Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24753 del 19/10/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. lav., 19/10/2017, (ud. 16/05/2017, dep.19/10/2017),  n. 24753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24187-2013 proposto da:

SICILCASSA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona

dei Commissari Liquidatori pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO RESSI, che

la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

DELL’OROLOGIO, 7 presso lo studio dell’avvocato PAOLA MORESCHINI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO PALMIGIANO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1272/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 07/09/2013, R. G. N. 2577/2009.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, A.R., quale dipendente della SICILCASSA S.p.a., propose opposizione in data 13/2/1999 allo stato passivo della SICILCASSA S.p.a. in liquidazione coatta amministrativa chiedendo l’ammissione in via privilegiata della somma di Lire 48.464.098, somma corrispondente ai contributi versati quale dipendente della suddetta società, ovvero per suo conto al F.I.P. (Fondo integrativo pensioni per il personale SICILCASSA), oltre interessi e rivalutazione monetaria;

che, nel suddetto procedimento si costituì la società in stato di liquidazione, opponendosi alle avverse domande;

che, con sentenza definitiva n. 4379 del 2009, previo espletamento di c.t.u. contabile, il Tribunale ammise il credito dell’ A. al passivo della liquidazione coatta amministrativa della SICILCASSA S.p.a. per la somma di Euro 39.675,43 in via privilegiata oltre interessi e rivalutazione (comprensiva del minore importo riconosciuto dai Commissari Liquidatori);

che, avverso la suindicata sentenza interpose appello la SICILCASSA S.p.a.;

che, la Corte d’appello di Palermo rigettò il gravame proposto dalla società in liquidazione coatta amministrativa sulla base delle seguenti considerazioni: 1) Il credito vantato dall’ A. possiede natura retributiva, con conseguente applicazione al credito medesimo dell’art. 429 c.p.c., comma 3; 2) il termine finale per il calcolo della rivalutazione monetaria e degli interessi coincide con il momento del deposito dello stato passivo ai sensi del combinato disposto degli artt. 59 e 201 della L.F..

che, avverso tale pronuncia ricorre per cassazione la SICILCASSA S.p.a. affidandosi a due motivi;

che, resiste con controricorso A.R..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, il ricorso è articolato in due motivi;

che, con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 429 c.p.c., comma 3, in quanto, illegittimamente, la Corte territoriale avrebbe configurato il credito riconosciuto a titolo di riscatto della intera posizione contributiva (D.Lgs. n. 124 del 1993, ex art. 10) del dipendente, come credito di lavoro, e come tale suscettibile di cumulare interessi e rivalutazione monetaria, posto che a decorrere dall’entrata in vigore del D.L. n. 103 del 1991, art. 9 bis, le prestazioni di previdenza complementare sono inserite nel sistema di sicurezza sociale di cui all’art. 38 Cost., comma 2, con la conseguenza di rendere ad esse applicabili la L. n. 412 del 1991, art. 16 che, per le pensioni in regime obbligatorio esclude il cumulo e riconosce il solo concorso alternativo del trattamento di maggior favore;

che, con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 80 ed all’art. 54, comma 3, L.F., come sostituito dal D.Lgs. n. 5 del 2006, art. 50 nonchè degli artt. 55 e 59 della L.F., come risultanti per effetto delle sentenze C. Cost. n. 300 del 1986, n. 408 del 1989 e n. 204 del 1989, in quanto il criterio di calcolo su interessi legali e rivalutazione monetaria, utilizzato dalla Corte d’appello, soprattutto, in riferimento al termine finale non potrebbe essere applicato nel contesto della procedura di liquidazione coatta amministrativa;

che, ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, infatti, con riferimento al primo motivo va richiamato un orientamento consolidato di questa Corte (Cass. n. 20717 del 2015 e 20526 del 2015), formatosi su fattispecie del tutto analoghe a quella in trattazione, secondo il quale la soluzione al problema che qui occupa, e relativo all’applicabilità del cumulo degli interessi e della rivalutazione al credito maturato dal lavoratore con riguardo alle somme versate nei fondi integrativi, non può trovare soluzione, semplicemente, nelle differenze sussistenti tra la previdenza obbligatoria (ex lege) e la previdenza integrativa o complementare (ex contractu), o nella natura retributiva o previdenziale dei versamenti effettuati in favore dei fondi di previdenza (problematica,peraltro, non più in discussione a partire dalla sentenza del 9 marzo 2015, n. 4684 delle Sezioni Unite di questa Corte, che ha ribadito il carattere previdenziale dei versamenti effettuati a favore dei fondi di previdenza integrativa o complementare);

