Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24746 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. VI, 03/10/2019, (ud. 10/01/2019, dep. 03/10/2019), n.24746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3144-2018 proposto da:

M.M., elettivamente PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato PIERINA CARRATU’;

– ricorrente –

contro

ENGIE ITALIA SPA, in persona del Procuratore speciale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARDINAL DE LUCA 10, presso

lo studio dell’avvocato TULLIO ELEFANTE, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ANTONIO ELEFANTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3103/2017 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata

il 20/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza n. 3103/17 il tribunale di Salerno, riformando la sentenza del giudice di pace di Cava dè Tirreni n. 965/2011, ha rigettato l’opposizione dell’avv. M.M. contro cinque decreti ingiuntivi (n. 301, 302, 307, 252 e 259 dell’anno 2010) ottenuti nei suoi confronti dalla ENGIE ITALIA s.p.a. (già Italcogim s.p.a, poi GDF Suez Energie s.p.a.) – società distributrice di gas ed energia elettrica – per il recupero di spese di lite relative ad un pregresso contenzioso in materia di rapporti di somministrazione di gas; spese che essa ENGIE ITALIA aveva versato all’avv. M., quale difensore-distrattario degli utenti che avevano giudizialmente agito contro di lei.

In tali precedenti giudizi la ENGIE ITALIA era rimasta soccombente in primo grado e vincitrice in appello, senza, tuttavia, poter recuperare le spese da lei versate agli utenti in provvisoria esecuzione delle sentenze del giudice di pace; il tribunale infatti – nelle sentenze del 2009 con cui aveva ribaltato in favore della ENGIE ITALIA le decisioni, favorevoli agli utenti, del giudice di pace – aveva tuttavia ritenuto che la ripetizione delle spese del primo grado andasse domandata non agli utenti ma al loro difensore-distrattario, che non era parte nel giudizio. Donde i decreti ingiuntivi della ENGIE ITALIA nei confronti dell’avvocato M. e le conseguenti opposizioni di costui, accolte, previa riunione, dal giudice di pace e poscia rigettate dal tribunale, con la sentenza qui gravata.

In tale sentenza il tribunale salernitano ha osservato:

– che l’eccezione di improponibilità della domanda per abusivo frazionamento del credito, sollevata dall’avvocato M. sul rilievo che la ENGIE ITALIA aveva proposto cinque ricorsi monitori per chiedere la restituzione delle somme a lui versate con unico assegno, doveva ritenersi infondata, in ragione della diversità di titoli e pluralità di crediti sorti con la riforma di diverse e plurime sentenze;

– che il giudice di pace aveva errato nel ritenere che la domanda di restituzione delle somme versate a titolo di spese di lite in esecuzione provvisoria delle sentenze pronunciate in primo grado nei pregressi giudizi relativi ai rapporti di somministrazione di gas, avanzata dalla ENGIE ITALIA contro l’avvocato M., fosse preclusa dal giudicato formatosi sulle sentenze di appello del 2009 che avevano respinto tale domanda nei confronti degli utenti assistiti dall’avvocato M.; nella sentenza gravata si osserva che tale domanda era stata rigettata proprio perchè proposta nei confronti degli utenti e non del loro difensore distrattario, non parte in quei giudizi.

Avverso la sentenza n. 3103/17 del tribunale di Salerno l’avvocato M. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, contrastati con controricorso dalla ENGIE ITALIA s.p.a.

La causa è stata chiamata e decisa nell’adunanza di camera di consiglio del 10 gennaio 2019.

Con il primo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c. e artt. 93 e 324 c.p.c.. Il ricorrente – richiamato il consolidato principio che il difensore distrattario subisce legittimamente gli effetti della sentenza di appello di condanna alla restituzione delle somme già percepite in esecuzione della sentenza di primo grado, benchè non evocato personalmente in giudizio – argomenta che, proprio alla luce di tale principio, il rigetto della domanda di restituzione delle spese pronunciato nelle sentenze del 2009 avrebbe acquistato efficacia di giudicato vincolante nei rapporti tra esso ricorrente e la ENGIE ITALIA.

Il motivo va disatteso, perchè non coglie la portata del giudicato esterno rappresentato dalle sentenze del 2009; in tali sentenze non è contenuto alcun accertamento negativo dell’obbligo del difensore distrattario di restituire le spese del giudizio di primo grado da lui incassate, ma è contenuta l’affermazione (di cui, proprio perchè si tratta di statuizione passata in giudicato, non rileva scrutinare la giuridica fondatezza) che – sulla domanda accessoria dell’appellante ENGIE ITALIA di restituzione delle spese pagate in esecuzione provvisoria della sentenza sfavorevole di primo grado – la legittimazione passiva spettava al difensore distrattario, non partecipante al giudizio, e non ai suoi assistiti, contro i quali

la domanda era stata proposta. E’ evidente come tale statuizione lasciasse impregiudicata l’iniziativa giudiziaria di recupero contro il difensore-distrattario, poi esercitata da ENGIE ITALIA nel presente giudizio.

Col secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del principio dell’infrazionabilità del credito, dolendosi del rigetto, da parte del tribunale, della relativa eccezione. Evidenzia che la società aveva scelto di effettuare un unico pagamento (con un solo assegno) in virtù di titoli diversi (le sentenze del giudice di pace) e argomenta che il rapporto obbligatorio sarebbe rimasto unico, così come il credito, con la conseguenza che unica doveva essere la richiesta giudiziale di restituzione da parte della società, che invece aveva proceduto a richiedere ben 93 decreti ingiuntivi abusando del processo attraverso la creazione di molteplici contenziosi ed aggravando la posizione debitoria dell’appellato. Sottolinea inoltre, richiamando la giurisprudenza in materia, che la società ha locupletato sulla liquidazione delle spese, soprattutto in considerazione dei decreti monitori depositati tutti lo stesso giorno e aventi tutti identità di soggetti, causa petendi e petitum.

Anche questa censura è infondata.

In tema di infrazionabilità del credito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito, con la sentenza n. 4090 del 16.02.2017, che il principio per cui più domande fondate su un medesimo rapporto tra le stesse parti possono essere proposte in giudizi autonomi solo qualora il creditore abbia un interesse oggettivamente valutabile alla tutela processuale frazionata opera in relazione alle domande che, pur avendo ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, risultino in proiezione inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, siano fondate sullo stesso fatto costitutivo, sì da non poter essere accertate separatamente se non a costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente dispersione della conoscenza dell’identica vicenda sostanziale.

Nel caso in esame si è fuori dalla portata della citata pronuncia, perchè è evidente che le domande di restituzione avanzate dalla società nei confronti dell’avv. M. non solo non fanno capo ad un medesimo rapporto tra le stesse parti, ma non sono neppure, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato o, comunque, fondate sullo stesso fatto costitutivo; infatti, come esattamente rilevato dal tribunale “i titoli in forza dei quali le somme erano versate dall’appellante all’appellato sono diversi e sono rappresentati dalle plurime e diverse sentenze del giudice di pace e… solo con la riforma delle predette sentenze del giudice di pace, disposta con plurime sentenze di appello, è sorto il diritto della società odierna appellante alla restituzione delle somme” (pag. 4 della sentenza).

In definitiva il ricorso va rigettato in relazione ad entrambi i motivi in cui esso si articola.

Le spese seguono la soccombenza.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 710, oltre Euro 100 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Si dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

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