Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24752 del 05/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 24752 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: SAN GIORGIO MARIA ROSARIA

SENTENZA

sul ricorso 8128-2007 proposto da:
NIGRO

ANTONIO

elettivamente

NGRNTN25D23D005N,

domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 189, presso lo
studio dell’avvocato LAURENZANO CARMELA, rappresentato
e difeso dall’avvocato SOMMARIO DOMENICO;
– ricorrente contro

DE SIMONE GIUSEPPE dsmgpp60s08h579f, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
ZAGARESE ETTORE FRANCESCO;

Data pubblicazione: 05/11/2013

- controricorrente avverso la sentenza n. 134/2006 del TRIBUNALE di
ROSSANO, depositata il 23/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/03/2013 dal Consigliere Dott. MARIA

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

ROSARIA SAN GIORGIO;

Svolgimento del processo
1. – Con atto di citazione ritualmente notifica,to, Giuseppe De Simone
convenne in giudizio innanzi al giudice di pace di Rossano Antonio Nigro
per sentirlo condannare al pagamento, in suo favore, della somma di lire

asseritamente di comune accordo tra e parti, sulle finitime proprietà
site in Rossano.
2.- Il giudice di pace di Rossano accolse la domanda, condannando il
Nigro al pagamento della somma di euro 1632,00.
Quest’ultimo propose appello ribadendo l’eccezione, già sollevata in
primo grado, di difetto di legittimazione passiva, essendo egli solo
usufruttuario, e non proprietario, del fondo, e, nel merito, deducendo di
non aver mai preso accordi con il De Simone per la costruzione del muro.
3. – Con sentenza depositata il 23 febbraio 2006, il Tribunale di Rossano
rigettò il gravame. Premessa la inutilizzabilità della documentazione
prodotta dall’appellante ed allegata alla comparsa conclusionale in
appello – in quanto, anche ammesso che si trattasse di documenti
formatisi dopo la decisione di primo grado, la produzione degli stessi
non poteva avvenire “con la comparsa di costituzione e risposta” osservò il giudice di secondo grado che l’art. 986 cod.civ. regola i
rapporti tra usufruttuario e proprietario del fondo, ma non i diversi
rapporti tra usufruttuario e terzi: sicchè il primo può prendere impegni
anche con i terzi, che involgano la manutenzione anche straordinaria del
fondo ovvero la sicurezza dello stesso, salva l’applicazione della
disciplina dell’art.

986

cod.civ.

3

al momento della cessazione

3.600.000, pari alla metà del valore del muro di cinta costruito,

dell’usufrutto nei rapporti con il proprietario.
Quanto al rilievo concernente la forma del contratto concluso tra le
parti, il giudice di secondo grado osservò che esso non rientra tra i
casi previsti dall’art. 1350 cod.civ. e, come tale, non è soggetto, ai

negoziale de quo per oggetto beni immobili, ma solo la costruzione di un
muro divisorio. Correttamente, quindi, era stata ammessa la prova
testimoniale sul punto, e, sulla scorta di questa, era stata ritenuta
fondata la domanda attorea.
Infine,

era

ultroneo

il

riferimento

all’art.

886

cod.civ.

inapplicabile, secondo l’appellante, nella specie in quanto i fondi non
si trovavano in un centro abitato – poiché il primo giudice non aveva
fondato la propria decisione su tale disposizione, ma sulla accertata
esistenza di un accordo intercorso tra il Nigro e il De Simone.
4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre il Nigro sulla base di
otto motivi. Resiste con controricorso il De Simone.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 100
cod.proc.civ. Si ribadisce il difetto di legittimazione passiva del Nigro
nel giudizio promosso dal De Simone, per essere il primo titolare solo
di un diritto di usufrutto sul fondo al cui confine con la proprietà del
secondo questi aveva costruito la recinzione, sicchè in capo allo stesso
Nigro non si sarebbe configurato alcun obbligo di realizzare un muro di
cinta.
2. – La censura è infondata.

4

fini della sua validità, alla forma scritta, non avendo il rapporto

Se è pur corretto il rilievo relativo alla insussistenza di un obbligo in
capo all’usufruttuario di eseguire addizioni sul fondo, esso non assume
rilievo nella economia della decisione impugnata, la quale si fonda sulla
circostanza della esistenza di uno specifico accordo tra il Nigro e il De

inadempiuto, della edificazione di cui si tratta non nasceva da una
disposizione di legge, ma dalla richiamata obbligazione assunta
dall’attuale ricorrente.
3.

