Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24772 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/10/2017, (ud. 20/07/2017, dep.19/10/2017),  n. 24772

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14052/2016 proposto da:

C.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA, 14,

presso lo studio dell’avvocato LORENZO MINISCI, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SUD S.P.A., C.F. (OMISSIS) – Direzione Regionale Lazio – in

persona del Responsabile Contenzioso Esattoriale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PIEMONTE 39, presso lo studio dell’avvocato

PASQUALE VARI’, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

PREFETTURA DI ROMA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 23845/2015 del TRIBUNALE di ROMA, depositata

il 26/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/07/2017 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso affidato a due motivi, C.R. ha impugnato la sentenza del Tribunale di Roma, in data 26 novembre 2015, che ne accoglieva parzialmente il gravame avverso la sentenza del Giudice di pace della stessa Città, la quale, annullando (per difetto del titolo presupposto) la cartella esattoriale emessa da Equitalia Gerit S.p.A., aveva interamente compensato le spese di lite tra l’attore, l’ente impositore (Prefettura di Roma) e l’agente della riscossione;

che il Tribunale condannava al pagamento delle spese di entrambi i gradi la Prefettura di Roma, mentre confermava la statuizione di compensazione rispetto ad Equitalia Sud S.p.A. (già Equitalia Gerit S.p.A.) e condannava il C. al pagamento delle spese di appello in favore del medesimo agente della riscossione;

che resiste con controricorso Equitalia Sud S.p.A., mentre non ha svolto attività difensiva in questa sede la Prefettura di Roma.

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio, in prossimità della quale il ricorrente ha depositato memoria;

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

preliminarmente, che va disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dalla controricorrente per asserita violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, giacchè l’esposizione dei fatti rilevanti della controversia è desumibile agevolmente dall’atto di impugnazione;

che, con il primo mezzo, è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e art. 132 c.p.c., nonchè omesso esame ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento alla disposta compensazione delle spese di lite operata in primo grado e confermata in appello in favore della sola Equitalia Sud S.p.A..

che il motivo è infondato, giacchè non è dato apprezzare alcuna violazione da parte del Tribunale del c.d. minimo costituzionale della motivazione (cfr. Cass., S.U., n. 8053/2014), avendo esso fornito intelligibile contezza delle ragioni della compensazione delle spese di primo grado e del suo adesivo convincimento (ossia che il contribuente non aveva collaborato con Equitalia “rendendola edotta dell’annullamento dell’o.i. come richiesto a pag. 7 della cartella” e che il concessionario, che non parte del giudizio di annullamento, non poteva conoscere l’esito dello stesso);

che, con il secondo mezzo, è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per violazione del principi di soccombenza e di causalità, in riferimento alla disposta compensazione delle spese di lite operata in primo grado e confermata in appello in favore della sola Equitalia Sud S.p.A. ed alla condanna di esso C. al pagamento delle spese di appello in favore dello stesso agente della riscossione;

che il motivo è manifestamente fondato;

