Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24754 del 19/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 19/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.19/10/2017),  n. 24754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18554-2015 proposto da:

SICILCASSA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona

dei Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CLAUDIO

MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA MERCOGLIANO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO GATTUCCIO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1084/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 06/07/2015, R. G. N. 287/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, G.A., quale dipendente della SICILCASSA S.p.a., propose opposizione al fine di ottenere l’insinuazione al passivo della suddetta società dichiarata in stato di liquidazione coatta amministrativa, per la quota di contribuzione di sua spettanza del F.I.P. (Fondo integrativo pensioni per il personale Sicilcassa), per una somma pari ad Euro 18.457,41, oltre interessi e rivalutazione monetaria;

che, con sentenza del 24/1/2011 il Tribunale ammetteva al passivo della liquidazione coatta amministrativa della Sicilcassa S.p.a.,in via privilegiata, il credito vantato da G.A.;

che, avverso la suindicata sentenza interponeva gravame davanti alla Corte d’appello di Palermo la SICILCASSA S.p.a.;

che, la sentenza depositata dalla Corte territoriale in data 6/7/2015, attualmente impugnata, ha rigettato l’appello proposto dalla Sicilcassa S.p.a., sulla base della seguente considerazione: il D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 10 si applica anche ai fondi pensionistici preesistenti all’entrata in vigore (15 novembre 1992) della legge (delega) 23 ottobre 1992, n. 421, indipendentemente dalle loro caratteristiche strutturali e quindi, non solo ai fondi a capitalizzazione individuale, ma anche a quelli a ripartizione o a capitalizzazione collettiva;

che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione la SICILCASSA S.p.a. affidandosi ad un unico motivo;

che, resiste con controricorso G.A..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con l’unico motivo dedotto, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 10,comma 3 bis, in quanto detta norma non sarebbe applicabile ai fondi a prestazione definita, quali, quello del F.I.P. – Sicilcassa S.p.a.,fondi, nei quali la riserva matematica destinata a garantire la solvibilità delle obbligazioni presenti e future contratte dal Fondo, non coincide con la sommatoria delle ipotetiche posizioni individuali;

che, ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, infatti, questa Corte a partire dall’intervento delle Sezioni Unite con la sentenza del 14 gennaio 2015 n. 477, ha affermato il seguente principio di diritto: “Il D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, art.10 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari, a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, art. 3, comma 1, lett. v) si applica anche ai fondi pensionistici preesistenti all’entrata in vigore della legge delega (15 novembre 1992), quali che siano le loro caratteristiche strutturali e quindi non solo ai fondi a capitalizzazione individuale, ma anche a quelli a ripartizione o a capitalizzazione collettiva”;

che, le stesse Sezioni Unite hanno osservato che, quando il legislatore è intervenuto nel 1992-93, introducendo il principio della portabilità in caso di cessazione dei requisiti di partecipazione ai fondi, era pienamente consapevole che la novella avrebbe coinvolto in gran parte sia i fondi a ripartizione che quelli a capitalizzazione collettiva, quale era la gran parte dei fondi preesistente alla riforma;

che, ciò nonostante, non li ha esclusi dall’immediata applicazione della nuova disciplina sulla riscattabilità e portabilità, nè ha previsto deroghe o distinzioni di qualsivoglia genere tra le varie forme di previdenza complementare;

che, tale assunto ermeneutico trova significativa corrispondenza nella fondamentale distinzione concettuale esistente tra la nozione di “posizione previdenziale individuale” e quella di conto individuale”, poichè la prima è il risultato dei versamenti effettuati dal datore di lavoro e dal dipendente, mentre il conto individuale è concetto attinente alla modalità di gestione del patrimonio del fondo;

che, tale opzione interpretativa appare conforme alla ratio del D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 10 ratio consistente nel garantire al lavoratore i più elevati livelli di copertura previdenziale;

che, la scelta operata dal legislatore nella “subiecta materia” trova razionale spiegazione nel profondo mutamento intervenuto nel paradigma occupazionale in conseguenza della globalizzazione del mercato del lavoro;

che, tale novità ha determinato una crescente mobilità occupazionale, con l’affermarsi, sul versante previdenziale, della correlata necessità di predisporre strumenti normativi idonei ad attenuare per il lavoratore gli effetti negativi della frammentazione dell’attività lavorativa;

che, i principi sopra richiamati della pronuncia delle Sezioni Unite n. 477 del 2015, sono stati confermati e consolidati sul piano della legittimità da ulteriori pronunce (ex plurimis, Cass. n. 3964 del 2016, Cass. n. 3965 del 2016);

che, questo Collegio non ha motivo per dissentire o discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale formatosi nella materia de qua;

che, quanto dedotto sul punto dalla ricorrente non fornisce utili elementi di segno contrario;

che, alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto, e le spese del presente giudizio di cassazione liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3500,00, per compensi professionali,oltre esborsi per Euro 200,00 e spese generali al 15%, oltre agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

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