Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24749 del 05/12/2016
Cassazione civile sez. VI, 05/12/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 05/12/2016), n.24749
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 23561-2015 proposto da:
G. COSTRUZIONI DI G.A. SAS, in persona del legale
rappresentante, elettivamente domiciliata presso la CORTE DI
CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa
dall’Avvocato BENITO ANTONIO ESPOSITO, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende, ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato il
27/02/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;
udito l’Avvocato ANDREA GIUGLIANO, giusta delega allegata al verbale
dell’Avvocato ESPOSITO, difensore del ricorrente, che si riporta ai
motivi.
Fatto
IN FATTO
Con ricorso del 15.2.2011 la G. Costruzioni di G.A. s.a.s., adiva la Corte d’appello di Roma per ottenere la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2. Giudizio presupposto una causa civile iniziata nel 2002 innanzi al Tribunale di Napoli, decisa in primo grado con sentenza del 7.9.2004, impugnata poi con atto del 2.9.2005 innanzi alla Corte d’appello di Napoli che con sentenza pubblicata il 27.1.2010 aveva definito la controversia.
Resistendo il Ministero, la Corte d’appello di Roma rigettava l domanda, in quanto limitata al segmento processuale (quello d’appello) in cui si era verificato il superamento del termine di durata ragionevole, in contrasto con l’indirizzo giurisprudenziale che impone di aver riguardo ai fini di cui alla L. n. 89 del 2001 all’intero svolgimento del processo, esclusa la sua frammentazione.
Per la cassazione di tale decreto la G. Costruzioni di G.A. s.a.s. propone ricorso, affidato a due motivi, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.
Resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.
Il Collegio ha disposto che la sentenza sia redatta in forma semplificata.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Preliminarmente va respinta l’eccezione di nullità della notifica del controricorso, perchè effettuata presso un avvocato diverso da quello che difende la parte ricorrente.
Infatti, la nullità conseguente alla notifica del controricorso è sanata quando il ricorrente la eccepisce nella memoria, con ciò dimostrando che la notifica ha raggiunto il suo scopo che è quello di portare tempestivamente a conoscenza della controparte l’atto notificato (Cass. n. 3455/07).
2. – Il primo motivo denuncia la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012) e dell’art. 112 c.p.c., perchè nella specie la parte ricorrente ha allegato la durata complessiva del procedimento presupposto, fornendo così alla Corte territoriale tutti gli elementi per valutarne in maniera unitaria e complessiva l’irragionevole protrazione. Richiama, in particolare, Cass. n. 4437/15.
3. – Il secondo mezzo deduce, ancora, la violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 (nel testo anteriore alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012) e dell’art. 112 c.p.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c., e il vizio di omesso esame sui medesimi fatti anzi detti.
4. – Entrambi i motivi, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietà, sono da accogliere.
Infatti, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’attore ha l’onere di precisare nel ricorso l’intera durata del giudizio presupposto, inclusi i gradi e le fasi non eccedenti gli standard di ragionevolezza, potendo la parte disporre del quantum della domanda, ma non dell’allegazione dei fatti storico – normativi che ne condizionano l’ammissibilità, e dovendo, conseguentemente, il giudice procedere alla valutazione unitaria della durata del processo anche se l’attore, nel formulare la domanda, si sia specificamente riferito ai soli segmenti del procedimento in cui sarebbe, stato superato a suo avviso, il termine ragionevole (Cass. n. 4437/15).
Il divieto di frazionare la domanda di equa riparazione (pure affermato dalla giurisprudenza di questa Corte: v. n. 14786/13 citata nel decreto impugnato) si pone, infatti, non in termini astratti, ma quante volte tale scissione sia diretta a falsare il giudizio, oscurando la possibilità di compensare la durata più che ragionevole di un grado con quella eccedente di un altro. Possibilità sempre affermata dalla giurisprudenza di questa Corte e implicitamente ribadita dalla Legge c.d. Pinto, art. 2, comma 2-ter.
4.1. – Nella specie, la parte ricorrente aveva dedotto in maniera compiuta l’intero iter del giudizio presupposto, tant’è che la Corte territoriale è stata in grado di ricostruirne con esattezza lo svolgimento. Il fatto che detta parte abbia riferito il superamento del termine di durata ragionevole al solo secondo grado non limita il potere del giudice di valutare il processo di riferimento nel suo insieme e di stabilire in che misura la durata complessiva abbia ecceduto il suddetto limite.
5. – Pertanto, il decreto impugnato va cassato con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che nel decidere il merito si atterrà al principio di diritto richiamato nel paragrafo 4 che precede.
PQM
La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto impugnato con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello di Roma.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 7 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016