Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24783 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/10/2019, (ud. 12/04/2019, dep. 03/10/2019), n.24783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27955-2017 proposto da:

C.M.A., C.M.R., nella qualità di eredi

della sig.ra E.I., elettivamente domiciliate in ROMA,

VIA MONTE SANTO 52, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO BACCARI,

che le rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

GENERALI ITALIA SPA, in persona del suo procuratore speciale,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAVALIER D’IRPINO 31, presso

lo studio dell’avvocato ENRICA FERRARI, rappresentata e difesa

dall’avvocato RENATO MAGALDI;

– controricorrente –

contro

HOTEL RISTORANTE LA RIPETTA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3737/2016 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. E.I. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Torre Annunziata, Sezione distaccata di Sorrento, l’Hotel ristorante “La Ripetta”, chiedendo il risarcimento dei danni da lei patiti in conseguenza della caduta avvenuta durante il soggiorno in albergo, asseritamente a causa della presenza di una sostanza liquida scivolosa esistente sul pavimento. Lamentò che, a causa della caduta, aveva riportato la frattura pertrocanterica del femore destro.

Si costituì in giudizio il convenuto, non contestando i fatti così come esposti e chiedendo di essere autorizzato alla chiamata in giudizio della propria assicuratrice.

Si costituì quindi anche la società Assitalia, chiedendo il rigetto della domanda principale e di quella di garanzia.

Nel corso del giudizio morì la parte attrice e si costituirono in sua vece le eredi C.M.A. e C.M.R..

Il Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese di giudizio.

2. La pronuncia è stata appellata dalle eredi della parte danneggiata e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 20 ottobre 2016, ha rigettato il gravame, ha confermato la sentenza di primo grado ed ha condannato le appellanti al pagamento delle spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che nessuno dei testimoni escussi aveva assistito alla caduta della E., nè aveva riferito se l’acqua avesse coperto integralmente il pavimento o, viceversa, se fosse possibile passare attraverso un qualche spazio non bagnato. Ha quindi affermato la Corte che non era stata raggiunta la prova del nesso di causalità tra l’evento dannoso e le condizioni del pavimento, per cui non poteva concludersi con certezza che la E. fosse caduta a causa della presenza di acqua sul pavimento. La sentenza ha poi aggiunto che la stessa danneggiata era venuta meno ad un’elementare regola di prudenza, per cui una maggiore attenzione da parte sua le avrebbe consentito di evitare il pericolo.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorrono C.M.A. e C.M.R. con unico atto affidato a quattro motivi.

Resiste la Generali Italia s.p.a. con controricorso.

L’Hotel ristorante “La Ripetta” non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti; con il secondo si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 2697 c.c.; con il terzo si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione dell’art. 2051 c.c.; con il quarto si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 2043 c.c..

In particolare, il primo ed il secondo motivo insistono sull’omissione nella quale sarebbe incorso il giudice di merito non considerando il tenore della denuncia di sinistro compiuta dall’albergatore all’assicurazione, dalla quale risulta che era stato riconosciuto il nesso tra la presenza di acqua sul pavimento e la caduta della E.; il terzo sostiene la violazione delle regole sull’obbligo di custodia ed il quarto lamenta omessa pronuncia in ordine alla domanda risarcitoria proposta in via subordinata in relazione all’obbligo di neminem laedere.

2. Rileva la Corte, innanzitutto, che i primi due motivi di ricorso non sono accoglibili, perchè – fermo restando che non sussiste il vizio di omessa motivazione per il fatto puro e semplice che un elemento istruttorio non sia stato espressamente richiamato – la motivazione della sentenza va oltre il contenuto del preteso riconoscimento da parte della struttura alberghiera, perchè esclude la stessa prova dell’esistenza del nesso di causalità tra l’acqua sul pavimento e la caduta, e giunge a tale conclusione richiamando le deposizioni di tutti i testimoni escussi. D’altra parte, la pronuncia in esame non nega il fatto in sè della caduta, ma nega che vi sia la prova del nesso di causalità tra la presenza di acqua e la caduta.

Quanto al presunto omesso esame della denuncia di sinistro che la direzione dell’albergo ha inviato alla società di assicurazione -specificamente oggetto della censura di cui al secondo motivo – si rileva che tale denuncia potrebbe avere, al più, valore ai sensi dell’art. 2735 c.c., comma 1, seconda parte, cioè come confessione stragiudiziale fatta ad un terzo. E simile confessione “è liberamente apprezzata dal giudice”; che è proprio ciò che la Corte d’appello ha fatto, ritenendo tale denuncia evidentemente non decisiva ai fini dell’accoglimento della domanda; conclusione, questa, in tutto coerente con la non superata affermazione della Corte di merito, in precedenza richiamata, secondo cui nessun testimone era stato presente alla caduta.

3. Esclusa la fondatezza dei primi due motivi, ne viene di conseguenza il rigetto del terzo.

Questa Corte, sottoponendo a revisione i principi sull’obbligo di obbligo di custodia, ha stabilito, con le ordinanze 1 febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro.

E la giurisprudenza ha sempre affermato che l’esistenza di una responsabilità per custodia non esonera il danneggiato dall’onere della prova dell’esistenza del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno (prova che, appunto, è mancata nel caso in esame).

4. Rimane assorbita, infine, la censura di cui al quarto motivo, posto che l’assenza di prova sul nesso di causalità rende irrilevante anche l’eventuale dimostrazione della colpa della parte convenuta, per cui la lamentata omissione è ininfluente ai fini dell’accoglimento della domanda risarcitoria.

5. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 -quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di conci Ai della Sesta Sezione Civile – 3, il 12 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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