Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2479 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 04/02/2020), n.2479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, via F.

Confalonieri n. 5, presso lo studio dell’Avv. Luigi Manzi che lo

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’Avv. Cesare

Glendi, per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 76/26/11 della Commissione

tributaria regionale del Piemonte, depositata il 13.10.2011 e

notificata il 6.12.2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

3.12.2019 dal Consigliere Roberta Crucitti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Rita Sanlorenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avv. Gianluca Calderera per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A seguito di impugnazione da parte di B.M., titolare dell’impresa edile geom. B.M., di avviso di accertamento relativo a IVA, IRPEF e IRAP dell’anno di imposta 2003, la Commissione tributaria di prima istanza annullò l’atto impugnato, ritenendone inesistente la notificazione perchè effettuata da Agente di polizia municipale.

La decisione, appellata dall’Agenzia delle Entrate, è stata integralmente riformata dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.) la quale, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettate le eccezioni preliminari sollevate dal contribuente, ha ritenuto, nel merito, fondata la pretesa impositiva.

In particolare, il Giudice di appello – rilevato che, come comprovato dall’Ufficio, la notificazione dell’avviso impugnato era stata effettuata da soggetto provvisto di tali poteri, per essere stato nominato Messo notificatore- nel merito, rilevava che, correttamente, l’Agenzia delle entrate aveva ritenuto, sulla base di idonea documentazione, che i lavori di appalto svolti dal contribuente in favore dell’A.I.A.S. fossero stati accettati dalla committente nell’anno 2003.

Per la cassazione della sentenza il contribuente ha proposto ricorso fondato su due motivi.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria, ex art. 378 c.p.c., con la quale, tra l’altro, si eccepisce la tardività del controricorso e si invoca, in subordine, l’applicazione dello ius superveniens in materia di sanzioni (D.Lgs. n. 158 del 2015).

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità, per tardività, del controricorso, siccome proposto oltre i termini di cui all’art. 370 c.p.c..

2. Con il primo motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione di plurime disposizioni di legge in cui sarebbe incorsa la C.T.R. nel ritenere l’avviso di accertamento impugnato ritualmente notificato, malgrado il soggetto notificatore non fosse un messo comunale ma un agente di polizia municipale, nominato messo notificatore.

2.1 In particolare, secondo la prospettazione difensiva, l’agente di polizia municipale, al quale vengono attribuiti poteri di notificazione non può ritenersi equiparabile al “messo comunale” di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1, lett. a). Inoltre, sempre secondo il ricorrente, la C.T.R. nel ritenere che, anche in caso di irregolarità della notificazione, la stessa sarebbe stata sanata per il raggiungimento dello scopo avrebbe pronunciato, malgrado sul punto si fosse formato il giudicato, in quanto la dichiarazione di inesistenza della notificazione, pronunciata dal primo giudice non aveva formato oggetto di impugnazione specifica da parte dell’Agenzia delle Entrate.

2.2. Va rilevata, da subito l’infondatezza del dedotto vizio di extrapetita ovvero di pronuncia, malgrado la dedotta esistenza di giudicato interno. L’argomentare della C.T.R., laddove afferma che l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nell’investire la pronuncia del primo Giudice (che aveva dichiarato il soggetto notificatore privo dei necessari poteri) attingesse anche la declaratoria, conseguentemente resa, di inesistenza della notificazione è, infatti, corretto logicamente e giuridicamente e, come tale, rimane esente da censura.

2.3 Per il resto la censura è infondata. Ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita…a) dai messi comunali ovvero da messi speciali autorizzati dall’Ufficio”.

In punto di fatto, è pacifico, tra le parti, che l’avviso di accertamento, oggetto di controversia, venne notificato al contribuente a opera di soggetto, tale B.F., agente di polizia Municipale, nominato con deliberazione della Giunta comunale, “Messo notificatore” e che, sulla base di tale presupposto di fatto, la C.T.R. ha ritenuto che tale soggetto fosse provvisto dei poteri per notificare gli atti impositivi, quale l’avviso di accertamento in esame.

