Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24782 del 05/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24782 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: DE RENZIS ALESSANDRO

SENTENZA

sul ricorso n. 2225012011 proposto
DA

MASTROPASQUA RAFFAELE, elettivamente domiciliato in
Roma, Via Montebello n. 109, presso lo studio dell’Avv.
Massimo Felici, rappresentato e difeso dall’Avv. Tommaso
Germano del foro di Bari
(pec:germano.tommaso@avvocatibari.legalmail.it-fax n.
08022197756-064938302) come da procura in calce al ricorso
Ricorrente

Data pubblicazione: 05/11/2013

CONTRO
CREDITO EMILIANO S.p.A., in persona del Dott. Giorgio
Ferrari, quale Presidente e legale rappresentante della società, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza del Popo-

rappresenta per procura a margine del controricorso
Controricorrente
per la cassazione della sentenza n. 4735/2010 della Corte
di Appello di Bari del 23.09.2010/25.09.2010 nella causa
iscritta al n. 4 R.G. dell’anno 2008.

,

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

e3 del 25.09.2013 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;
udito l’Avv. Massimo Felici, per delega dell’Avv. Tommaso
Germano, per il ricorrente;
sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Giulio
Romano, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I. Con ricorso, depositato il 19.05.2006,

RAFFAELE

MASTROPASQUA , dipendente del CREDITO EMILIANO
S.p.A., conveniva in giudizio questa società per sentir dichiarare l’illegittimità del licenziamento intimatogli con lettera del 23 gennaio 2006, con le consequenziali pronunce
di ordine reintegratorio e risarcitorio (danno biologico ed
esistenziale)
Il. Il Mastropasqaua esponeva che:

lo n. 18, presso lo studio dell’Avv. Nunzio Rizzo, che la

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a)

il giorno 29.11.2005 l’agenzia bancaria presso cui lavo-

rava era stata oggetto di rapina ad opera di due malviventi;
b) che a seguito delle verifiche effettuate era stato accertato che tutti gli assegni rubati erano stati recuperati, mentre

mancavano € 11.0000.00;
c) che, essendo stata in quell’occasione estesa la verifica
di cassa a tutti i “mezzi forti”, aperto il Bancomat, era stata
constatata la mancanza di 400 banconote da € 20,00 ciascuna;
d) che, interrogato dall’ispettore Tesoro, esso ricorrente
aveva dichiarato di avere prelevato la somma per far fronte
ad un’esigenza inderogabile di tre giorni prima;
d) che il giorno 1.12.2005 gli era stata consegnata una lettera datata 30.11.2005 di sospensione cautelare dal servizio;
e) che in quello stesso giorno egli aveva provveduto a restituire la somma sottratta dal Bancomat prelevandola da
libretto di deposito di risparmio cointestato con la madre e
aveva sottoscritto una dichiarazione predisposta dai funzionari della banca;
f) che con lettera del 23.01.2006 veniva licenziato, previa
precedente contestazione degli addebiti e dopo la presentazione da parte sua di giustificazioni;
g) che il licenziamento era illegittimo, perché non contene-

delle banconote — sottratte per il totale di € 25.205,00-,

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va alcun riferimento a norme (legislative o contrattuali) che
si assumessero violate;
h) che la lettera di licenziamento era sottoscritta con cinque sigle incomprensibili e la contestazione non era chiara;
che il licenziamento era sproporzionato rispetto

all’addebito e difettava del requisito della tempestività.
Costituendosi il Credito Emiliano contestava la fondatezza
delle avverse deduzioni e chiedeva il rigetto del ricorso.
All’esito, espletate le prove per testi ammesse ed acquisita
varia documentazione, con sentenza del 18.10.2007 il Tribunale di Trani rigettava il ricorso.
Il. Tale decisione, appellata dal Mastopasqua, è stata confermata dalla Corte di Appello di Bari con sentenza n.
4735 del 2010.
La Corte territoriale ha ritenuto irrilevante il mancato riferimento a norme legislative e contrattuali che si assumevano violate, essendo stati contestati al lavoratore addebiti
con specificità tale da consentire una adeguata difesa
dell’incolpato.
La Corte ha parimenti ritenuto irrilevante l’illeggibilità delle
sottoscrizioni in calce alla lettera di licenziamento, sia perché l’illeggibilità della firma non incideva sulla validità del
negozio per difetto della forma scritta “ad substantiam”,
non avendo lo stesso ricorrente mai posto in dubbio la provenienza dell’atto dalla sua datrice di lavoro, consegnatogli

i)

