Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24777 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/12/2016, (ud. 12/10/2016, dep. 05/12/2016), n.24777

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18013-2013 proposto da:

C.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO TIBERTI

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

del VENETO, depositata il 14/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. Roberta Crucitti;

udito l’Avvocato Claudio Tiberti difensore del ricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

C.G. propose ricorso per revocazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n.115/01/11 (che aveva deciso, in senso sfavorevole al contribuente, il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione del silenzio rifiuto ad istanze di rimborso dell’IRAP, versata negli anni dal 1998 al 2005) asserendone l’illegittimità, in quanto fondata su presupposti (l’esistenza di lavoratori dipendenti) insussistenti.

La C.T.R. ha rigettato il ricorso rilevando che le affermazioni svolte nella motivazione della sentenza oggetto di gravame appaiono essere argomentazioni prive di diretto nesso di causalità con la decisione assunta.

Avverso la sentenza ricorre, su due motivi, il contribuente.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c. è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi -con i quali si deduce rispettivamente la nullità della sentenza impugnata per totale mancanza o apparenza della motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (primo motivo) e l’omessa motivazione sul fatto costitutivo della domanda di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – sono infondati.

Le Sezioni Unite di questa Corte sono intervenute con la sentenza n. 8053 del 2014 sulla nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 fissando i seguenti principi:

a) La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, , disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione; b) L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

c) Le disposizioni sul ricorso per cassazione, di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, circa il vizio denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ed i limiti d’impugnazione della “doppia conforme” ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., u.c., si applicano anche al ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale, atteso che il giudizio di legittimità in materia tributaria, alla luce del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 62 non ha connotazioni di specialità. Ne consegue che il D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 3-bis, quando stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546”, si riferisce esclusivamente alle disposizioni sull’appello, limitandosi a preservare la specialità del giudizio tributario di merito.

2) Alla luce di tali principi, infatti, non solo non si ravvisa la nullità della sentenza per apparenza della motivazione, laddove quest’ultima esiste ed è congrua argomentando puntualmente l’iter logico seguito per giungere alla decisione della controversia, ma anche il secondo motivo è inammissibile.

3. Con il mezzo, infatti, si denuncia l’omessa motivazione sul fatto controverso laddove al ricorso (essendo stata la sentenza impugnata depositata il 14.1.2013) si applica pacificamente il nuovo disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il quale consente il ricorso per cassazione esclusivamente per il vizio di omesso esame di un fatto.

4. Ne consegue il rigetto del ricorso.

5. Le peculiari particolarità della vicenda processuale inducono a compensare tra le parti le spese processuali.

6. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Compensa integralmente tra le parti le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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