Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24788 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 15/09/2021), n.24788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38506-2019 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO

TOSCANI, 27, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO MARGANI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO TIFFI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 347/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO, depositata il 09/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1. B.A. proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Venezia avverso l’avviso di accertamento, notificato in data 4/12/2014, con cui l’Agenzia delle Entrate, all’esito di indagini finanziarie aventi ad oggetto versamenti ed accreditamenti su plurimi conti bancari, aveva recuperato a tassazione le maggiori imposte Irpef ed Iva ed irrogato le sanzioni.

2. La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dal contribuente e la Commissione Regionale Tributaria della Veneto rigettava l’appello rilevando che l’accertamento fiscale era fondato su argomenti concettualmente e metodologicamente corretti mentre il contribuente non aveva fornito elementi probatori idonei a giustificazione di alcune delle movimentazioni contestate.

4.Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi ad un motivo. L’Agenzia delle Entrate si è costituita depositando controricorso.

5.Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio. Il contribuente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.Con l’unico motivo di impugnazione B.A. denuncia violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti – per non avere la CTR preso in considerazione la copiosa documentazione atta a dimostrare che le movimentazioni su alcuni conti correnti non erano riconducibili all’attività professionale di avvocato del ricorrente; in particolare si sostiene che alcune operazioni di versamento, dettagliatamente indicate nel ricorso, non erano riferibili ricavi della propria attività professionale in quanto costituivano acconti di un contratto preliminare poi restituiti, donazioni elargite allo B. dalla madre, provviste provenienti da clienti dello studio che il professionista riceveva in deposito e successivamente, almeno in parte, restituiva.

2. Il motivo è inammissibile sotto plurimi profili.

2.1 Va precisato che l’accertamento fiscale prende le mosse da accertamenti bancari su numerosi conti correnti riconducibili al contribuente.

2.2. Questa Corte è ferma nel ritenere che “la presunzione legale “iuris tantum” nascente dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, può essere vinta dal contribuente soltanto se offre la prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle dichiarazioni, o che gli accrediti e gli addebiti registrati sui conti non si riferiscono ad operazioni imponibili, occorrendo all’uopo che vengano indicati e dimostrati dal contribuente la provenienza e la destinazione dei singoli pagamenti con riferimento tanto ai termini soggettivi dei singoli rapporti attivi e passivi, quanto alle diverse cause giustificative degli accrediti e dei prelievi (Cass. n. 26111/2015, Cass. n. 21800/2017). Ne consegue che il contribuente è tenuto a fornire non una prova generica, ma una prova analitica, con indicazione specifica della riferibilità di ogni versamento bancario, in modo da dimostrare come ciascuna delle singole operazioni effettuate sia estranea a fatti imponibili, dovendo poi il giudice verificare in modo rigoroso l’efficacia dimostrativa delle prove fornite a giustificazione di ogni singola movimentazione accertata, rifuggendo da qualsiasi valutazione di irragionevolezza ed inverosimiglianza dei risultati restituiti dal riscontro delle movimentazioni bancarie (cfr. tra le tante Cass. n. 2649/2018, n. 26111/2015, n. 21800/2017.

2.3 E’ pacifico che l’Ufficio abbia circoscritto la rettifica del redditi alle sole operazioni di versamento ed accredito, non tenendo conto dei prelevamenti conformemente, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014 che ha sancito l’incostituzionalità della presunzione in base al quale i prelevamenti dal c/c bancario non giustificati fatti da lavoratori autonomi corrispondono a compensi non dichiarati.

2.4 L’affermazione, contenuta nella memoria del ricorrente, secondo la quale per i lavoratori autonomi, a seguito dell’intervento del Giudice delle Leggi, non trova applicazione la presunzione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, non è in sintonia con l’orientamento prevalente, ormai consolidato, di questa Corte in base al quale “In tema di accertamento, resta invariata la presunzione legale posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l’estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili, essendo venuta meno, all’esito della sentenza della Corte Cost. n. 228 del 2014, l’equiparazione logica tra attività imprenditoriale e professionale limitatamente ai prelevamenti sui conti correnti”. (cfr. tra le tante Cass. n. 6220/2020, n. 28566/2020, n. 6220/2020, n. 22931/2018, n. 16440/2016, n. 19807/2017, n. 5153/2017).

2.5 Venendo all’esame delle argomentazioni difensive svolte da B.A., va precisato che il ricorrente, come si desume dalla rubricazione del motivo e dallo svolgimento delle ragioni, non ha con il ricorso fatto valere il vizio di carenza di motivazione o di motivazione apparente della sentenza ma ha dedotto l’omesso esame da parte della CTR di fatti oggetto di discussione e decisivi ai fini del decidere.

2.6 E’ solo nella memoria difensiva ex art. 380 bis c.p.c., come espressamente riconosciuto dallo stesso contribuente (cfr. pag. 5 dell’atto difensivo), che viene per la prima volta formulata anche la contestazione di nullità della sentenza in quanto non è possibile “individuare il percorso argomentativo della pronuncia giudiziale funzionale alla sua comprensione ed alla sua verifica in sede di impugnazione”.

2.7 La doglianza è all’evidenza inammissibile in quanto tardivamente proposta e, contrariamente a quanto affermato dal contribuente, non è consentito rilevare d’ufficio il vizio di nullità della sentenza perché affetta di omessa e/o apparente motivazione. L’art. 161 c.p.c., comma 1, stabilisce infatti che “la nullità delle sentenze soggette ad appello o a ricorso per Cassazione può essere fatta valere soltanto nei limiti e secondo le regole proprie dei mezzi di impugnazione”.

2.8 Ciò premesso va rilevato che ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., commi 4 e 5, applicabile a norma del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, al caso concreto, in quanto il giudizio di appello è stato introdotto dopo l’11.09.2012, “Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alla questione di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per Cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, comma 1, , nn. 1), 2), 3) e 4). La Disp. di cui al comma 4, si applica, fuori dai casi di cui all’art. 348 bis, comma 2, lett. a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado.”

2.9 Nella fattispecie non è stata fornita dal contribuente la prova che la “doppia conforme” si fondi su differenti ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado.

2.10 Va, inoltre, rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente la CTR, ha esaminato la documentazione prodotta, peraltro riferibile ad un limitato numero di operazioni, ritenendola inconferente o inidonea a provare le asserzioni del ricorrente in quanto priva di data certa.

2.11 Si tratta di attività di valutazione delle prove insindacabile in sede di legittimità non avendo il ricorrente tempestivamente dedotto il vizio di nullità della sentenza per carenza di motivazione.

3 Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

4 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso:

– Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in Euro 7.800 per compensi oltre spese prenotate a debito.

– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

 

 

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