Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24761 del 15/09/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/09/2021, (ud. 04/05/2021, dep. 15/09/2021), n.24761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8937-2020 proposto da:

B.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati ROSA CARLA NARDACCHIONE, FABRIZIO AMELIA,

MASSIMO ROSSETTO;

– ricorrente –

contro

K.A.O., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOMMASO

SALVINI 55, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA DE SANCTIS

MANGELLI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

LUCIA MAGGIOLO, FULVIA CASELGRANDI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2416/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 30/08/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. TRICOMI

LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con la sentenza depositata il 30/08/2019 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della prima decisione, ha posto a carico di B.D. l’assegno divorzile – prima non previsto – in favore di K.A.O., nella misura di Euro 500,00=, oltre ISTAT, compensando le spese di giudizio del grado.

B. ha proposto ricorso per cassazione con due mezzi; K. ha replicato con controricorso, corredato da memoria.

E’ stata disposta la trattazione con il rito camerale di cui all’art. 380-bis c.p.c., ritenuti ricorrenti i relativi presupposti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Il ricorso è articolato nei seguenti due motivi:

I) Violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e nullità della sentenza per motivazione apparente. A parere del ricorrente la Corte di appello non ha compiuto una analisi completa dei parametri da considerare per riconoscere l’assegno divorzile alla ex coniuge e per determinarlo, limitandosi ad indicare alcuni dati (durata del matrimonio, età della ex coniuge) senza illustrare in che termini gli stessi avessero inciso sulla decisione.

II) Violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1970, art. 5, alla luce dei principi fissati dalla sentenza n. 18287 del 2018 delle Sezioni Unite.

Secondo il ricorrente la Corte di appello ha fondato la decisione in merito al riconoscimento dell’assegno divorzile ed alla sua quantificazione solo sulla accertata disparità reddituale tra le parti, ricavando – a contrario – che ciò sarebbe stata conseguenza della ripartizione dei ruoli all’interno della famiglia, senza però compiere alcuna verifica in merito all’effettivo sacrificio delle aspettative professionali ed economiche che ne sarebbero conseguite, operando un automatismo indebito.

Si duole che sia mancata una puntuale indagine sulla condizione individuale dei coniugi e sul contributo personale ed economico dato da ciascuno alla vita matrimoniale e alla cura della famiglia e dei figli.

Rammenta che la ex coniuge lavora part time e percepisce uno stipendio mensile di Euro 1.500, 00= e che l’impegno per l’accudimento dei figli (uno di 18 anni, l’altro di 14) va scemando.

2. I motivi, da trattarsi congiuntamente perché strettamente connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito precisati.

3. Al riguardo, appare opportuno premettere che, con la sentenza delle Sez. U. di questa Corte n. 11490 del 1990, era stato affermato il carattere esclusivamente assistenziale dell’assegno divorzile, il cui presupposto era stato individuato nell’inadeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge istante a conservargli un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, ed il cui ammontare era da liquidare in base alla valutazione ponderata dei criteri enunciati dalla legge (condizioni dei coniugi, ragioni della decisione, contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, reddito di entrambi, durata del matrimonio), con riguardo al momento della pronuncia di divorzio. Tale orientamento, rimasto fermo per un trentennio, è stato modificato con la sentenza n. 11504 del 2017 di questa Corte, che, muovendo anch’essa dalla premessa sistematica relativa alla distinzione tra il criterio attributivo e quello determinativo, ha affermato che il parametro dell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante deve essere valutato al lume del principio dell’autoresponsabilità economica di ciascun coniuge, ormai “persona singola”, ed all’esito dell’accertamento della condizione di non autosufficienza economica, da determinare in base ai criteri indicati nella prima parte della norma. Con la recente sentenza n. 18287 del 2018 le Sezioni Unite di questa Corte sono nuovamente intervenute, e, nell’ambito di una complessiva riconsiderazione della materia, hanno ritenuto che l’accertamento relativo all’inadeguatezza dei mezzi o all’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive del coniuge richiedente deve essere espresso alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto.

4. Nel caso in esame la Corte di appello, avendo rammentato rettamente i principi fissati nella più recente sentenza delle Sezioni Unite, ha motivato il riconoscimento della attribuzione economica sotto il profilo perequativo e compensativo, valorizzando la forte sperequazione tra il reddito di B. e quello di O., la notevole durata del matrimonio (18 anni) e l’età della ex moglie (n. nel 1972).

Non risulta, tuttavia condivisibile la statuizione laddove si fonda sulla valorizzazione del “rilevante contributo fornito (da O.) alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune e personale anche dell’ex marito (contributo da ritenersi provato sulla base delle allegazioni versate in atti e non adeguatamente contestate in modo specifico)” (fol. 15 della sent. imp.) in quanto si risolve in una motivazione apparente, come denunciato dal ricorrente, perché la Corte distrettuale non si è limitata a ritenere provati, in applicazione del principio di non contestazione, i fatti allegati

dalla O. (peraltro richiamati per relationem, in maniera generica) ma ha esteso l’applicazione di detto principio anche alla “valutazione” degli stessi fatti, atteso che la qualificazione come “rilevante” assegnata al contributo alla vita familiare fornito dalla ex coniuge ed alla formazione del patrimonio comune, non è accompagnato da alcuna argomento motivazionale e comparativo che illustri il percorso logico/giuridico che ha assistito tale conclusione.

Va, invero, ribadito che l’onere di contestazione che grava sulla parte ha per oggetto fatti storici sottesi a domande ed eccezioni e non può, quindi, riguardare la componente valutativa dei fatti stessi (Cass. n. 19181 del 28/9/2016; Cass. n. 5299 dell’8/3/2007; Cass. n. 21460 del 19/08/2019; Cass. n. 6172 del 05/03/2020; Cass. n. 30744 del 21/12/2017), componente valutativa riservata al giudice tenuto a verificare in concreto, in tema di assegno divorzile, l’incidenza dei parametri integrati ritenuti rilevanti sulla scorta dei fatti provati e/o non contestai (Cass. n. 32398 del 11/12/2019).

Ne consegue che la complessiva statuizione risulta inficiata da questo vulnus che ne compromette la completezza motivazionale.

5. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Bologna per il riesame alla luce delle considerazioni svolte e dei principi enunciati e per la statuizione sulle spese anche della presente fase.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

PQM

– Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2021

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