Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24755 del 05/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 24755 Anno 2013
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: BURSESE GAETANO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 27953-2007 proposto da:
MILLE ERNESTO C.F.MLLRST43M30D302U, CROVATO LUCIANA
C.F.CRVLCN44P53L736F, elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio
dell’avvocato MANZI LUIGI, che li rappresenta e
difende unitamente agli avvocati TOPPAN RENATO,
2013

MICHIELAN PIETRO;
– ricorrenti –

1949
contro

ROSSI PIERPAOLO C.F.RSSPPL64R17L736C, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA MONTELEONE 8, presso lo

Data pubblicazione: 05/11/2013

studio dell’avvocato LUGARI BIANCA MARIA, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati
MORELLO GIANLUCA, CASTEGNARO RUGGERO;
– controricorrente nonchè contro

– intimata –

avverso la sentenza n. 1304/2006 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 31/08/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/09/2013 dal Consigliere Dott. GAETANO
ANTONIO BURSESE;
udito l’Avvocato Albini Carlo con delega depositata
in udienza dell’Avv. Luigi Manzi che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso, in subordine, il
rigetto.

JEFFS LORNA;

Mille Crovato-Rossi Jeffs
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato in data 6.10.1999 Pierpaolo Rossi e Lorna Jeffsel
convenivano avanti al Tribunale di Venezia, Ernesto Mille e Luciana Crovato,

di compravendita dell’immobile sito in Paseggia di Scorzè. Precisavano che
nonostante le svariate inadempienze dei promittenti alienanti, il tribunale di
Venezia da essi in precedenza adito, con sentenza n. 1325/1997, aveva
disattesa la loro domanda con la quale avevano chiesto la condanna degli
stessi convenuti alla restituzione del doppio della caparra versata al
momento della stipula del preliminare.
Peraltro era a loro conoscenza che, nell’ottobre del 1995 , l’immobile in
questione era stato alienato a terzi dai convenuti, ciò che era sicuro indice
della loro volontà di risolvere il rapporto obbligatorio de quo, per cui
chiedevano che il giudice adito, previo accertamento e declaratoria di
risoluzione del preliminare, condannasse gli stessi convenuti a restituire ad
essi attori la somma di L. 35.000.000 versata a titolo di caparra al momento
della conclusione del contratto. Nella resistenza dei convenuti, l’adito
tribunale, con sentenza 15.05/21.08.2002 rigettava la domanda degli attori,
ritenendo che il comportamento delle parti non potesse essere interpretato
alla stregua di una risoluzione per mutuo consenso del contratto preliminare
in questione.

Corte Suprema di Cassazione

sez. c – est. dr. G. A. Bursese-

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deducendo che avevano stipulato con essi in data 3.8.1993 un preliminare

La sentenza era appellata da Pierpaolo Rossi e Lorna Jeffsel; resistevano
gli appellati Mille-Crovato e l’adita Corte d’Appello di Venezia, con sentenza
n. 1304/06 depositata in data 31.8.2006, in riforma della decisione
impugnata, dichiarava il preliminare de quo risolto per mutuo consenso,

18.076,00 a suo tempo da essi incamerata a titolo di caparra. Secondo la
Corte territoriale il comportamento complessivo delle parti portava a
desumere inequivocabilmente una loro implicita volontà di risolvere il
contratto per mutuo consenso, ciò che giustificava la restituzione della
caparra, divenuta un indebito. Il giudice a tal fine ha preso in esame le lettere
1.2.94 e 14.2.94. ed altre circostanze emerse nell’istruttoria ( avvenuta
vendita a terzi dell’immobile da parte degli appellati) .
Per la cassazione di tale sentenza ricorrono i Mille-Crovato sulla base di
n. 3 mezzi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.; resiste con controricorso
Pierpaolo Rossi; l’altra intimata non ha svolto difese.
MOTIVI DELLE DECISIONE
1 – Il controricorrente eccepisce in via preliminare l’inammissibilità del
ricorso, in quanto la procura alle liti rilasciata a margine dello stesso, difetta
di quei caratteri di specialità previsti dall’art. 365 c.p.c., essendo stata
utilizzata la” formula” solitamente usata per il giudizio di merito.
L’eccezione non ha pregio, ponendosi in contrasto con la giurisprudenza di
questa S.C. ( che si condivide) secondo cui :” il mandato apposto in calce o

Corte Suprema di Cassazione — Il sez. civ. – est.

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condannando Mille-Crovato a restituire agli appellanti la somma di €

a margine del ricorso per cassazione, essendo per sua natura speciale, non
richiede ai fini della sua validità alcuno specifico riferimento al giudizio in
corso, sicché risultano irrilevanti sia la mancanza di uno specifico richiamo al
giudizio di legittimità sia il fatto che la formula adottata faccia cenno a poteri

17/12/2009).
2 – Con il primo motivo del ricorso gli esponenti denunziano la violazione e
falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. Assumono che l’interpretazione dei
fatti da parte della Corte territoriale sarebbe in contrasto con il giudicato
esterno formatosi nel precedente giudizio, costituito dalla sentenza del 1995
che aveva respinto la domanda di recesso ( o risoluzione) proposta dai
promissari acquirenti contro i promittenti venditori per inadempimento di
questi ultimi.
La doglianza non ha pregio. Occorre subito rilevare che il richiamo a tale
pronunzia è gravemente carente sul piano dell’autosufficienza, non essendo
stato indicato in maniera sufficiente il contenuto di tale sentenza da cui
scaturirebbe l’invocato giudicato. Può comunque escludersi che nella
fattispecie vi sia stata violazione del giudicato, in quanto in quel giudizio
era stata chiesta la declaratoria di risoluzione del contratto per
inadempimento dei venditori, mentre il presente giudizio ha per oggetto cosa
ben diversa, cioè la risoluzione del preliminare per mutuo consenso delle
parti. Pertanto tale ultima domanda non rientra nel “dedotto e deducibile”,

