Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24789 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/10/2017, (ud. 13/09/2017, dep.19/10/2017),  n. 24789

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15418/2016 proposto da:

D.D., R.M., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA E. TAZZOLI n. 6, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

CONDEMI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO n. 62,

presso lo studio dell’avvocato VALENTINO FEDELI, che la rappresenta

e difende;

– controricorrente –

e contro

M.C.M., MORELLI ROBERTO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4801/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 15/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 13/09/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA

CIRILLO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. D.D. e R.M. convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Voghera, M.R. e C.M., rispettivamente conducente e proprietario, nonchè la Generali Italia s.p.a., quest’ultima quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, chiedendo che fossero condannati in solido al risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale nel quale il loro figlio R.A., che viaggiava quale trasportato sul mezzo condotto dal M., era rimasto ucciso.

Si costituì in giudizio la sola società di assicurazione, contestando la domanda, mentre rimasero contumaci gli altri due convenuti.

Il Tribunale accolse la domanda, condannò la società di assicurazione al risarcimento dei danni liquidati nella somma complessiva di Euro 424.800 (detratto l’acconto già ricevuto), nonchè al pagamento delle spese di lite, e condannò i M. a rimborsare alla società assicuratrice quanto da essa pagata, trattandosi di veicolo privo di copertura assicurativa.

2. La pronuncia è stata impugnata da parte dei danneggiati e la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 15 dicembre 2015, in parziale accoglimento del gravame, ha liquidato ai genitori l’ulteriore somma di Euro 62.020, condannando la società di assicurazione e i M. al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ai fini che qui interessano rileva che la Corte d’appello, confermando sul punto la decisione del Tribunale, ha riconosciuto un concorso di colpa a carico della vittima, nella misura del trenta per cento, per il mancato uso delle cinture di sicurezza.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Milano ricorrono D.D. e R.M. con unico atto affidato a tre motivi.

Resiste la Generali Italia s.p.a. con controricorso.

M.R. e C.M. non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in Camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c. e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si censura, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 1227,2727 e 2729 c.c., nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio; con il secondo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 e 2054 c.c., nonchè omesso esame di fatti decisivi per il giudizio; con il terzo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.

1.1. I motivi, da trattare congiuntamente in quanto tra loro strettamente connessi, sono, quando non inammissibili, comunque privi di fondamento.

La Corte d’appello, con una ricostruzione in fatto accuratamente motivata, fondata sulle deposizioni dei soggetti che avevano soccorso la vittima e sulla consulenza espletata in sede penale per l’accertamento delle cause della morte, è pervenuta alla conclusioni che le modalità del trauma cranico inducevano a ritenere dimostrato che lo sfortunato R.A. non indossava le cinture di sicurezza nel momento del fatale incidente. La giurisprudenza di questa Corte ha più volte affermato che il mancato uso delle cinture da parte di un trasportato maggiorenne consente di porre a suo carico un concorso di colpa, benchè comunque non tale da escludere la colpa del conducente (sentenze 11 marzo 2004, n. 4993, e 13 maggio 2011, n. 10526).

A fronte di simile ricostruzione – che attiene indubbiamente al merito e che è frutto di una valutazione sulla quale questa Corte non può interferire – la ricorrente insiste nella propria versione dei fatti, sostenendo che il mancato uso delle cinture sarebbe stato affermato senza alcuna prova e in contrasto con le risultanze di causa. E’ evidente che in tal modo il ricorso sollecita un nuovo esame del merito, non consentito nella presente sede di legittimità.

1.2. Quanto alle censure di vizio di motivazione, trattandosi di sentenza pubblicata in data 15 dicembre 2015, deve essere applicato il nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nel testo introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modifiche, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, secondo cui è configurabile il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ne consegue che le doglianze oltrepassano i limiti fissati nella sentenza 7 aprile 2014, n. 8053, delle Sezioni Unite di questa Corte per l’ammissibilità di simile censura.

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, il 13 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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