Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24771 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. lav., 03/10/2019, (ud. 30/05/2019, dep. 03/10/2019), n.24771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13215/2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS) elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli avvocati

ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO, GIUSEPPE MATANO,

EMANUELE DE ROSE;

– ricorrente – resistente al ricorso incidentale –

contro

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato PAOLO BOER, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LUCIANO GIORGIO

PETRONIO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1595/2013 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 26/11/2013 R.G.N. 650/2011.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 26 novembre 2013, la Corte d’Appello di Bologna confermava la decisione resa dal Tribunale di Parma ed accoglieva l’opposizione proposta da F.L. nei confronti dell’INPS, in proprio e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS – S.C.C.I. S.p.A. avverso la cartella di pagamento notificata per la riscossione di contributi e sanzioni per mancata iscrizione alla gestione commercianti;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto la non ravvisabilità dei presupposti per la iscrizione del F., già iscritto quale socio di minoranza componente del consiglio di amministrazione della Sprint S.r.l. alla gestione separata L. n. 335 del 1995, ex art. 2, comma 26, anche alla gestione commercianti per svolgere attività lavorativa all’interno dell’azienda, espletando egli attività qualificabili in termini di partecipazione al lavoro aziendale ma non caratterizzate dal requisito della prevalenza rispetto agli altri fattori produttivi, in particolare rispetto al lavoro degli altri soci e di eventuali dipendenti e collaboratori della Società;

che per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il F., il quale, a sua volta, propone ricorso incidentale condizionato articolato su tre motivi, in relazione al quale l’INPS non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che, con l’unico motivo, l’Istituto ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203 e 208, così come interpretato dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010, in relazione all’art. 2697, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia della Corte territoriale, dovendo leggersi la disciplina invocata in termini per cui alla partecipazione al lavoro aziendale è riconducibile l’espletamento oltre che di un’attività esecutiva o materiale anche di un’attività organizzativa e direttiva, tuttavia distinguibile dall’attività di amministratore della società peraltro destinata a concretarsi nel compimento di alcuni atti tipici riservati dalla legge;

che, dal canto suo, con il primo motivo, il F. ricorrente incidentale, nel denunciare la violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, commi 203/208 e/o del D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 222 del 2010 e dell’art. 2697 c.c., lamenta la non conformità a diritto dell’orientamento accolto dalla Corte territoriale favorevole alla legittimità della doppia iscrizione come amministratore della società e come socio partecipe dell’attività lavorativa dell’azienda potendosi dar corso alla medesima solo laddove ricorrano congiuntamente tutti i requisiti di cui della L. n. 662 del 1996, commi 203/206, non riguardando l’eccezione posta alla regola dell’esclusione della doppia iscrizione posta dal comma 208 della stessa legge come interpretato dal D.L. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 222 del 2010, gli amministratori di s.r.l. non intrattenendo questi un rapporto di lavoro con la Società, per non essere stati provati dall’INPS i presupposti per la doppia iscrizione;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione dell’art. 1 della L. Cost. n. 1 del 1948 e della L. n. 87 del 1953, art. 23, il ricorrente incidentale lamenta il non aver la Corte territoriale ritenuto la rilevanza e non manifesta infondatezza dell’eccezione di incostituzionalità sollevata dal F. con riguardo all’art. 12, comma 11, citato;

che nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 1, in relazione al D.L.C.P.S. n. 708 del 1947, modificato con L. n. 2388 del 1952, è prospettata in relazione al dato per cui la Società, in quanto esercente attività di gestione di impianti sportivi, non è qualificabile come impresa commerciale con esonero dei soci dal versamento della relativa contribuzione, dato riconosciuto dallo stesso INPS in altra precedente vertenza dall’Istituto avviata nei confronti della Sprint S.r.l. per l’omesso versamento di contributi e definita con sentenza passata in giudicato dichiarativa della cessazione della materia del contendere in relazione allo sgravio cui l’Istituto aveva dato corso per essere stati i contributi correttamente versati all’ENPALS;

