Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24751 del 05/11/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 24751 Anno 2013
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

Data pubblicazione: 05/11/2013

Reintegrazione di
legittima
SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 6192/08) proposto da:
ESPOSITO VENERE, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avv.to Umberto Federico del foro di Napoli e domiciliata presso la cancelleria della Corte di
Cassazione in Roma, piazza Cavour n. 1;
– ricorrente contro
STAIANO PAOLO, in proprio e nella qualità di procuratore generale di Staiano Giacomo, Staiano
Carlo, Staiano Guido, tutti nella qualità di eredi di Santina Gatti, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Ernesto Procaccini, Ermanno Ferraro e Daniele Di Fiore del foro di Napoli, in virtù di procura
speciale apposta a margine del controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’Avv.to Stefania lasonna in Roma, via Riccardo Grazioli Lante n. 76;

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- controricorrente —
e contro
SAVARESE LUIGI (quale procuratore di Costanzo Vuotto, erede di Teresa Esposito), VUOTTO
LUISA (erede di Teresa Esposito), VUOTTO VIRGINIA (erede di Teresa Esposito), ESPOSITO

Mario Esposito), ESPOSITO ANTONIETTA (erede di Mario Esposito), Ing. ESPOSITO ANTONIO
(erede di Luigi Esposito, nonché di Laura Cannavale), ESPOSITO VIRGINIA (erede di Luigi
Esposito, nonché di Laura Cannavale), ALBERTINI FABIO (erede di Emma Esposito, già erede di
Luigi Esposito
– intimati avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3268 depositata il 26 ottobre 2006.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 15 marzo 2013 dal
Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;
udito l’Avv.to Rita Scopa (con delega dell’Avv.to Ernesto Procaccini), per parte ricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Tommaso
Basile, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 3 aprile 1997 Paolo STAIANO, in proprio e nella qualità di
rappresentante dei fratelli Giacomo, Carlo e Guido, tutti nella qualità di eredi di Santina Gatti,
evocavano, dinanzi al Tribunale di Napoli, Antonio ESPOSITO esponendo che con testamento
olografo del 16.3.1973, pubblicato dal notaio Siciliano il 7.12.1973 con verbale registrato in
Castellammare di Stabia il 7.12.1974, Antonio Esposito, deceduto a Capri il 9.5.1973, aveva
lasciato in legato a Santina Gatti un appartamentino sito in Capri, via Sopramonte di Anacapri n.
19, composto di due vani ed accessori, come meglio individuato all’esito della procedura di cui
agli artt. 751 e 653 c.c., con decreto del Presidente del Tribunale del medesimo ufficio adito del

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VIRGINIA (erede di Mario Esposito), ACAMPORA MICHELINA, ESPOSITO LUCIA (erede di

24/25.5.1983, decreto presidenziale che, in forma esecutiva, era stato notificato a tutti gli eredi di
Antonio Esposito; aggiungeva di avere invitato gli eredi di Antonio Esposito ad indicare le
generalità di chi occupava l’immobile in contestazione e le eredi Michelina Acampora, Antonietta
Esposito, Lucia Esposito, Maria Esposito e Venere Esposito rispondevano che lo stesso era nel

