Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24784 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/10/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 03/10/2019), n.24784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29428-2017 proposto da:

EDILIZIA GIERRE DI G. & CO. SAS IN LIQUIDAZIONE, in

persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA BOEZIO, 14, presso lo studio dell’avvocato ANDREA MARSILI

FELICIANGELI, rappresentata e difesa dall’avvocato WALTER MASSUCCI;

– ricorrente –

contro

MONTEFIORE COSTRUZIONI SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 618/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 24/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Fermo emise un decreto ingiuntivo, dietro ricorso della Edilizia Gierre di G. s.a.s., con il quale ordinò alla Montefiore Costruzioni s.r.l. il pagamento, in favore della controparte, della somma di Euro 55.792,05 per lavori edili asseritamente eseguiti e non pagati.

Avverso il decreto ingiuntivo propose opposizione la Montefiore Costruzioni s.r.l., sostenendo l’inesistenza delle prestazioni di lavoro e la genericità dell’assunto della società creditrice.

Il Tribunale rigettò l’opposizione, confermò il decreto ingiuntivo e condannò l’opponente al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dalla società soccombente e la Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 24 aprile 2017, ha accolto il gravame, ha revocato il decreto ingiuntivo opposto ed ha condannato la parte appellata al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Ancona ricorre l’Edilizia Gierre di G. s.a.s., in liquidazione, con atto affidato ad un solo motivo.

La Montefiore Costruzioni s.r.l. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Rileva il Collegio che il ricorso è improcedibile.

Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza 24 settembre 2018, n. 22438, hanno enunciato, tra l’altro, il principio di diritto secondo cui il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo PEC, senza attestazione di conformità del difensore ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, commi 1-bis e 1-ter, o con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non ne comporta l’improcedibilità ove il controricorrente (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica del ricorso ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 2. Viceversa, ove il destinatario della notificazione a mezzo PEC del ricorso nativo digitale rimanga solo intimato (così come nel caso in cui non tutti i destinatari della notifica depositino controricorso) ovvero disconosca la conformità all’originale della copia analogica non autenticata del ricorso tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio.

A tale precedente il Collegio intende dare continuità.

Nella specie, la società ricorrente ha depositato il proprio ricorso, notificato alla controparte a mezzo PEC, senza la necessaria asseverazione; e poichè la controparte è rimasta intimata, la ricorrente avrebbe potuto procedere al deposito dell’asseverazione fino alla data dell’adunanza in camera di consiglio.

Non avendo la stessa provveduto in tal senso, il ricorso rimane improcedibile.

2. Osserva la Corte, ad abundantiam, che il ricorso, ove pure non fosse incorso in tale vizio procedurale, sarebbe comunque inammissibile.

Ciò in quanto con l’unico motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione delle norme processuali sull’onere della prova (art. 2697 c.c. ed art. 116 c.p.c.), nonchè contraddittoria motivazione su di una circostanza decisiva per il giudizio, sul rilievo che la sentenza avrebbe stravolto le regole sull’onere della prova, dando rilievo decisivo ad una testimonianza e non considerando come dalla documentazione esistente risultava la fondatezza del credito azionato con il decreto ingiuntivo.

Si deve rilevare, al contrario, che la Corte d’appello ha ricostruito la vicenda sulla base di una serie di elementi, valutando il contenuto delle due deposizioni testimoniali e considerando che le fatture commerciali, che pure consentono di ottenere l’emissione del decreto ingiuntivo, non possono assurgere al rango di prova a favore del creditore nel giudizio di opposizione, qualora contestate (come nel caso in esame).

A fronte di tale ricostruzione il ricorso – peraltro redatto con una tecnica non rispettosa dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), poichè fa riferimento ad atti e documenti senza specificare se e come essi siano a disposizione di questa Corte – si risolve nell’evidente tentativo di ottenere in questa sede un nuovo e non consentito esame del merito.

3. 11 ricorso, pertanto, è dichiarato improcedibile.

Non occorre provvedere sulle spese, poichè la società intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Sussistono, tuttavia, le condizioni di cui al D.P.R. n. 30 magio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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