che, come questa Corte ha evidenziato in recenti, ma plurimi arresti (tra le altre, segnatamente, Cass. n. 3101/2017), “d’unico ed immancabile soggetto nei cui confronti è necessario dispiegare la contestazione è proprio quello che, in virtù della configurazione dell’attuale sistema, fondato sulla scissione istituzionalizzata tra titolarità del credito e titolarità del potere di azione esecutiva, a quest’ultima ha dato in concreto luogo o ha in concreto minacciato di dare luogo: vale a dire l’agente della riscossione…. Pertanto, sia pure per un dovere istituzionale, è questo il solo soggetto che fa sorgere l’onere di contestazione in capo al debitore ed è quindi giocoforza che sia esso a sopportarne le conseguenze in dipendenza della sua veste, per il caso di fondatezza delle contestazioni all’azione esecutiva da esso stesso (benchè, ripetesi, doverosamente) posta in essere…. Poichè, poi, l’agente di riscossione ha un vero e proprio onere di chiamare in causa l’ente “creditore interessato” (D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39) onde evitare di subire le conseguenze negative della lite, egli ha sì la facoltà di chiedere di essere manlevato dal chiamato, quando evidentemente la contestazione ritenuta fondata non riguardi atti commessi dal medesimo agente, ma appunto vizi di procedimento o di merito ascrivibili esclusivamente all’altro, ma bene risponde delle spese di lite imposte dalla sua – benchè doverosa in ragione della condotta dell’ente creditore – stessa condotta, in forza non già o non solo (come avverrebbe se la contestazione ritenuta fondata riguardasse fatti o atti ad esso ascrivibili) del principio di soccombenza, ma allora e quanto meno del principio di causalità…. Al fine di non aggravare ulteriormente senza alcun motivo la posizione del debitore di pretesa esattoriale, già assoggettato ad un regime di particolare sfavore – rispetto all’esecuzione ordinaria – in nome delle esigenze di maggiore effettività del recupero connesse alle qualità oggettive o funzionali del credito, non può allora farglisi carico della ripartizione, tutta interna al rapporto tra ente creditore interessato ed agente della riscossione, dell’imputabilità dell’ingiustizia od iniquità dell’azione esecutiva al primo o al secondo, nemmeno ai fini del riparto delle spese della lite che egli è stato costretto ad intentare per fare valere l’illegittimità dell’azione esecutiva stessa”;

che, inoltre, va osservato che, in tema di compensazione delle spese processuali, ricorrono gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2 (nella formulazione introdotta dalla L. n. 69 del 2009, ratione temporis applicabile), quando la decisione sia stata assunta in base ad atti o argomentazioni esposti solo in sede contenziosa, a fronte della novità o dell’oggettiva incertezza delle questioni di fatto o di diritto rilevanti nel caso specifico, ovvero dell’assenza di un orientamento univoco o consolidato all’epoca della insorgenza della controversia, in presenza di modifiche normative o pronunce della Corte Costituzionale o della Corte di Giustizia dell’Unione Europea intervenute, dopo l’inizio del giudizio, sulla materia (Cass. n. 24234/2016);

che il Tribunale ha, quindi, errato a ritenere corretta la decisione del primo giudice in ordine alla disposta compensazione delle spese di lite, giacchè – stante quanto innanzi messo in rilievo e dovendosi, altresì, evidenziare che il richiamato orientamento di questa Corte è armonico anche con la circostanza, rilevante nella specie, che la cartella esattoriale deve essere oggetto di contestazione entro stretti termini – la motivazione addotta (mancata collaborazione extragiudiziale con l’agente della riscossione) non poteva integrare gli estremi delle “gravi ed eccezionali ragioni” che consentono, per l’appunto, la compensazione ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2;

che va, quindi, rigettato il primo motivo ed accolto il secondo motivo, in relazione al quale deve essere cassata la sentenza impugnata;

che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito (art. 384 c.p.c.) ed Equitalia condannata, in solido con la Prefettura di Roma, al pagamento delle spese di entrambi i gradi di merito, nella misura liquidata dalla sentenza di appello;

che le spese di legittimità seguono la soccombenza di Equitalia e vanno liquidate come in dispositivo, in conformità ai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014; dette spese vanno, invece, interamente compensate nei confronti della Prefettura di Roma, giacchè la richiesta di cassazione della sentenza di appello non investe la relativa posizione, nè avendo essa resistito in questa sede.

PQM

rigetta il primo motivo di ricorso e accoglie il secondo motivo;

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna Equitalia Sud S.p.A., in solido con la Prefettura di Roma, al pagamento delle spese processuali relative ad entrambi i gradi di merito, liquidate in complessivi Euro 280,00, per il primo grado e in complessivi Euro 560,00 (di cui Euro 60,00 per esborsi) per il secondo grado, oltre agli accessori di legge, con distrazione in favore del difensore del C.;

condanna Equitalia Sud S.p.A. al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte ricorrente, in Euro 500,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge;

compensa interamente le spese del giudizio di legittimità tra il ricorrente e l’intimata Prefettura di Roma.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 20 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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