Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24744 del 05/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 05/11/2020, (ud. 15/07/2020, dep. 05/11/2020), n.24744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – rel. Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19004/2013 R.G. proposto da:

Immobiliare Angela s.a.s. di M.L. & C., in persona

del legale rappresentante pro tempore sig.a L.M.;

nonchè dei soci L.V.A., L.I.,

L.M., tutti con l’avv. Giorgio Gentili nel domicilio

eletto anche in forma telematica presso il di lui studio in Torino,

alla via XX settembre, n. 62;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per il

Piemonte, n. 33/06/12 depositata in data 16/05/2012 e non

notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 luglio

2020 dal Co: Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società contribuente opera nel settore della costruzione, alienazione e locazione di beni immobili ed a seguito di accesso mirato conclusosi con consegna di pvc in data (OMISSIS) era attinta da avviso di accertamento per l’anno di imposta 2003, con ripresa a tassazione di somme non fatturate ricostruite con metodo analitico induttivo per non aver la società annotato il valore delle rimanenze, nè compilato l’apposito prospetto per la loro valutazione. Venivano anche rilevati costi indeducibili perchè non documentati, non inerenti e non del periodo di competenza.

Il tentativo di accertamento con adesione dava esito negativo, donde scaturivano ricorsi proposti dalla società e dai soci, ancorati su plurimi motivi di rito e di merito, segnatamente sulla natura non commerciale della società, da intendersi più come una comunione familiare, sulla carenza dei presupposti di legge per la ricostruzione induttiva del reddito, sull’assenza fisiologicamente ripetuta negli ultimi esercizi del registro delle rimanenze e che il prezzo riscosso era servito soprattutto per assolvere le ipoteche di cui erano gravati gli immobili alienati in seguito ai fallimenti di altre società di famiglia e che, infine, non si potesse fare riferimento ai valori OMI, perchè non rappresentativi degli immobili concretamente venduti.

Il giudice di prossimità riuniva i ricorsi e li rigettava con sentenza confermata in appello, avverso la quale propongono ricorso per cassazione la società ed i soci, svolgendo quattro articolati motivi di doglianza, cui replica l’Avvocatura generale dello Stato, con tempestivo controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti quattro motivi di ricorso.

0. Ai fini della regolarità del contraddittorio occorre darsi atto che il ricorso per cassazione non risulta notificato al litisconsorte L.P.L.A., che è stato parte dei precedenti gradi di giudizio. La questione può essere superata alla stregua della giurisprudenza della Corte in tema di ragionevole durata del processo (più di recente Cass. II, 10 maggio 2018, n. 11287) ritenendosi superflua la relativa formalità anche in caso di ricorso manifestamente infondato.

1. Con il primo motivo si solleva censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè ex art. 360 c.p.c., n. 5, per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 3, e dell’art. 53 Cost., nonchè per omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nella sostanza lamentando che il collegio abbia ritenuto superabile la natura di società commerciale della ricorrente, ma abbia ritenuto che i soci non abbiano fornita adeguata prova che invece vi sarebbe stata, come da plurime circostanze riprese da pag. 10 in avanti del ricorso e su cui la motivazione sarebbe carente. Nella seconda parte del motivo si lamenta la violazione del principio di capacità contributiva, protestando il carattere insostenibile dell’accertamento. Il motivo impinge nel merito, richiedendo un apprezzamento antitetico al convincimento della CTR circa la natura formale e sostanziale di società in accomandita semplice della contribuente, cioè una valutazione che resta inibita a questa Corte di legittimità. E’ appena il caso di rammentare che il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (tra le tante: Cass. 11 gennaio 2016 n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26610), ove non sia possibile cogliere l’iter logico argomentativo che sostiene la motivazione, non potendosi chiedere un nuovo apprezzamento degli apporti probatori, in disparte che le incongruenze lamentante circa il maggior ricavo accertato ed i minor costi ammessi emergono prendendo per vero il dichiarato.

Il motivo è dunque inammissibile.

2. Con il secondo motivo si solleva censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè ex art. 360 c.p.c., n. 5, per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, comma 1, (ora art. 109), e dell’art. 53 Cost., e omessa, contraddittoria ed insufficiente motivazione per aver ritenuto indeducibili i costi sostenuti per l’immobile di via de Rivoli, perchè non emerge dalle fatture pagate la riferibilità al ripianamento dei debiti, oltre che una diversa riferibilità rispetto all’esercizio di imputazione.

3. Con il terzo motivo si solleva censura ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa contraddittoria ed insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo, nella specie consistente nella circostanza che i prezzi si riferivano ad immobili da ristrutturare.

3.1. I motivi possono essere trattati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione. Sono inammissibili ove richiedono una rivalutazione del merito circa prova dell’inerenza e sulla riferibilità delle fatture, sono infondati dove ritengono non adeguatamente motivata la sentenza su tali singoli capi. Ed infatti, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la mera facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico -formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, cui in via esclusiva spetta il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, di dare (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge) prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (v. Cass., IV, n. 8718/2005, n. 4842/2006, Cass. V, n. 5583/2011). Non ricorre vizio di omessa pronuncia su punto decisivo qualora la soluzione negativa di una richiesta di parte sia implicita nella costruzione logico-giuridica della sentenza, incompatibile con la detta domanda (v. Cass., 18/5/1973, n. 1433; Cass., 28/6/1969, n. 2355). Quando cioè la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, anche se manchi una specifica argomentazione in proposito (v. Cass., 21/10/1972, n. 3190; Cass., 17/3/1971, n. 748; Cass., 23/6/1967, n. 1537). Secondo risalente insegnamento di questa Corte, al giudice di merito non può invero imputarsi di avere omesso l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacchè nè l’una nè l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto convincimento come nella specie risulti da un esame logico e coerente, non già di tutte le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, bensì solo di quelle ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo. In altri termini, non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. V, n. 5583/2011).

I motivi sono quindi infondati e non meritano accoglimento.

4. Con il quarto motivo si solleva censura ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e dell’art. 2697 c.c., nonchè dell’art. 53 della Carta, nella sostanza ritenendo non sussistessero di requisiti di gravità, presunzione e concordanza degli indizi per desumere l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività esposte in dichiarazione. Tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte, da ultimo 1347/2019, “l’accertamento con metodo analitico-induttivo, con quale cui il fisco procede alla rettifica di singoli componenti reddituali, ancorchè di rilevante importo, è consentito, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacchè la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata” (cfr. Cass. nn. 20060/2014; 20857/2007; cfr., altresì, Cass. nn. 9084/2017; 14428/2005; con riferimento specifico all’IVA, si veda, altresì, Cass. n. 7184/2009; 6800/2009; 21165/2005); è stato, infine, affermato che “in tema di prova civile conseguente ad accertamento tributario, gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi – benchè l’art. 2729 c.c., comma 1, il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, comma 4, e il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, si esprimano al plurale – potendosi il convincimento del Giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave, la valutazione della cui rilevanza, peraltro, nell’ambito del processo logico applicato in concreto, non è sindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria” (cfr. Cass. nn. 656/2014; 17574/2009; 8484/2009).

Questi principi ha ben governato la gravata sentenza, sicchè il motivo è infondato e dev’essere rigettato.

In definitiva il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità a favore della Agenzia delle entrate che liquida in Euro settemilaottocento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 -bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 15 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 5 novembre 2020

 

 

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