Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24786 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2021, (ud. 14/04/2021, dep. 15/09/2021), n.24786

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38442-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

DEMONT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA VENEZIA 11, presso lo

studio dell’avvocato LIVIA SALVINI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI PANZERA DA EMPOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1051/6/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LIGURIA, depositata il 17/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 14/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

1 La soc. Demont srl impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Genova l’avviso di accertamento, notificato in data 5 marzo 2014, con il quale l’Ufficio, avvalendosi della disciplina del raddoppio dei termini di accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, sulla base del pvc del (OMISSIS), recuperava le maggiori imposte Ires, Irap e Iva per l’anno 2005.

2. La CTP rigettava il ricorso.

3. La sentenza veniva impugnata dalla contribuente e la Commissione Tributaria Regionale della Liguria accoglieva l’appello ritenendo fondata l’eccezione di decadenza dal potere di accertamento in quanto l’avviso era fondato sull’asserita antieconomicità delle operazioni poste in essere dalle parti interessate, condotta non penalmente rilevante, ed in ogni caso l’amministratore delegato della Demont era stato assolto dal reato a lui addebitato.

4 Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a tre motivi; la società si è costituita depositando controricorso.

5 Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio e la contribuente depositava memoria illustrativa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di impugnazione denuncia l’Agenzia delle Entrata la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 56 e 57, e del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; si sostiene che il rilievo dell’antieconomicità delle operazioni è connesso al giudizio di falsità delle fatturazioni per operazioni inesistenti che hanno indotto gli organi inquirenti a proporre nei confronti degli autori di condotte che configuravano ipotesi di reato denuncia penale che ha dato origine al procedimento conclusosi con l’assoluzione.

1.1 Con il secondo motivo viene dedotta omessa motivazione di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; in particolare la sentenza viene criticata per non aver la CTR preso in considerazione lo stretto rapporto, evincibile chiaramente dalla lettura del pvc e delle motivazioni dell’avviso di accertamento, tra la rettifica dei costi deducibili e l’Iva detraibile in virtù della presupposta inesistenza di operazioni conseguenti a sovrafatturazione a dimostrazione della quale sono stati forniti plurimi elementi indiziari.

1.2 Con il terzo motivo l’Ufficio lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, e del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 20, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere l’impugnata sentenza fatto erroneamente dipendere l’operatività della disciplina del raddoppio dei termini dall’esito assolutorio del procedimento penale.

2. Vanno innanzitutto disattese le eccezioni preliminari di inammissibilità sollevate dalla contribuente per avere la ricorrente nei primi due motivi del ricorso censurato valutazioni ed accertamenti di fatto compiuti dalla CTR.

2.1 L’Agenzia delle Entrate ha sottoposto a critica la sentenza impugnata ritenendo che la Corte sia incorsa in una violazione/falsa applicazione delle disposizioni legislative richiamate nel motivo sulla base di una errata valutazione della irrilevanza penale delle condotte oggetto dell’avviso di accertamento impugnato sotto il profilo di una astratta valutazione circa la sussistenza dell’obbligo di denuncia.

2.2 In ogni caso l’Ufficio facendo valere il vizio motivazionale di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, ha denunciato anche l’omesso esame da parte della CTR degli elementi dell’avviso di accertamento concernenti la falsa fatturazione rilevanti per l’insorgenza dell’obbligo di denuncia penale e per la conseguente applicazione del raddoppio dei termini.

3 I motivi, scrutinabili congiuntamente stante la loro intima connessione, sono fondati nei limiti di quanto appresso precisato.

3.1 Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, dapprima oggetto di modifica poi abrogati dalla L. n. 208 del 2015, ma applicabili ratione temporis alla presente controversia, dispongono che “in caso di violazione che comporta l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, i termini di cui ai commi precedenti sono raddoppiati relativamente al periodo di imposta in cui è stata commessa la violazione”.

3.1 La Corte Costituzionale (sentenza n. 247/2011), ha precisato che l’unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell’obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento, sicché “il raddoppio dei termini consegue dal mero riscontro di fatti comportanti l’obbligo di denuncia penale” ed “il giudice tributario dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento”.