La figura del messo notificatore, distinto dal messo comunale, è stata introdotta dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, in epoca di molto successiva a quella (dicembre 1998) in cui venne cosi nominato, con delib. della Giunta Municipale del Comune di Alessandria, l’Agente di polizia municipale, B.F.. Rimane, quindi, estranea, al caso in esame, la questione relativa alla differenza di poteri notificatori (in relazione agli atti oggetto di notificazione) eventualmente riscontrabile in capo alle due figure di messo comunale e messo notificatore.

Al contrario, appare rispondente all’assetto normativo, vigente ratione temporis, l’accertamento in fatto, compiuto dal Giudice di appello, in ordine alla circostanza che, nel caso in esame, il soggetto notificatore, fosse stato ritualmente investito del potere notificatorio per gli atti impositivi, siccome tale qualifica gli venne attribuita con deliberazione della Giunta municipale, ovvero, come rilevato dallo stesso contribuente in ricorso, dal soggetto che lo Statuto del Comune di Alessandria prevedeva come, a tal fine, legittimato.

2.4 In ogni caso la questione perde di rilevanza, nel caso in specie, per l’assorbente correttezza della seconda ratio, su cui si fonda la decisione impugnata, ovvero l’avvenuta sanatoria dell’eventuale nullità della notificazione.

Infatti, per la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le altre, di recente, Cass. Ordinanza n. 21071 del 24/08/2018) “in tema di atti d’imposizione tributaria, la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa d’efficacia, sicchè la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente, entro il termine di decadenza concesso per l’esercizio del potere all’Amministrazione finanziaria, su cui grava il relativo onere probatorio. (in senso conforme Cass..n 8374 del 2015; n. 2203 del 2018)”.

Ne consegue che, anche qualora si volesse ritenere la notificazione inesistente perchè effettuata da soggetto privo di potere, ciò non comporterebbe, come correttamente argomentato dalla C.T.R., l’invalidità dell’atto per essere stato lo stesso, come pienamente conosciuto dal contribuente e per avere, quindi, l’atto raggiunto il suo scopo.

3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 2, lett. b) e di ulteriori disposizioni di legge, nonchè, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata.

In particolare, secondo il ricorrente, il Giudice di appello avrebbe errato nel ritenere, con motivazione, peraltro, illogica, che i corrispettivi derivanti dal contratto di appalto, avrebbero dovuto essere imputati all’anno 2003, data di ultimazione dei lavori, allorquando secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità nel contratto di appalto deve aversi riguardo, sia ai fini delle imposte dirette che ai fini dell’Iva, al momento in cui le opere vengono accettate dall’appaltatore.

3.1 In materia, la giurisprudenza di questa Corte (v., tra le altre, di recente, Cass. n. 32958 del 20/12/2018) è ferma nel ritenere che “in virtù del principio di competenza nell’imputazione temporale dei componenti di reddito, avente carattere inderogabile, con riferimento ai contratti di appalto, concorrono alla formazione del reddito d’impresa, in un periodo determinato, esclusivamente i ricavi per i corrispettivi dei lavori ultimati, ossia per i quali sia intervenuta l’accettazione del committente, derivante dalla positiva esecuzione del collaudo o conseguente all’espressione, per “facta concludentia”, di una volontà incompatibile con la mancata accettazione, secondo quanto stabilito nell’art. 1665 c.c., comma 2 e 3″.

3.2 Nel caso in esame, la C.T.R., pur, enunciando di conformarsi a tale principio di diritto, non lo ha, poi, correttamente applicato al caso in esame.

3.3 Il Giudice di appello, infatti, nell’individuazione del momento in cui si potesse accertare la manifestazione implicita della volontà dell’accettazione dei lavori da parte della committente, ha, comunque, fatto – acriticamente e, per altro verso, anche illogicamente – alla mera (e, pertanto, neutra) indicazione della data di ultimazione dei lavori, come riportata dall’AIAS in seno alla comunicazione, inviata nell’aprile 2004, al fine dell’ottenimento del certificato di agibilità – usabilità.

4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il secondo motivo di ricorso va, pertanto, accolto e la sentenza impugnata va, conseguentemente, cassata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio al Giudice di merito il quale, provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e regolerà le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo;

cassa la sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto, e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V sezione Civile, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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