Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24791 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. I, 03/10/2019, (ud. 21/05/2019, dep. 03/10/2019), n.24791

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAMPESE Edoardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 20966/2018 proposto da:

P.M.S., elettivamente domiciliata presso l’avv.

Fabiana Screpante la quale la rappres. e difende, con procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

B.S. quale tutore di Pe.Ni.; Pi.St.;

Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Ancona;

– intimati –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ANCONA, depositata il

26/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/05/2019 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

CHE:

Con decreto del 24.11.17, il Tribunale per i minorenni delle Marche dichiarò la decadenza di Pe.St. e P.M.S. dalla responsabilità genitoriale sulla minore Pe.Ni. (nata nel (OMISSIS)), confermando l’affidamento di quest’ultima ai servizi sociali del comune di (OMISSIS) e collocazione in comunità terapeutica dove la madre avrebbe potuto seguirla, argomentando dalle condizioni psicofisiche preoccupanti della M., affetta da patologia psichiatrica (assistita da amministratore di sostegno), nonchè dall’inadeguatezza della madre, emersa negli incontri con la figlia, e del padre, persona dalle scarse capacità lessicali e culturali, con strutturazione nevrotica e deficit di attenzione.

Tale provvedimento fu impugnato da entrambi i ricorrenti e la Corte d’appello di Ancona, con decreto del 26.4.18, respinse il reclamo osservando che: il giudice di primo grado aveva correttamente evidenziato che la M., in cura al DSM per la patologia psichiatrica, presentava una genitorialità che si concretizzava in atteggiamenti accuditivi primari senza cogliere le esigenze profonde della figlia e che il padre, non ostante l’affetto per la figlia, non riusciva a svolgere le principali funzioni genitoriali, essendo stato peraltro ricoverato in struttura psichiatrica dopo un incontro con la figlia il (OMISSIS); le suddette valutazioni escludevano la prognosi di un adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con le esigenze di cura e tutela della minore; nel corso dei due gradi del giudizio non erano stati rilevati, dunque, sensibili miglioramenti della condizione dei genitori che peraltro hanno cercato di fornire il loro apporto affettivo e di cura alla figlia; non era accoglibile l’istanza rappresentata attraverso una c.t.p., in ordine al rientro in famiglia della minore sostenuto da famiglie di supporto, non essendo stati indicati specifici elementi in base ai quali ipotizzare il superamento della rilevata incapacità dei genitori in tempi compatibili con le esigenze della minore.

La P.M. ricorre in cassazione formulando due motivi.

Non si sono costituiti gli intimati.

Diritto

RITENUTO

CHE:

Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione dell’art. 330 c.c., in quanto il provvedimento impugnato non era stato fondato sull’accertamento di una condotta dei genitori della minore causativa di un pregiudizio per la stessa minore, ma solo sulla patologia della madre, fatto di per sè non suscettibile di violare l’art. 330 c.c.

Con il secondo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione degli artt. 330-333 c.c., in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, non avendo la Corte d’appello motivato sulla richiesta di graduazione delle misure meno gravi da applicare a tutela della minore, di cui all’art. 333 c.c.

I due motivi, esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi, sono infondati.

La Corte d’appello ha motivato la decadenza dalla responsabilità genitoriale della ricorrente muovendo dalle relazioni dei servizi sociali dalle quali si desumeva la sua inadeguatezza ad esercitare adeguatamente le capacità genitoriali per soddisfare gli interessi della minore, in quanto la P., affetta da psicosi schizoaffettiva in disturbo della personalità, e perciò assistita da amministratore di sostegno, evidenziava una genitorialità consistente in atteggiamenti accuditivi primari, senza riuscire a cogliere le esigenze più profonde della figlia.

Non è dunque corretto affermare che la condotta della ricorrente non sia pregiudizievole per la figlia, in mancanza di specifiche condotte dannose, dato che proprio la rilevata patologia costituisce una situazione di criticità per la minore, foriera di fatti concretamente pregiudizievoli, considerata anche la tenera età che impone certo una rafforzata tutela ed una più severa valutazione della fattispecie.

Al riguardo, è stato affermato che il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine comporta che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità sia praticabile solo come “soluzione estrema”, quando, cioè, ogni altro rimedio appaia inadeguato con l’esigenza dell’acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l’esigenza del minore stesso; qualora però, a prescindere dagli intendimenti dei genitori e dei parenti, la vita da loro offerta a quest’ultimo risulti inadatta al suo normale sviluppo psico-fisico, ricorre la situazione di abbandono ai sensi della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 8 e la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio (Cass., n. 881/2015).

Pertanto, la pronuncia impugnata ha correttamente applicato la legge, ritenendo che le situazioni un cui versano i genitori determinano un pregiudizio per la minore poichè evidenziano carenze che non appaiono sanabili in tempi compatibili con le esigenze evolutive della bambina.

Parimenti infondata è la doglianza afferente alla mancata valutazione della possibilità di adottare misure meno gravi della decadenza dalla responsabilità genitoriale, ex art. 333 c.c., considerando altresì che la minore era già stata collocata in comunità ove avvenivano gli incontri con i genitori nell’ambito di un percorso che, dunque, ha tenuto conto del diritto dei genitori di recuperare appieno le proprie capacità genitoriali.

Pertanto, sebbene la Corte d’appello non abbia espressamente indicato le ragioni dell’esclusione della suddetta possibilità applicativa di misure meno gravi, è evidente che la pronuncia impugnata di decadenza dalla responsabilità genitoriale sia stata di fatto considerata dal giudicante quale extrema ratio, escludente perciò la sussistenza dei presupposti per una misura diversa.

Il decreto impugnato ha dunque fatto corretta applicazione del consolidato orientamento secondo cui il prioritario diritto dei minori a crescere nell’ambito della loro famiglia di origine non esclude la pronuncia della dichiarazione di adottabilità quando, nonostante l’impegno profuso dal genitore per superare le proprie difficoltà personali e genitoriali, permanga tuttavia la sua incapacità di elaborare un progetto di vita credibile per i figli, e non risulti possibile prevedere con certezza l’adeguato recupero delle capacità genitoriali in tempi compatibili con l’esigenza dei minori di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica (Cass., n. 16357/18).

Invero, può dirsi in definitiva che il ricorso si muove all’interno di una valutazione di merito che si scontra con una motivazione della Corte di appello che nel complesso è ben plausibile anche perchè viene messo in rilievo il carattere comunque revocabile della decadenza.

Nulla per le spese, data la mancata costituzione degli intimati.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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