riconoscimento della proprietà dell’appartamento in capo ai germani STAIANO, quali eredi della
madre Santina Gatti, venisse condannato il convenuto a corrispondere una somma pari al reddito
che l’immobile avrebbe potuto produrre per la sua locazione dal momento in cui ne era divenuta
proprietaria la Gatti.
Instaurato il contraddittorio, il convenuto eccepiva la nullità del legato inficiato da errore ovvero da
dolo, taciuto al Presidente del Tribunale e che nei dieci anni precedenti alla presentazione del
ricorso di cui al decreto era stata proposta dalla coerede Teresa Esposito domanda di riduzione
delle disposizioni per la reintegrazione di quota di legittima lesa, per cui con sentenza del
Tribunale di Napoli del 31.3/21.7.1982, debitamente trascritta, erano stati ridotti completamente il
relictum e, in parte, il donatum della successione di Antonio Esposito senior, fra cui lo stesso
appartamento in questione, assegnato alla quota legittima reintegrata di Virginia Esposito, alla
morte della quale era passato in successione, per legge, ai germani suoi eredi, deducendo la
necessità dell’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di Virginia Esposito.
Integrato il contraddittorio nei confronti di Teresa, Venere, Virginia (nata il 16.3.1946), Lucia,
Antonio (nato il 14.2.1945), Virginia (nata il 10.9.1941) e Antonietta ESPOSITO, nonché di Laura
CANNAVALE e Fabio ALBERTINI, si costituivano Virginia e Lucia ESPOSITO, guaiti. eredi di
Mario Esposito ed eredi per rappresentazione della zia Virginia Esposito, unitamente a Michelina
ACAMPORA, coniuge di Mario Esposito, le quali chiedevano la reiezione della domanda perché
l’immobile era stato assegnato, insieme con altri beni, alla defunta Virginia Esposito, e le rendite
erano state trattenute illegittimamente dal possessore abusivo Antonio Esposito; eguale difesa

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possesso esclusivo del coerede Antonio Esposito; tanto premesso, chiedeva che previo

veniva spiegata da Maria e Venere ESPOSITO, nonché da Fabio ALBERTINI, erede di Emma
Esposito (figlia del de cuius Luigi Esposito), Antonio Esposito, figlio del defunto Luigi Esposito,
Virginia Esposito, figlia del defunto Luigi Esposito, non costituita, Laura Cannavale, moglie del
defunto Lugi Esposito.

dell’immobile, respinta la domanda di condanna nei confronti di Antonio ESPOSITO.
In virtù di appello interposto da Antonio ESPOSITO, con il quale lamentava che la decisione non
fosse stata resa nei confronti di tutti gli eredi del de cuius Antonio Esposito, la Corte di appello di
Napoli, nella resistenza degli appellati, che proponevano anche appello incidentale relativamente
al mancato accoglimento della domanda ex art. 649 c.c., costituite anche le appellate Venere e
Maria Esposito, Virginia Esposito, aderito all’ordine del giudice di integrare il contraddittorio nei
confronti di Teresa ed Antonio Esposito, non definitivamente pronunciando, rigettava l’appello
principale.
A sostegno della decisione adottata la corte territoriale evidenziava che era rimasta non provata
la circostanza che il legato fosse stato disposto dal de cuius perché non a conoscenza
dell’asserito pagamento effettuato in favore di Gatti Santina da parte di Esposito Venere,
versamento neanche dimostrato, e comunque non escludeva che, ove anche avesse conosciuto
dell’asserito pagamento, con ciò ritenesse esaurito il debito di riconoscenza; ne conseguiva che
trattandosi di errore sul motivo, non vi era prova che quell’errore fosse stato il solo a determinare
il testatore alla disposizione de qua, non suffragata da alcun elemento di prova la sussistenza di
un comportamento doloso da parte della Gatti.
Aggiungeva che in relazione al provvedimento del Presidente del Tribunale di Napoli del
24.5.1983 (corretto il 27.1.1995), l’ESPOSITO avrebbe dovuto proporre reclamo ex art. 739
c.p.c., unico mezzo di impugnazione esperibile, per cui in assenza del rimedio, lo stesso era
divenuto definitivo.

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Acquisita documentazione, il giudice adito dichiarava i germani STAIANO proprietari

Concludeva che appariva ultroneo il richiamo dell’appellante all’art. 557 c.c., secondo il quale i
legatari non potevano chiedere la riduzione, né approfittarne, giacché sia la trascrizione della
domanda introduttiva del giudizio di riduzione proposta dall’erede Esposito Virginia, sia la
trascrizione della sentenza n. 6488 del 1982 (con cui il Tribunale di Napoli aveva assegnato