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negli uffici della direzione di Andria dal GM Tondelli; sia
perché ex art. 1399 Cod., Civ. l’atto stesso- proveniente da
organo della società sprovvisto di rappresentanza- era stato ratificato, con efficacia retroattiva, dall’organo rappre-

in giudizio, senza che il lavoratore avesse respinto senza
indugio quella intimazione e senza che si fosse avvalso
della facoltà di interpello ex art. 1399 citato-quarto comma.
Infondati anche i rilievi circa l’intempestività del licenziamento, essendo intervento a distanza di meno di un mese
dalle giustificazioni rese dal lavoratore, lasso di tempo ragionevolmente breve, in relazione alla gravità della sanzione adottata e alla complessità dei processi decisionali
dell’azienda datrice di lavoro.
La stessa Corte ha ritenuto del pari infondati i rilievi mossi
dall’appellante alla sentenza di primo grado, con i quali il
Mastopasqua aveva contestato la gravità dell’addebito,
osservando che il ricorrente si era reso responsabile di un
vero e proprio furto, se non di appropriazione indebita, essendo egli detentore della combinazione del Bancomat e,
per non farsi scoprire, aveva fatto ricorso ai propri colleghi
(in buona fede) per la sottoscrizione dei documenti contabili.
Né, ad avviso della Corte territoriale, la circostanza che la
sottrazione fosse ispirata da urgenti necessità economiche

sentativo delle stessa società anche in sede di costituzione

avrebbe potuto essere considerata come scriminante tale
da giustificare il suo operato, tanto più che il Mastropasqua
avrebbe potuto prelevare la somma dal libretto di risparmio
cointestato con la madre.

comportamento del dipendente aveva leso in maniera irreparabile il vincolo fiduciario sotteso al rapporto di lavoro
subordinato e che in ogni caso la restituzione della somma
sottratta non eliminava la gravità dell’addebito, essendo
stata scoperta la sottrazione solo fortuitamente e quando le
responsabilità del dipendente apparivano incontestabili. La
sanzione espulsiva adottata appariva quindi pienamente
adeguata alla gravità dei fati commessi.
III. Il Mastopasqua ricorre per cassazione con due motivi.
Il Credito Emiliano resiste con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione su un fatto decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5
C.P.C.).
Il Masropasqua sostiene che la sentenza impugnata ha ribadito il rigetto di ricorso sul solo dato pacifico relativo alla sottrazione dal bancomat di € 4.000,00, mentre la contestazione degli addebiti aveva riguardato anche una pretesa
sottrazione della somma di circa € 11.000,00, risultante
mancante in cassa e non rinvenuta presso i rapinatori arre-

La conclusione della Corte territoriale è nel senso che il

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stati dai Carabinieri.
La motivazione della sentenza impugnata è pertanto insufficiente e superficiale, non avendo considerato che nella
condotta del Mastropasqua non avrebbe potuto riscontrarsi

zione della somma di € 4000,00 in via definitiva, stante
l’intento di utilizzare tale somma soltanto in via temporanea.
Altro profilo di carenza nella motivazione viene ravvisato
nella motivazione della sentenza impugnata per non avere
proceduto all’analisi della complessiva condotta del dipendente, che in varie occasioni aveva sventato delle rapine,
anche impegnando fisicamente la sua persona, giungendo
persino a delle colluttazioni con i malviventi; ciò che aveva
fatto anche in occasione della rapina del 29 novembre
2005.
Il motivo è inammissibile, perché attraverso esso si procede ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa procedendo in concreto ad una rivalutazione delle risultanze
processuali violando in tal modo il principio pacifico in giurisprudenza in base al quale non può ritenersi idoneo ad
integrare valido motivo di ricorso per cassazione per vizio
di motivazione una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice di merito che si risolva.attraverso una
ricostruzione degli elementi di fatto e di diritto di cui al

l’elemento soggettivo e psicologico riguardante la sottra-

thema decidendum e ad un riesame del materiale istruttorio–solamente, come avvenuto nel caso di specie, nella
contrapposizione di una diversa interpretazione ritenuta
corretta dalla parte (cfr ex plurimis: Cass. 18 aprile 2008 n.

2. Con il secondo motivo il Mastropasqua denuncia violazione di norme di diritto e dei contratti CCNL, dolendosi
che, essendosi ai danni della banca già verificate due rapine, la Banca stessa aveva messo in atto una condotta leggera ed omissiva non mettendo in atto, in violazione
dell’art. 2087 Cod. Civ., mezzi a tutela dell’integrità psicofisica del suo dipendente, e, in violazione delle norme di
cui al D.Lgs. n. 626/1994, oneri ed obblighi in materia di
sicurezza.
Anche questo motivo deve ritenersi inammissibile perché in
violazione del principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione si è in presenza di fatti da considerarsi nuovi
non riscontrandosi nel ricorso del Mastropasqua elementi
che attestino in qualche misuraltfatti riportati siano stati ritualmente e tempestivamente allegati prima e provati poi
nel corso dei giudizi di merito-.
3. In conclusione il ricorso è privo di pregio e va disatteso.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

10203; Cass. 12 novembre 2007 n. 23484).

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PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in € 100,00 per esborsi ed € 3.500,00 per
compensi,oltre accessori di legge.

Il Consigliere relatore estensore

Il Presidente

Così deciso in Roma addì 25 settembre 2013

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