Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2477 del 03/02/2021
Cassazione civile sez. lav., 03/02/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 03/02/2021), n.2477
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –
Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –
Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8444-2015 proposto da:
I.N.P.G.I. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI
ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA”, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI
RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BRUNO DEL VECCHIO, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DEL LAVORO, DELLA SALUTE E DELLE POLITICHE SOCIALI, in
persona del Ministro pro tempore, e per la DIREZIONE REGIONALE DEL
LAVORO DI ROMA SEDE DEL COMITATO REGIONALE PER I RAPPORTI DI LAVORO,
in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliati in
ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
che li rappresenta e difende ope legis;
– EDIZIONI DEL MEDITERRANEO – SOCIETA’ COOPERATIVA GIORNALISTICA A
R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro
tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli
avvocati TANCREDI MUNGIELLO, e LUIGI OLIVERIO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 2424/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 08/04/2014 R.G.N. 11664/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/10/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.
Fatto
RILEVATO
CHE:
Con sentenza dell’8.4.14, la Corte di Appello di Roma 4in parziale riforma della sentenza del 13.9.00 del Tribunale della stessa sede, ha accolto l’opposizione a verbale ispettivo INPGI proposta dal datore di lavoro in epigrafe, in relazione – per quel che qui rileva – alla posizione di tre giornalisti.
In particolare, la corte territoriale ha considerato l’assenza dell’obbligo di presenza di disponibilità costante dei giornalisti, ha valutato le prove testimoniali e ritenute le relative risultanze prevalenti su quanto accertato dagli ispettori; la corte ha quindi escluso l’esistenza di lavoro subordinato giornalistico per C., D.F. e Co., così differenziandosi dalla pronuncia di prime cure che aveva escluso il lavoro subordinato solo per C..
Avverso tale sentenza ricorre l’Inpgi per due motivi, illustrati da memoria, cui resistono con controricorso il Ministero del lavoro e la Editrice Mediterranea.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
Con il primo motivo di ricorso si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., nonchè del contratto collettivo di categoria, per non avere la sentenza impugnata considerato i verbali ispettivi.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il vizio di motivazione in relazione alle risultanze dei verbali ispettivi.
Il primo motivo è infondato, avendo la corte valutato le prove raccolte e tenuto conto altresì delle risultanze dei verbali ispettivi prodotti, con argomentazioni espresse in riferimento al giornalista C., ma estensibile a tutti gli altri giornalisti.
Nella specie, non vi è alcuna violazione delle disposizioni invocate e delle regole sull’onere della prova; il motivo tende piuttosto ad una nuova valutazione – preclusa in sede di legittimità – del materiale probatorio raccolto in relazione all’individuazione dei caratteri della subordinazione.
Inappropriato è, in particolare, il richiamo all’art. 2697 c.c., la cui violazione è censurabile in cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non invece ove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia fatto delle prove offerte dalle parti (Cass. 15107/2013 e 13395/2018, tra le tante), come nella specie, ove la corte ha valutato le prove raccolte, tenendo conto altresì delle risultanze dei verbali ispettivi prodotti.
Il secondo motivo è generico e inammissibile in quanto non specifica il fatto decisivo discusso tra le parti ed asseritamente non valutato dal giudice. Con detto motivo, in effetti, la parte non deduce un fatto decisivo ignorato dalla sentenza benchè discusso dalle parti, ma denuncia in sostanza un vizio motivazionale della decisione impugnata, trascurando che, all’esito del D.L. n. 83 del 2012, non rientra più il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (che rileva solo ove il vizio si converte, in violazione di legge – v. Cass. 19881/14 – ovvero concreti l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio).
Le spese seguono la soccombenza.
Si dà inoltre atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento in favore di ciascuno dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3500 per competenze professionali ed Euro 200 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 21 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021