in ordine alla situazione del suo paese d’origine, sì da correlarle alle sue dichiarazioni.

Deduce segnatamente che dal rapporto “EASO” datato novembre 2018 si evince che la violenza diffusa ed indiscriminata coinvolge l’intero territorio nigeriano, che le attività criminali del gruppo terroristico “(OMISSIS)” si protraggono tuttora, che l’Edo State, di cui è originario, è tra gli Stati più violenti della delta del Niger.

13. Il secondo motivo di ricorso è fondato e meritevole di accoglimento; il suo buon esito assorbe e rende vana la disamina del terzo, concernente (cfr. ricorso, pag. 7) la protezione umanitaria (ab origine invocata in via subordinata: cfr. ricorso, pag. 2).

14. Questa Corte spiega che, nei giudizi di protezione internazionale, a fronte del dovere del richiedente di allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, la valutazione delle condizioni socio-politiche del paese d’origine del richiedente deve avvenire, mediante integrazione istruttoria officiosa, tramite l’apprezzamento di tutte le informazioni, generali e specifiche, di cui si dispone pertinenti al caso, aggiornate al momento dell’adozione della decisione; il giudice del merito non può, pertanto, limitarsi a valutazioni solo generiche ovvero omettere di individuare le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte, potendo in tale ipotesi la pronuncia, ove impugnata, incorrere nel vizio di motivazione apparente (cfr. Cass. (ord.) 20.5.2020, n. 9230; Cass. (ord.) 22.5.2019, n. 13897).

15. Su tale scorta si rappresenta che la corte d’appello si è limitata ad affermare, sic et simpliciter, che “la situazione generale, nel sud della Nigeria, luogo di provenienza del ricorrente, seppur minacciata da episodi di terrorismo, non risulta comunque critica quanto nel nord dello Stato” (così sentenza impugnata, pag. 4), senza tuttavia indicazione alcuna delle fonti da cui ha desunto siffatto convincimento.

Nè, al contempo, può soccorrere il riferimento che la corte distrettuale ha, in via del tutto generica, senza alcuna ulteriore indicazione, operato alle fonti richiamate dalla commissione territoriale e dal tribunale (cfr. sentenza impugnata, pag. 4).

16. Sussiste quindi il denunciato error in procedendo, sub specie, in parte qua, di motivazione apparente.

Del resto il vizio di motivazione apparente ricorre allorchè il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16762; Cass. 24.2.1995, n. 2114).

17. In accoglimento del secondo motivo di ricorso la sentenza n. 3044/2018 della Corte d’Appello di Ancona va – nei limiti dell’accolto motivo – cassata con rinvio alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

18. In dipendenza del (parziale) buon esito del ricorso non sussistono i presupposti processuali perchè, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, il ricorrente sia tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del D.P.R. cit., art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte così provvede:

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbita la disamina del terzo;

rigetta il primo motivo di ricorso;

cassa in relazione e nei limiti del motivo accolto la sentenza n. 3044/2018 della Corte d’Appello di Ancona e rinvia alla stessa corte d’appello in diversa composizione anche ai fini della regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della II sez. civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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