Corte Suprema di Cassazione — Il

dr. G. A. Bursese-

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e facoltà solitamente rapportabili al giudizio di merito ( Cass. n. 26504 del

né la prima costituisce una necessario antecedente logico-giuridico della
seconda, trattandosi di domande del tutto diverse, sia per petitum che per
causa petendi. L’interpretazione dei fatti rientra dunque nella normale
competenza del giudice di merito.
è molto

generico ed inconferente.
3 – Con il 2° motivo viene denunziato il vizio di motivazione della sentenza
impugnata. Si sottolinea come la corte territoriale abbia erroneamente
dedotto dal comportamento complessivo delle parti, la volontà delle
stesse di non dare più esecuzione al contratto preliminare per mutuo
consenso. In realtà il fatto che gli attuali ricorrenti non avessero mai proposta
domanda di risoluzione del preliminare o di adempimento dello stesso, non
significa che essi non abbiano mai affermato l’inadempimento delle
controparti

per rigettare la richiesta dei medesimi di restituzione della

caparra versata in occasione

della stipulazione del preliminare.

Effettivamente — sostengono gli esponenti — ” le parti non ritenevano più
vincolante il preliminare del 3.8.93; mentre però gli appellanti a ciò si
convincevano dopo la vendita dell’immobile da parte dei ricorrenti-appellati,
questi si ritenevano liberi a causa dell’inadempimento dei medesimi
appellanti, che dopo il giudizio definito con sentenza n. 1235/1997 del
Tribunale di Venezia rifiutavano la stipulazione del contratto definitivo.”

Corte Suprema di Cassazione — Il sez.

Bursese-

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Si osserva infine che il quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c.

3- Con il terzo motivo si denunzia il vizio di motivazione con riguardo ad
altre ragioni che militano in favore della risoluzione del contratto per mutuo
consenso ; in modo specifico si prende in esame le lettera del 14.2.94 che
secondo la corte territoriale esprimerebbero la volontà dei ricorrenti appellati

sola caparra ricevuta, laddove tale volontà non traspare dal testo della
lettera. Sul punto la motivazione è carente o almeno insufficiente, “tanto più
che i ricorrenti stessi, accusando la ricevuta della missiva degli appellanti dd
1.2.94 affermavano espressamente di accettare la loro volontà di risolvere il
contratto in oggetto ( < Riceviamo la vs del 1.2.94 riscontrando ed accettando la volontà di risolvere il contratto in oggetto> —

così

espressamente il primo periodo della missiva in esame). Si assume altresì
che l’ipotesi di risoluzione per muto consenso in astratto possibile, non si
verifica però ” se la cessazione dell’esecuzione delle prestazioni deriva
dall’esercizio di un diritto di parte — nella ex ad. 1385, 2° comma c.c. —
alcuna risoluzione per mutuo consenso si verifica”.

Le due censure essendo strettamente connesse sono congiuntamente
esaminate; esse secondo il Collegio non hanno pregio.
Intanto tali censure sono prive del momento di sintesi ex art. 366 bis c.p.c.
ed in fatto non del tutto autosufficienti con riferimento al contenuto della
sentenza del precedente giudizio ( che non è riportato) ed alle menzionate
missive del 14.2.94 e del 1.2.94, che non sono state integralmente trascritte

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di risolvere il contratto per mutuo consenso e di restituire ai promissari la

in ricorso. In ogni caso trattasi di censure che attengono al fatto, perché in
definitiva criticano l’interpretazione delle emergenze processuali da parte del
giudice di merito, e come tali sono inammissibili nel presente giudizio di
legittimità, attesa la corretta motivazione espressa dal giudicante su tali

ha desunto, sulla scorta di ampie argomentazioni, dal comportamento
complessivo delle parti , dalla prodotta documentazione ( le lettere sopra
richiamate), ed in specie dalla circostanza dell’avvenuta alienazione e terzi
dell’immobile ( non censurata dai ricorrenti) la loro volontà “di non dar corso
ulteriore al contratto preliminare fino al venir meno della stessa disponibilità
del bene” e quindi di risolvere lo stesso contratto preliminare.
A questo riguardo, si rileva altresì che secondo questa S.C. “in presenza di
reciproche azioni di risoluzione del contratto, fondate da ciascuna parte
sull’inadempimento dell’altra, il giudice che accerti l’infondatezza di tali
scambievoli addebiti e non possa, pertanto, pronunciare la risoluzione per
colpa di nessuna delle parti, deve dare atto dell’impossibilità di esecuzione
del contratto per effetto della manifestazione di volontà di entrambe le parti
di non eseguirlo e provvedere di conseguenza sulle domande restitutorie da
ti
esse proposte ( Cass. n. 4089 del 04/04/2000 ; conf. : Cass. n. 15167 del
24/11/2000; Cass. n. 2304 del 16/02/2001 ; Cass. n. 10389 del 18/05/2005).
Il ricorso dev’essere dunque rigettato. Le spese seguono il criterio della
soccombenza.

Corte Suprema di Cas

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punti. E’ infatti plausibile l’interpretazione fornita dalla corte territoriale che

P.Q.M.
rigettate- il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali che liquida in € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi.
In Roma li 25 settembre 2013

(dott. L igi9F’cialli)

(dott. Ga ano Antonio Bursese)

onario Giudiziario

‘a NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

Roma,

05 NOV. 2013

IL PR

IL CONSIGLIERE EST.

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