Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24781 del 05/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 24781 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: DE RENZIS ALESSANDRO

SENTENZA
sul ricorso n. 21248/2011 proposto

DA
MARANO MICHELE, elettivamente domiciliato in Roma, t2c cé)v ,Pc”
presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avv. Santo Li Volsi del foro di Catania
(studio in Corso d’Italia n. 141- fax n. 095376590 e pec:
santo.livolsi@ordineavvocaticatania.it ) per procura a margine del ricorso per cassazione
Ricorrente
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CONTRO
0.D.A.- Opera Diocesana Assistenza., in persona del legale rappresentante

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pro tempore Mons. Alfio Russo;,(in

Data pubblicazione: 05/11/2013

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Roma,‘r
pr

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a Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avv. Michele Scacciante del foro di Catania (studio in Viale Vittorio Veneto n. 243- fax n.
095430330 e pec: michele.scacciante

troricorso
Controricorrente
per la cassazione della sentenza n. 700/10 della Corte di
Appello di Catania del 15.07.2010/30.08.2010 nella causa
iscritta al n. 395 R.G. dell’anno 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 25.09.2013 dal Cons. Dott. Alessandro De Renzis;
udito l’Avv. Michele Scacciante per la controricorrente;
sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. Giulio
Romano, che ha conclùso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso, depositato il 19.12.2006, MICHELE MARANO
esponeva:
-di

avere

lavorato

alle

dipendenze

dell’OPERA

DIOCESANA presso la casa di riposo “Oasi San Bernardo”
con la qualifica di operatore polivalente dall’ottobre 1999;
-che con lettera del 29.0(2006, a seguito di contestazioni
disciplinari comunicategli in data precedente, la datrice di
lavoro gli aveva intimato licenziamento, ove gli veniva addebitato di avere dato uno schiaffo iktún paziente;

@ordineavvocaticatania.it ) per procura a margine del con-

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-che il licenziamento era illegittimo, perché il datore di lavoro non lo aveva portato a conoscenza degli elementi raccolti a suo carico, e precisamente della relazione amministrativa e delle dichiarazioni scritte citate nella lettera di

perché la sanzione espulsiva intimatagli era sproporzionata
rispetto alla condotta contestata.
Ciò premesso, il Marano chiedeva l’accertamento della nullità o illegittimità del licenziamento e per l’effetto la condanna della convenuta al reintegro nel posto di lavoro e al
pagamento di tutte le retribuzioni maturate e maturande fino alla reintegra, oltre rivalutazione monetaria ed interessi
legali.
La convenuta costituendosi contestava le avverse deduzioni e chiedeva il rigetto del ricorso.
All’esito dell’istruzione, escussi i testi escussi ed acquisita
varia documentazione, il Tribunale di Catania con sentenza
n. 6 del 2009 rigettava il ricorso.
Tale decisione, a seguito di appello proposto dal Marano, è
stata confermata dalla Corte di Appello di Catania con sentenza n. 700 del 2010, ribadendo la fondatezza degli addebiti mossi dalla datrice di lavoro al dipendente, con riguardo alla reazione scomposta e sproporzionata tenuta
dal Marano nei confronti delle paziente anziana Serafica ed
affettct da demenza senile, la quale aveva gettato via il thè

contestazione di addebito e nella lettera di licenziamento e

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bollente contenuto in un bicchiere colpendo lo stesso Marano alla schiena. Per quanto riguarda la proporzionalità la
Corte ha osservato infine che la casa di cura ospitava anziani anche non autosufficienti- tra cui disabili e soggetti

una tipologia di utenza abbisognevole di cure ed attenzioni
particolari, per cui la condotta addebitata al Marano, oltre 4.9,.
moralmente riprovevole, rilevava la inidoneità professionale
a svolgere le mansioni di assistenza agli anziani, integrando alla evidenza una manchevolezza idonea ad incidere irrimediabilmente sull’elemento fiduciario.
Il Marano ricorre per cassazione con due motivi
L’ODA- Opera Diocesana di Assistenza resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione sotto il profilo della coerenza e sufficienza in ordine
alla valutazione delle risultanze istruttorie, in particolare
delle prove testimoniali.
Il Marano contesta la sentenza impugnata imputando al
giudice del merito di non avere comparato le testimonianze
limitandosi a separarle e ad accettare acriticamente
l’attribuzione del fatto attribuito dalla teste Sturniolo o dalla
stessa sinteticamente percepito ma contraddetto da altre
testimonianze.

affetti da demenza senile e morbo di Alzahimer- ossia di

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Con il secondo motivo il ricorrente deduce insufficiente motivazione in ordine alla proporzionalità della sanzione disciplinare, per non avere il giudice di appello valutato la illibata anzianità pluriennale da lui tenuta alle dipendenze

simo giudice che la contestazione aveva tratto origine da
un atto illegittimo- violento ed offensivo della paziente-,
persona perfettamente in grado di intendere e di volere,
per nulla ~bile ad un capriccioso bimbo piccolo, come
ritenuto dalla Corte territoriale.
2. Nell’impugnare la suddetta decisione di appello il ricorrente ha sostanzialmente proceduto ad una rivisitazione dei
fatti di causa ed ha poi sollecitato urbrriesame delle risultanze istruttorie finendo sostanzialmente per denunciare un
vizio di motivazione ed una violazione del principio di proporzionalità tra condotta e sanzione espulsiva.
Il ricorso, come detto, è inammissibile alla stregua dei
principi più volte enunciati dai giudici di legittimità. Ed invero questa Corte ha ripetutamente affermato che le censure riguardanti la motivazione devono riguardare
l’obiettiva insufficienza di essa o la contraddittorietà del
ragionamento su cui si fonda l’interpretazione accolta, non
potendosi perciò ritenere idonea ad integrare valido motivo
di ricorso per cassazione una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice di merito che si risolva sola-

dello stesso datore di lavoro e per avere ignorato il mede-

mente nella contrapposizione di una diversa interpretazione ritenuta corretta dalla parte (cfr Cass. 8 aprile 2008 n.
1023; Cass. 12 novembre 2007 n. 23484). Ed è giurisprudenza, anche essa consolidata, che in tema di verifica giu-

giudizio di proporzionalità tra violazione contestata e provvedimento adottato si sostanzia nella valutazione della
gravità dell’inadempimento del lavoratore e della adeguatezza della sanzione, di tal che tutte le questioni di merito,
ove risolte dal giudice di appello con apprezzamento in fatto adeguatamente giustificato con motivazione esauriente e
completa, si sottraggono al riesame in sede di legittimità
(Cass. 7 aprile 2011 n. 7948; Cass. 25 maggio 2012 n.
8293)
Corollario di quanto sinora esposto è che, essendo la sentenza impugnata adeguatamente motivata, priva di salti logici e corretta sul piano giuridico per avere fatto applicazione dei principi giurisprudenziali regolanti la fattispecie
scrutinata, non merita le censure che le sono state mosse.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in € 100,00 per esborsi ed € 3500,00 per
compensi, oltre accessori di legge

diziale della correttezza del procedimento disciplinare, il

Così deciso in Roma addì 25 settembre 2013
Il Presidente

li Consigliere rel. est.

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