Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24747 del 05/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24747 Anno 2013
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

ORD/NANZA
Gul ricorso 3220=2012 propoglo da:
IMPEMBO ELVIA MPMLVE50T52A128E in qualità di erede dì
Pinto Luigi, elettivamente domiciliata in ROMA,
CIRCONVALLAZIONE CLODIA

19,

presso

lo

studio

dell’avvocato IOVANE CLAUDIO, rappresentata e difesa
dall’avvocato LANDI ALFONSO, giusta mandato a margine
del ricorso;
– ricorrente 2013
8008

contro

ASSICURAZIONI GENERALI SPA in qualità di impresa
designata a mezzo della propria mandataria e
rappresentante della GENERALI BUSINESS SOLUTIONS SCPA
in persona dei procuratori speciali, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo

Data pubblicazione: 05/11/2013

studio dell’avvocato FEDELI VALENTINO, rappresentata
e difesa dagli avvocati GRECO MANFREDI, GRECO
GIAMPAOLO, giusta procura speciale a margine del
controricorso;

controrícorrente

D’APPELLO di SALERNO del 21.10.2010, depositata il
17/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 10/10/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. GIOVANNI GIACALONE;
udito per la controricorrente l’Avvocato Tiziana
Piccioli (delega orale) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. PIERFELICE PRATIS che si riporta alla relazione
scritta.

avverso la sentenza n. 1097/2010 della CORTE

29) R. G. n. 3220/2012
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione:
“1 — La sentenza impugnata, (App. Salerno, 17.12.2010),

ha riformato

quella di primo grado, ed ha respinto la domanda risarcitoria non essendo
stato possibile accertare il presupposto per l’applicazione della presunzione

di colpa (lo scontro frontale), né ciò deve ricavarsi dall’attività istruttoria
svolta dalle parti.
2 — Ricorre per cassazione l’Impembo con due motivi, resistono le Generali
con controricorso.
3. — Il ricorso è manifestamente privo di pregio.
3.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta il vizio di motivazione
nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. anche in
relazione all’art. 2729 c.c.
La censura mossa dalla ricorrente in merito ad un presunto vizio della
motivazione è inammissibile perché tesa a riproporre un riesame dei fatti e
delle risultanze istruttorie dei due gradi di giudizio di merito.
L’orientamento ormai consolidato di questa S.C. sul punto è nel senso che
spetta in via esclusiva al giudice di merito “il compito di individuare le fonti
del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne
l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze
del processo, quelle maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti
ad esse sottesi” (v.

ex plurimis:

Cass. 20322/2005; 14304/2005;

15675/2004; 15355/2004; 12467/2003; 194/2002; 14630/2000; 1430/1999).
Al giudice di legittimità spetta solo il controllo delle argomentazioni svolte
dal giudice di merito sotto il profilo della correttezza giuridica e della
coerenza logico — formale (v. ex plurimis Cass. 13398/2011; Cass.
13327/2011; Cass. 11292/2011; Cass. 7921/2011; Cass. 6288/2011; Cass.
23296/2010).
La censura non può limitarsi alla richiesta di riesame del merito ma deve
essere indirizzata all’iter logico che ha indotto il giudice de quo alla
decisione il ricorso in esame non rispetta la tecnica di redazione prescritta

3

K.

dalla citata norma perché non precisa quali siano le eventuali lacune
argomentative, ovvero la illogicità della sentenza gravata.
3.2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione dell’art. 2054 c.c. e dell’art. 110 d.p.r. 393/59 in relazione
all’art. 360, 1′ comma n. 3 c.p.c. e dell’art. 153; nonché il difetto di
motivazione ai sensi dell’art. 360 lA comma n. 5.
Il motivo è inammissibile perché il ricorrente omette qualsiasi

Il vizio di motivazione consiste nell’errore di interpretazione e applicazione
della norma alla fattispecie concreta nel ricorso manca la “puntuale
indicazione delle norme assuntivamente violate” ed anche le “specifiche
argomentazioni intese a motivatamente dimostrare in qual modo
determinate affermazioni di diritto contenute nella sentenza gravata debbano
ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie2
(Così Cass. n. 11501/2006; Cfr. Cass. n. 2831/2009; Cass. n. 828/2007;
Cass. n. 5353/2007).
In realtà il ricorrente, lungi dal rappresentare il vizio di interpretazione e/o
applicazione dell’art. 2054 c.c. ovvero dell’art. 110 d.p.r. 393/1959
nuovamente, come nel primo motivo, espone una personale ricostruzione
della dinamica del sinistro assumendo che. “risultavano dalle risultanze
testimoniali elementi gravi, precisi e concordanti che avrebbero dovuto
indurre la corte a ritenere che il sinistro si era verificato per colpa esclusiva
del conducente del veicolo rimasto ignoto”.
L’istante, non può limitarsi a dedurre generiche censure di ingiustizia della
sentenza gravata, proponendo una diversa interpretazione e ricostruzione del
fatto storico, ma deve fondare la censura su un specifico e chiaro errore o
vizio della sentenza che rientri in una delle categorie previste dall’art. 360
c.p.c. e, nella specie, perché espressamente richiamate dal ricorrente,
nell’errore di interpretazione e/o applicazione di una norma di legge (art. 36
lA comma n. 3 c.p.c.).
3.3. Il ricorrente nell’ultima parte del secondo motivo afferma, altresì, di
non condividere il rilievo della Corte Territoriale per non aver proposto
appello incidentale avverso la sentenza di primo grado in ordine
all’accertamento della responsabilità esclusiva in luogo di quella presunta e
concorrente.
4

argomentazione a suo sostegno.

Si tratta di una censura generica, senza alcuna argomentazione né
indicazione di un eventuale motivo rientrante in quelli previsti dall’art. 360
c.p.c. per cui non può che esserne dichiarata la inammissibilità. Peraltro la
doglianza è ininfluente per la intervenuta acquiescenza di Pinto Luigi come
correttamente rilevato dalla Corte Territoriale, in ogni caso in questa sede il
rilievo costituisce una contestazione nuova ed in quanto tale inammissibile
perché non sollevata innanzi al giudice di merito.

sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso.”
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti costituite.
La parte ricorrente ha presentato memoria. Le argomentazioni addotte con la
memoria non inficiano i motivi in fatto e in diritto posti a base della
relazione. La parte resistente ha presentato memoria insistendo per il rigetto
del ricorso.
Ritenuto che:
a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il Collegio ha
condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente
infondato;
le spese seguono la soccombenza nel rapporto con la parte costituita;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio a favore di Generali, che liquida in Euro 2300,00=, di cui
Euro 2100,00= per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013

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4. — Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai

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