che questa Corte, con numerose pronunzie rese in casi analoghi ed alle quali si rinvia (cfr. Cass. nn. 6882/2017, 2459/2016, 26206/2015, 26205/2015, 24197/2015) ha, in sintesi, affermato che la regola espressa dalla normma risultante dalla disposizione interpretata (L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208) e dalla disposizione di interpretazione autentica (D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11) è nel senso che l’esercizio di attività di lavoro autonomo, soggetto a contribuzione nella Gestione separata, che si accompagna all’esercizio di attività di impresa commerciale, artigiana o agricola, la quale di per sè comporti l’obbligo dell’iscrizione alla relativa gestione assicurativa presso l’INPS, non è regolato dal principio dell’attività prevalente, trattandosi di attività distinte e, sotto questo profilo, autonome, sicchè parimenti distinto ed autonomo resta l’obbligo assicurativo nella rispettiva gestione e non operando, pertanto, il criterio di cui alla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, dell’unificazione della posizione previdenziale in un’unica gestione in base all’individuazione dell’attività “prevalente” (Cass. SS.UU. nn. 17076/2011, 9153/2012 e 9803/2012);

che si è pure precisato che la sentenza delle SS.UU. di questa Corte n. 3240/2010, se pure superata dalla legge di interpretazione autentica sopravvenuta di cui al D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, conv. in L. n. 122 del 2010 e dalla giurisprudenza successiva, deve ritenersi utilmente richiamabile nella parte in cui sancisce che, in caso di verifica della insussistenza dei requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti, non vi è necessità di procedere al giudizio di prevalenza tra detta attività e quella di amministratore, con conseguente obbligo dell’interessato alla gestione separata, mentre non può essere più condivisa nella parte in cui afferma che, ove venga accertata la presenza dei requisiti per l’iscrizione alla gestione commercianti, si debba procedere al giudizio di prevalenza, verificandosi se il contribuente dedichi personalmente la propria opera professionale prevalentemente ai compiti di amministratore della Società, ovvero ai compiti di cui all’attività commerciale;

che, pertanto, deve ritenersi che ognuna delle due distinte attività debba essere valutata, ai fini dell’esistenza dell’obbligo contributivo secondo gli ordinari criteri cosicchè la sussistenza di un’attività comportante l’obbligo contributivo nei confronti della gestione commercianti va valutata con i criteri di cui al già sopra ricordato comma 203 della L. n. 662 del 1996, medesimo art. 1;

che la verifica della sussistenza dei requisiti di legge per tale “coesistenza” è compito del giudice di merito e deve essere effettuata in modo puntuale e rigoroso, indispensabile essendo che l’onere probatorio (il quale, secondo le ordinarie regole, grava sull’ente previdenziale, tenuto a provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo, cfr, tra le tante, Cass. nn. 5763/2002 e 23600/2009) venga compiutamente assolto, potendo assumere rilevanza ai fini di tale valutazione e, quindi, della prova del personale apporto all’attività di impresa con diretta ed abituale ingerenza dell’amministratore nel ciclo produttivo della stessa, elementi quali la complessità o meno dell’impresa, l’esistenza o meno di dipendenti e/o collaboratori, la loro qualifica e le loro mansioni;

che, nel caso in esame, il decisum della Corte territoriale non è coerente con tali principi avendo la Corte medesima escluso la ricorrenza dei requisiti per l’iscrizione del F. alla gestione commercianti prescindendo dalla valutazione della “coesistenza” con l’attività di amministratore della partecipazione al lavoro dell’azienda ma limitando l’accertamento al requisito della prevalenza dell’attività personale del socio rispetto agli altri fattori produttivi, secondo una lettura della normativa in questione da ritenersi ormai superata alla luce dell’orientamento accolto da questa Corte con le sentenze n. 17076/2011 e n. 11804/2012, in base al quale il carattere abituale e prevalente della partecipazione del socio al lavoro dell’azienda richiesto dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, ai fini del sorgere dell’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, deve valutarsi con riguardo, non agli altri fattori produttivi, ma all’attività lavorativa propria del socio ovvero in relazione al carattere continuativo e non occasionale della stessa;

che, a tale stregua, il ricorso principale risulta fondato, con conseguente cassazione della sentenza impugnata;

che, di contro, il ricorso incidentale del F., il quale, vittorioso nei giudizi di merito, solleva questioni rimaste ivi assorbite per aver i giudici di merito attinto la “ratio decidendi” da altre questioni ritenute di carattere decisivo, deve ritenersi inammissibile, ferma restando la possibilità per il F. di riproporre le medesime questioni innanzi al giudice di rinvio, tenuto a riesaminarle, con particolare riferimento a quanto denunciato dal F. circa l’erroneità della qualificazione commerciale dell’impresa;

– che, pertanto, accolto il ricorso principale e dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà in conformità, disponendo, altresì, per l’attribuzione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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