avvenuti in epoca anteriore al provvedimento di individuazione del bene oggetto di legato da
parte del Presidente del Tribunale di Napoli, non erano opponibili agli eredi Staiano, in quanto
questi ultimi non avevano assunto il ruolo di parte in quel giudizio ed avevano richiesto solo
l’accertamento della validità del legato e del conseguente diritto di proprietà. Con la conseguenza
che andava applicato l’art. 649 c.c., secondo cui la proprietà della cosa oggetto di legato si
trasmetteva dal testatore al legatario al momento della morte del testatore.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione
Venere Esposito, articolato su tre motivi, al quale ha replicato Paolo STAIANO, in proprio e quale
rappresentante dei fratelli, con controricorso.
Entrambe le parti costituite hanno depositato memorie illustrative; la ricorrente ha anche allegato
certificato di decesso di Antonio Esposito.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Va pregiudizialmente disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso prospettata dai
controricorrenti STAIANO sotto il profilo della mancanza d’interesse, per essere stata
l’impugnazione proposta da parte non soccombente in primo grado e che comunque non aveva
proposto appello avverso la prima decisione, neanche nella forma dell’appello incidentale.
In proposito va considerato che la ricorrente, nell’intervenire nel giudizio di appello, introdotto da
Antonio ESPOSITO, aveva comunque chiesto la riforma della decisione di primo grado.

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l’immobile oggetto di legato alla quota legittima reintegrata di Esposito Virginia), entrambi atti

In vero, poiché presupposto necessario dell’interesse a ricorrere per Cassazione è la
soccombenza, tutte le volte che si configurano ipotesi di cause inscindibili o dipendenti fattispecie ricorrente sia nel caso di litisconsorzio necessario originario, di diritto sostanziale o
processuale, sia nel caso di cause tra loro dipendenti, le quali, essendo state decise in un unico

estende, in via logica e necessaria, anche all’altra ovvero ne forma il presupposto logico e
giuridico imprescindibile – l’accertamento dell’una posizione è inscindibile dall’accertamento
dell’altra e sussiste, tra gli obbligati, litisconsorzio necessario processuale, agli effetti dell’art. 331
c.p.c. (Cass. 7 febbraio 2000 n. 1322; nella stessa prospettiva, si segnala la sentenza delle
Sezioni Unite di questa Corte n. 3074 del 2003 e Cass. 18 giugno 2008 n. 16507). Nel medesimo
solco si è posta la pronuncia di questa Corte, la n. 26043 del 2009, che ha fatto applicazione del
principio secondo il quale è sufficiente la proposizione dell’appello avverso la sentenza
sfavorevole da parte di uno dei litisconsorti per impedire, anche nei confronti del litisconsorte non
impugnante, il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado; discendendone, altresì, che
ritualmente il ricorso per cassazione avverso la sentenza sfavorevole di secondo grado può
essere proposto anche da quello, tra i litiscorsorti, che non abbia proposto appello (vedi Cass. 19
gennaio 2006, n. 1021).
Dall’affermazione di tale principio consegue, dunque, che poiché le difese della odierna ricorrente
si ponevano in continuità con quanto richiesto dall’appellante, ciò radica l’interesse della
ESPOSITO ad impugnare, avvantaggiandosi del gravame in principaliter interposto dal
litisconsorte. Del resto l’accertamento del diritto in contestazione effettuato con la sentenza
impugnata non può che avere efficacia anche nei confronti della ricorrente. Con la conseguenza
che avendo la decisione gravata confermato il riconoscimento del diritto di proprietà
dell’appartamento, rientrante nella comunione ereditaria, in capo agli STAIANO, risulta evidente
che l’interesse a ricorrere della ESPOSITO non è venuto meno.

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processo, devono rimanere unite anche nella fase di gravame in quanto la pronuncia sull’una si

Del pari è da ritenere ammissibile il ricorso sotto il profilo della tempestività della
proposizione.
Occorre premettere che secondo il disposto dell’art. 372 c.p.c., il deposito dei documenti non
prodotti nelle pregresse fasi è ammesso in questa sede nel solo caso in cui la produzione