Le suesposte argomentazioni sono altresì alla base della

infondatezza del quarto e del quinto motivo – da trattare congiuntamente
per la stretta connessione logico-giuridica che li avvince – , con i
quali si lamenta rispettivamente la violazione degli artt. 1004 e segg.
cod.proc.civ. , sotto il profilo della invalidità di un accordo in merito
alla costruzione del muro concluso dall’usufruttuario in assenza di un
rifiuto espresso dal proprietario prima dell’inizio dell’opera, e la
violazione dell’art. 886 cod.civ. per avere il giudice di secondo grado
pretermesso la considerazione della inapplicabilità, nella specie, della
disposizione richiamata, concernente la comunione forzosa del muro di

Simone, avente ad oggetto la costruzione del muro. Dunque, l’obbligo,

cinta, inapplicabile fuori dei centri abitati.
Anche tali doglianze si rivelano, infatti, immeritevoli di accoglimento
alla luce della considerazione che l’elemento che innerva la decisione
impugnata è la circostanza dell’accordo intervenuto tra le parti sulla
costruzione del muro. Tale circostanza toglie ogni valore ad ogni
discussione in merito alla inapplicabilità nella specie dell’art. 886
cod.civ., sottolineata dal ricorrente.

5

7

Parimenti, inconferente risulta la evocazione degli artt. 1004 e segg.
cod.civ., atteso che tali disposizioni, concernenti gli obblighi a carico
dell’usufruttuario, regolano i rapporti interni tra questo ed il
proprietario, e non sono opponibili al terzo creditore (v., sul punto,

4. – Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 1350
cod.civ. Si sostiene che il contratto diretto alla creazione di un muro
di cinta richiede ad substantiam la forma scritta. Di conseguenza, la
prova scritta dello stesso non sarebbe stata surrogabile, come opinato
dal giudice di merito, con la prova testimoniale, tanto più alla luce del
rilievo che il muro di cui si tratta sarebbe stato da considerare di
proprietà esclusiva del De Simone: circostanza, codesta, sulla quale il
ricorrente aveva chiesto una c.t.u.
5. – La censura non merita accoglimento.
Correttamente il giudice di secondo grado ha escluso l’applicabilità
nella specie del’art. 1350 cod.civ., posto che il contratto di cui si
tratta non ha ad oggetto beni immobili, ma, piuttosto, la costruzione di
un muro con ripartizione delle relative spese: esso, dunque, si limita a

Cass. S.U., sent. n. 2986 del 1975).

creare un rapporto di dare-avere tra le parti.
6. – Con il terzo motivo si deduce l’omesso esame di documenti(atto di
citazione e relazioni tecniche). Si contesta la decisione sulla non
utilizzabilità della documentazione prodotta in giudizio, e, in
particolare, della copia dell’atto di citazione con la quale

i_

proprietari del fondo di cui il ricorrente è usufruttuario avevano
chiesto il risarcimento dei danni causati dal De Simone con la
6
£,

costruzione del muro, nonchè le perizie dei tecnici di parte, atti,
codesti, allegati alla comparsa conclusionale a seguito elle eccezioni
sollevate da controparte.
7. – Anche tale censura è infondata.
giudice

di

merito,

nell’escludere

l’utilizzabilità

della

documentazione di cui si tratta, ha fatto corretta applicazione dei
principi giurisprudenziali sul tema, valutando come insussistenti nella
specie dei requisiti per la deroga alla preclusione di cui all’art. 345
cod.proc.civ. : requisiti consistenti (v. Cass., S.U. sent. n. 8203 del 2005 e successive
conformi).
Peraltro, la documentazione in questione afferiva ad un diverso
contenzioso, e non ne è chiarissimo il rilievo ai fini della decisione in
esame.
8. – Con il sesto motivo si deduce la violazione dell’art. 2721 cod. civ.
per non risultare provato che il Nigro avesse preso accordi con il De
Simone per la realizzazione del muro di cui si tratta, in quanto nella
specie sarebbe stata inammissibile la prova per testimoni, avuto riguardo
al valore dell’oggetto, e non sussistendo alcuna delle ipotesi di deroga
al divieto posto dalla norma richiamata previste dall’art. 2724 cod.civ.
9. – La doglianza non può trovare ingresso nel presente giudizio per il
suo carattere di novità, non essendo stata specificamente dedotta nel
giudizio di merito.
7

Il

10. – Per la medesima ragione è inammissibile anche il settimo motivo,
con il quale si lamenta la violazione dei principi in materia di prova
per la mancata dimostrazione che il muro di cinta fosse costruito sul
confine delle proprietà delle parti del presente giudizio.

cod.proc.civ. Il giudice di secondo grado non avrebbe motivato in ordine
al regolamento delle spese, che avrebbero dovuto essere compensate per la
presenza di giusti motivi, trattandosi di questione di diritto di non
semplice soluzione. Né si sarebbe tenuto conto, nella liquidazione, del
valore della causa.
12. – La doglianza è inammissibile. In tema di spese processuali,
l’apprezzamento in ordine al relativo regolamento con riguardo alla
compensazione tra le parti è rimesso alla discrezionalità del giudice di
merito.
Nella specie, in particolare, la censura risulta generica, anche con
riferimento alla esorbitanza delle spese liquidate rispetto al valore
della controversia.
13. – Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione
del criterio della soccombenza, le spese del giudizio, che vengono
liquidate come da dispositivo, devono essere

poste a carico del

ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, che liquida in euro 2200, di cui euro 200,00
per esborsi, oltre agli accessori di legge.
8

11. – Con l’ottavo motivo si denuncia la violazione degli artt. 91 e 92

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione

civile, il 19 marzo 2013.

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