3.2 La successiva evoluzione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. tra le tante Cass. n. 16728/2016; n. 26037/2016, n. 11171/2016 n. 11620/2018) ha elaborato i seguenti principi: a) che “non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un nuovo termine di decadenza”, applicabile in ipotesi di sussistenza di seri indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice; b) che tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di estinzione del reato come la prescrizione, né dalla intervenuta archiviazione della denuncia, non rilevando “né l’esercizio dell’azione penale da parte del p.m., ai sensi dell’art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario; c) che per tale ragione il raddoppio dei termini di accertamento non opera con riferimento all’IRAP posto che, “non essendo I’IRAP un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei termini” di accertamento quale applicabile ratione temporis (cfr. Cass. n. 20435/2017; n. 4775/2016 n. 26311/2017, n. 23629/2017).

3.3 Ciò premesso in punto di diritto va rilevato che nel caso di specie la Commissione di secondo grado ha basato il proprio giudizio di esclusione dell’applicabilità del regime del raddoppio dei termine sulla circostanza che l’Ufficio “ha posto a fondamento giuridico della pretesa la supposta antieconomicità delle operazioni poste in essere dalle parti interessate, rilievo questo che non legittima il raddoppio dei termini per l’adozione dell’accertamento, contrariamente a quanto previsto nel caso di fatturazione per operazioni, che impone l’obbligo di denuncia penale, requisito espressamente proprio in tema di raddoppio dei termini”.

3.4 Orbene risulta dall’esame dell’estratto del pvc, riprodotto in ossequio al principio di specificità nel ricorso, che già gli operatori della Guardia di Finanza avevano in modo chiaro ed inequivocabile ipotizzato, oltre ai profili di antieconomicità, condotte riconducibili ai reati di cui al D.Lgs. n. 70 del 2000, artt. 2 e 8, attribuibili a soggetti titolari di imprese individuali o legali rappresentanti delle società, tra le quali la Demont srl coinvolte nelle operazioni di false fatturazioni.

3.5 Lo stesso avviso di accertamento, anch’esso trascritto per estratto nel ricorso, ha poi evidenziato la stretta connessione tra il fatto costitutivo della pretesa fiscale azionata nei confronti della Demont, costituito dall’indeducibilità dei costi per l’esecuzione dei subappalti stipulati con le società CIMI e CO.E.MI e l’antieconomicità dei contratti, e le operazioni di false fatturazioni.

3.6 Risultano, inoltre, nell’avviso ben rimarcati gli indici sintomatici della falsità delle fatturazioni nei rapporti tra Demont srl e le due società sopra citate individuati nell’assenza di una struttura amministrativa della CIMI e della CO.E.MI, nell’utilizzo di meri recapiti, nell’irrisorietà del capitale, nell’assenza di traccia di acquisto del materiale da utilizzare per l’esecuzione dei lavori.

3.7 La CTR ha completamente trascurato di apprezzare tali obiettivi elementi per valutare se al tempo in cui sono state formulate le ipotesi investigative vi fossero serie prospettive idonee a condurre all’accertamento di fatti di reato indicati nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, e nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, tali da giustificare la denuncia penale.

3.8 Ciò avuto riguardo anche alla circostanza, anch’essa completamente obliterata dal giudice di seconde cure ma di rilevante rilievo per la configurazione “prima facie” dell’ipotesi del delitto di false fatturazioni, che i soggetti coinvolti nelle operazioni di sovrafatturazione non solo sono stati denunciati all’autorità giudiziale penale ma nei loro confronti sono state formulate le imputazioni con rinvio a giudizio per il reato previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2.

3.9 Il fatto che l’ing. A.F., amministratore delegato della Demont, sia stato assolto, sia in primo che in secondo grado, in quanto l’ipotesi accusatoria non ha trovato sufficiente conferma nel dibattimento, non rileva, contrariamente a quanto affermato dalla CTR, in quanto come messo in luce dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza “il giudice tributario… dovrà controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di denuncia, compiendo al riguardo una valutazione ora per allora (cosiddetta “prognosi postuma”) circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l’amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto un uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento”.

4 Il ricorso va accolto limitatamente alla ripresa a tassazione ai fini IVA e IRES e rigettato quanto alla ripresa a fini IRAP poiché le violazioni delle relative disposizioni non sono presidiate da sanzioni penali (cfr. Cass. n. 10483/2018 e Cass. n. 4742/2020).

5 La sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla competente CTR per un nuovo esame della questione del raddoppio dei termini e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 14 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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