controricorso; nella specie il certificato di decesso di Antonio Esposito, prodotto il 27.2.2013, è
acquisibile, e non va notificato alle altre parti, proprio perché afferisce al profilo di cui si discute.
Ciò chiarito, va rilevato che ai sensi dell’art. 328 c.p.c., qualora dopo sei mesi dalla pubblicazione
della sentenza impugnata si verifichi alcuno degli eventi previsti nell’art. 299 c.p.c. (tra cui il
decesso di una delle parti prima della costituzione in giudizio) il termine annuale fissato dall’art.
327 c.p.c. (ratione temporis applicabile) per il ricorso per cassazione è prorogato per tutte le parti
di sei mesi dal giorno dell’evento. Applicando al caso concreto questa regola consegue che,
essendo il decesso di Antonio Esposito intervenuto fra il 20 ed il 24.8.2007 e quindi oltre i sei
mesi rispetto al 26.10.2006 (data di deposito della sentenza di appello), il termine per proporre il
ricorso in cassazione risultava prorogato, per tutte le parti, al 26.4.2008, sicché la notifica del
ricorso effettuata al difensore dei resistenti Staiano, in data 12.2.2008, è ampiamente tempestiva.
Passando all’esame del merito del ricorso, con il primo motivo è denunciata insufficiente e
contraddittoria motivazione, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c., 649 e
662 c.c, in quanto avendo il giudice di prime cure stabilito che l’azione di cui al terzo comma
dell’art. 649 c.c. andava proposta nei confronti di tutti gli eredi di Esposito Virginia, essendo
irrilevante il fatto che solo uno di essi eredi avesse il possesso dell’immobile, non avendo
l’appellante incidentale Staiano Paolo impugnato tale capo di sentenza, su di esso si sarebbe
formato il giudicato. Ad avviso della ricorrente la questione sarebbe di particolare rilevanza per
essere il diritto a proporre la domanda da parte degli STAIANO nei confronti degli eredi diversi da
Antonio Esposito prescritto; del resto il legatario per conseguire il possesso del bene legato deve

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documentale riguardi la nullità della sentenza impugnata ovvero l’ammissibilità del ricorso e del

agire nei confronti dell’onerato, nella specie nei confronti di tutti gli eredi, ai sensi dell’art. 662
c.c., come statuito dal Tribunale di Napoli, essendo irrilevante che la detenzione all’epoca della
introduzione della domanda fosse solo in capo ad Antonio Esposito. A corollario del motivo si
specifica che il quesito sottoposto a questa Corte investe l’errore di diritto in cui sarebbe incorso il

conseguita la non decisione della controversia, non ritenendo che l’azione del legatario,
finalizzata ad ottenere la disponibilità dell’immobile oggetto del legato a suo favore, dovesse
necessariamente essere rivolta contro tutti gli onerati (nel caso di specie gli eredi del de cuius
Antonio Esposito, prima, e gli eredí di Virginia Esposito, poi)”.
La censura è immeritevole di accoglimento.
La ricorrente, come si è già rilevato, ritiene che il diritto del legatario di chiedere il possesso del
bene si configuri come una sorta di accettazione del legato, soggetto pertanto ad una sorta di
comunicazione nei confronti di tutti gli eredi (così interpretato il provvedimento del giudice di
merito di integrazione del contraddittorio), con conseguente maturazione della prescrizione
nell’esercizio dell’azione nei confronti degli altri eredi.
Il presupposto della tesi è privo di pregio, posto che, come recita l’art. 649, comma 1, c.c., il
legato, a differenza dell’eredità, si acquista senza bisogno di accettazione, onde rispetto alla
condizione giuridica del bene (o del diritto) che ne è oggetto non viene a crearsi, di per sè, quella
situazione di incertezza o comunque di pendenza che caratterizza l’eredità fino all’accettazione
del chiamato e per far cessare la quale l’ordinamento ha previsto la prescrizione del diritto di
accettazione e, ancor più, l’esercizio dell’actio interrogatoria ex art. 481 c.c. (di recente v. Cass.
13 dicembre 2010 n. 25155; Cass. 24 marzo 2009 n. 7068).
Nè d’altro canto, come pare adombrato nel ricorso, è configurabile, alla stregua della norma
dell’art. 649, comma 3 c.c., una sorta di diritto autonomo a richiedere il possesso della cosa
legata, soggetto pertanto a prescrizione.