che, invece, la questione trova coerente soluzione nel duplice dato letterale contenuto nella L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, comma 6, nella parte in cui prevede, nel primo periodo, l’obbligo per “gli enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria” di pagare gli interessi legali in caso di ritardo, oltre il termine fissato dalla legge, nell’adempimento delle “prestazioni dovute”, disposizione, quest’ultima che costituisce il presupposto per la statuizione contenuta nel secondo periodo, ossia per l’operatività del divieto di cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria;

che, il primo dato ricavabile dalla relativa formulazione della norma è riferibile a prestazioni erogate da “enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria”, e, di conseguenza,il debitore va individuato non già in un qualsiasi soggetto, persona fisica o giuridica, qualunque sia la natura di quest’ultima, ma in uno di quegli enti pubblici non economici ai quali la legge attribuisce una funzione di previdenza nei confronti di determinate categorie di soggetti (ritenuti meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 38 Cost. – così,Cass. Sez. Un., n. 14617 del 2002);

che, il secondo dato è costituito, dalla natura della prestazione, infatti, il riferimento, quanto alla decorrenza degli interessi, alla “data di scadenza del termine previsto per l’adozione del provvedimento sulla domanda”, induce ad interpretare la norma nel senso che le prestazioni debbono essere individuate in quelle erogate previa domanda dell’interessato, caratteristica questa che accede (soltanto) alle obbligazioni pecuniarie aventi natura previdenziale, e non anche a quelle aventi natura retributiva: solo i crediti previdenziali, in effetti, possono essere fatti valere dagli interessati, di norma, solo dopo che sia stata proposta un’apposita domanda all’ente di competenza e dopo che sia decorso un certo lasso temporale dalla medesima, mentre i crediti c.d. di lavoro e la relativa obbligazione sono esigibili nel momento stesso in cui matura il diritto;

che, di conseguenza, le prestazioni cui deve applicarsi il disposto della L. n. 412 del 1991, art. 16 non possono che essere quelle riferentesi a crediti previdenziali vantati dagli assicurati nei confronti degli enti gestori delle forme di previdenza obbligatoria (Cass. Sez. Un. n. 14617/2002 – Cass. 21 ottobre 1997, n. 10355);

che, pertanto, avuto conto della natura privatistica del Fondo di previdenza della SICILCASSA S.p.a., e che le relative prestazioni non rientrano tra quelle a carattere obbligatorio, deve ritenersi non applicabile al caso di specie l’art. 16, comma 6, L. cit.;

che, di conseguenza, al di là della natura previdenziale del trattamento pensionistico integrativo del Fondo, e della peraltro, errata qualificazione della natura retributiva del credito ammesso allo stato passivo, come operata dalla Corte territoriale, il divieto di cumulo d’interessi e rivalutazione monetaria deve intendersi riferibile, esclusivamente, ai crediti previdenziali vantati verso gli enti gestori di previdenza obbligatoria, e non è pertanto applicabile alle prestazioni pensionistiche integrative dovute dal datore di lavoro;

che, parimenti infondato s’appalesa il secondo motivo di ricorso;

che, questa Corte ha già avuto modo di ribadire (Cass., n. 18894 del 2010), l’applicabilità, giusta disposizione dell’art. 201 della L.F., alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, di tutta la disciplina contenuta nel titolo 2^, capo 3^, sez. 2^, della detta legge;

che, il rinvio de quo, deve intendersi operato al testo della citata L.F., art. 59, come modificato per effetto della declaratoria di incostituzionalità (Corte Cost., sentenza n. 204 del 1989) nella parte in cui detta norma non prevedeva la rivalutazione dei crediti di lavoro, in generale, con riguardo al periodo successivo alla dichiarazione di fallimento e fino al momento in cui lo stato passivo divenga definitivo;

che, la ratio della L.F., art. 59, quale risulta dalla sentenza additiva n. 204 del 1989 del giudice delle leggi è, in riferimento al dato temporale, quella di riconoscere la rivalutazione del credito fino al momento della definitiva quantificazione dello stesso nell’ambito di un contesto di accertamento unitario che non determina attenuazione della par condicio creditorum in ragione di diverse scadenze della rivalutazione dei crediti ammessi;

che, il diverso articolarsi della procedura di verifica del passivo nella liquidazione coatta amministrativa rispetto al fallimento non giustifica una diversa determinazione della data di riferimento terminale della rivalutazione dei crediti (cfr. Cass., 25 ottobre 2002 n. 15059);

che, alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto, e le spese del presente giudizio di cassazione liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3500,00, per compensi professionali,oltre esborsi per Euro 200,00 e spese generali al 15%, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA