Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24760 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 05/12/2016, (ud. 05/10/2016, dep. 05/12/2016), n.24760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20806/2015 proposto da:

TIZZO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAETANA 13-A, presso lo

studio dell’avvocato UMBERTO GRAZIANI, che la rappresenta e difende

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 465/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 13/01/2015, depositata il 28/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La Tizzo srl ricorre contro l’Agenzia delle Entrate, che non resiste, avverso la sentenza della CTR del Lazio n. 465/2/15, con la quale, confermando la sentenza di primo grado, è stato respinto il ricorso della contribuente.

La Corte, in particolare, affermava che l’avviso di accertamento era congruamente motivato, in quanto in detto atto venivano evidenziate le operazioni imponibili effettuate sulla base della documentazione acquisita e veniva altresì fornita la prova dei fatti costitutivi della pretesa tributaria.

Il giudice di appello rilevava altresì che la contribuente non aveva fornito elementi validi per contestare i dati rappresentati dall’Ufficio.

Con il primo motivo di ricorso la contribuente denunzia la nullità dell’avviso di accertamento impugnato per difetto di motivazione.

Il motivo appare inammissibile in quanto con esso non si denunzia un vizio della sentenza impugnata riconducibile ad una delle ipotesi tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, ma si impugna direttamente il contenuto dell’avviso di accertamento.

Con il secondo motivo la contribuente denunzia il difetto di prova dell’avviso di accertamento e lamenta che la motivazione della CTR sia in contraddizione con il contenuto dell’atto impositivo.

Pure tale motivo è inammissibile in quanto, come il precedente, non si traduce nella denunzia di uno specifico vizio della sentenza impugnata, nell’ambito di quelli previsti all’art. 360 c.p.c., comma 1.

Anche sotto altro profilo il motivo presenta profili di inammissibilità per genericità, in quanto deduce in modo apodittico la contraddittorietà della motivazione della sentenza rispetto a quella dell’avviso di accertamento.

Pure nel merito, il ricorso è infondato, atteso che non risulta la dedotta contraddittorietà tra avviso di accertamento e motivazione della sentenza impugnata.

La CTR ha infatti ritenuto, con valutazione di merito che non è sindacabile nel presente giudizio, la legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, fondato sul D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 lett. a), (ancorchè fosse stata richiamata anche la lett. d), atteso che l’Ufficio aveva evidenziato le operazioni imponibili e fornito la prova dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, mentre il contribuente non aveva fornito alcun rilevante elemento contrario.

Considerato che l’Agenzia delle Entrate non ha svolto nel presente giudizio attività difensiva, non deve provvedersi sulle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale.

Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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