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giudice del merito nell’applicare l’art. 649, comma 3, c.c. e l’art. 662 c.c., dal quale sarebbe

In primo luogo va rilevato che la norma indicata prende in considerazione il comportamento del
legatario per escludere che l’obbligo dell’erede di consegnare la cosa oggetto del legato possa
scattare senza la richiesta del beneficato, onde essa viene, sotto tale profilo, a configurarlo come
un onere, rispetto al quale è del tutto estranea la prescrizione che, come sancisce l’art. 2934 c.c.

Vero è che la richiesta di rilascio del bene da parte del legatario costituisce, sotto altra
prospettiva, esercizio di un diritto, ma di un diritto privo peraltro di autonomia ontologica e
costituente perciò una mera facoltà ricompresa nel contenuto di quel diritto attribuito al legatario
e del quale essa viene ad essere una delle sue esplicazioni. Pertanto, se tale diritto è estinguibile
per prescrizione e per non uso, è esso, in senso proprio, che viene meno per l’inerzia del titolare
protratta per il tempo previsto dalla legge, non essendo di per sè le facoltà prescrittibili ed
essendo perciò il loro mancato esercizio indifferente per l’ordinamento quando il diritto di cui
facciano parte sia stato comunque fatto valere dal suo titolare (cfr Cass. 28 maggio 1993 n.
5982).
Alla stregua delle precisazioni che precedono discende che se il legato abbia per oggetto un
diritto non soggetto a prescrizione (nella specie il diritto di proprietà su di un bene), il beneficato
non perde la non esercitata facoltà di chiederne la consegna nei confronti del detentore, sia esso
o no l’erede, fino a quando non abbia perso il diritto di proprietà in conseguenza del suo acquisto
da parte di un terzo secondo uno dei modi stabiliti dalla legge.
Il secondo motivo lamentata insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché violazione
degli artt. 2643, 2644, 2648 c.c. e delle norme sulla trascrizione in genere. In particolare la
ricorrente si duole del fatto che la corte partenopea, fondato il suo convincimento sulla
circostanza che, ai sensi dell’art. 649 c.c., l’acquisto del legato opera automaticamente al
momento della morte del de cuius, ha ritenuto non opponibile al legatario la sentenza del 1982
con cui il Tribunale di Napoli aveva assegnato alla quota reintegrata di Esposito Virginia, erede

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colpisce quella particolare situazione giuridica attiva che è costituita dal diritto soggettivo.

legittimaria, l’immobile in questione. In realtà, a detta della ricorrente, la corte avrebbe dovuto
risolvere il conflitto tra l’acquisto del legittimario e quello del legatario in base alle norme sulla
trascrizione, ed in particolare secondo il criterio posto dall’art. 2644 c.c., privilegiando in tal modo
il legittimario, il quale ha trascritto la domanda di riduzione prima della trascrizione dell’acquisto

l’errore di diritto del giudice di merito che non ha rilevato che in applicazione degli artt. 2643,
2644 e 2648 c.c., l’acquisto del legittimario che ha trascritto la domanda di riduzione prima della
trascrizione dell’acquisto del legato prevale su quest’ultimo.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché
violazione dell’art. 557 c.c., per avere la corte territoriale permesso al legatario di rivendicare il
bene in questione, pur essendo quest’ultimo stato assegnato precedentemente al legittimario in
conseguenza dell’accoglimento della domanda di riduzione. Il vittorioso esperimento dell’azione
di riduzione avrebbe dovuto, infatti, escludere che l’immobile potesse formare oggetto di
rivendica da parte del legatario, in quanto l’art. 557 c.c. nega esplicitamente a quest’ultimo la
possibilità di chiedere e di approfittare della riduzione. A conclusione del motivo si specifica che
il quesito sottoposto a questa Corte investe l’errore di diritto del giudice di merito che non ha
rilevato che nel caso in cui il legatario rivendichi un immobile assegnato ad un legittimario in
dipendenza dell’accoglimento di una domanda di riduzione, questa fattispecie viola l’art. 557 c.c.
in quanto in questo modo il legatario approfitta della riduzione, ipotesi questa vietata dall’art. 557
c. c..
I motivi – da trattare congiuntamente per la loro stretta connessione, involgendo la medesima
questione della compatibilità ed interdipendenza tra azione di riduzione ed adempimento di
legato — non possono trovare ingresso.
Occorre premettere che, sebbene sia stata più volte affermata (tra le ultime, Cass. 6 giugno 2011
n. 12159; Cass. 30 aprile 2010 n. 10537; Cass. 5 ottobre 2009 n. 21200; Cass. 9 settembre 2008

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del legato da parte del legatario. A conclusione del motivo si specifica che il quesito investe

n. 22883; Cass. 28 novembre 2007 n. 24664) da questa Corte la possibilità per il giudice di
legittimità di accertare direttamente l’esistenza e la portata del giudicato esterno con cognizione
piena (che si estende al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta valutazione ed
interpretazione degli atti processuali, mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto,

che il Collegio nella specie non è in grado di effettuare, non rinvenendosi nel fascicolo la
sentenza del Tribunale di Napoli n. 6488 del 31.3/24.7.1982.
Ciò posto, va rilevato che la invocata sentenza — come accertato dai giudici distrettuali – ha
accolto l’azione di riduzione delle quote testamentarie, con reintegrazione delle quote legittime
lese ed assegnazione alla coerede Virginia Esposito dell’appartamento assegnato con decreto
del Presidente dello stesso Ufficio giudiziario in legato a Santina Gatti (dante causa degli
Staiano), senza che a detto giudizio avesse preso parte la legataria, non evocata.
Orbene, come già chiarito in sede di esame del primo motivo, il legato si acquista senza bisogno
di accettazione onde rispetto alla condizione giuridica del bene che ne è l’oggetto non vi è alcuna
situazione di incertezza; la richiesta di rilascio del bene da parte del legatario – come questa
Corte ha avuto modo di precisare – costituisce perciò una mera facoltà ricompresa nel contenuto
di quel diritto attribuito al legatario e del quale essa viene ad essere una delle sue esplicazioni (in
tal senso: Cass. n. 5982 del 1993 cit.). Con la conseguenza che la mancata partecipazione dei
legatari al giudizio di riduzione delle quote testamentarie per reintegrazione della legittima non
produce conseguenze giuridiche nei confronti degli STAIANO, non dipendendo la loro situazione
giuridica da quella definita in quel processo.
Il predetto giudicato deve, perciò, ritenersi non esteso anche ai soggetti in favore dei quali il
testatore aveva disposto il legato, indipendentemente dalla richiesta da parte di questi ultimi di
consegna del bene in contesa, richiesta non necessaria per l’acquisto del legato che – come in

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indipendentemente dall’interpretazione data al riguardo dal giudice di merito), si tratta di verifica

precedenza posto in evidenza – non ha bisogno di accettazione per cui il beneficiato può sempre
chiedere la consegna del bene di sua proprietà nei confronti di qualunque detentore.
Né sussiste l’obbligo di integrare il contraddittorio per il legittimario che esercita l’azione di
riduzione ad integrandam legitimam, di natura indubbiamente personale poiché tende a produrre

la parte disponibile) da parte di eventuali eredi o donatari (cfr Cass. 12 settembre 1970 n. 1392),
per cui non è inutiliter data nè comporta contrasto tra giudicati, stanti i limiti soggettivi della sua
efficacia stabiliti dall’art. 2909 c.c..
In conclusione, nel caso di specie non ricorrono i presupposti ex art. 2909 c.c. in quanto al
momento della pronuncia del Tribunale di Napoli n. 6488 del 31.3/24.7.1982 la Gatti era già
legataria, anche se beneficiaria di un legato ancora da specificare.
La ulteriore questione prospettata con riferimento alla priorità della trascrizione dell’azione di
riduzione rimane assorbita dal principio sopra affermato.
Il ricorso, in definitiva, deve essere rigettato; stante la novità della questione affrontata, si
ritiene sussistano giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese di
questo giudizio.

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e dichiara interamente compensate fra le parti le spese del giudizio di
Cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione Civile, il 15 marzo 2013.

solo la risoluzione, totale o parziale, del negozio relativo all’acquisto del bene (in ciò che ecceda

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