Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24744 del 05/11/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 24744 Anno 2013
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: GIACALONE GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso 1634-2012 proposto da:
PERRONE

ANTONIO

PRRNTN72L10E469D,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso
lo studio dell’avvocato BARBANTINI GOFFREDO,
rappresentato e difeso dall’avvocato PUGLIESE PIETRO,
giusta mandato alle liti in calce al ricorso;
– ricorrente contro

PROVINCIA DI TARANTO in persona del Presidente protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
ZANARDELLI 20, presso lo studio dell’avvocato
ALBISINNI LUIGI, rappresentata e difesa dall’avvocato
SEMERARO CESARE, giusta delega a margine del
controricorso;

Data pubblicazione: 05/11/2013

- controricorrente contro

ALLIANZ SPA (già RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ SPA)
in qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia
per le Vittime della Strada in persona del

PANAMA 88, presso lo studio dell’avvocato SPADAFORA
GIORGIO, che la rappresenta e difende, giusta mandato
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente contro

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA (nuova denominazione di UGF
– Unipol Gruppo Finanziario SpA, società incorporante
la Navale Assicurazioni SpA) in persona del suo
procuratore ad negotia, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 27, presso lo studio
dell’avvocato MELUCCO ANDREA, che la rappresenta e
difende, giusta delega a margine del controricorso;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 243/2010 della CORTE D’APPELLO
di LECCE – Sezione Distaccata di TARANTO del
10.5.2010, depositata 1’8/11/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 10/10/2013 dal Consigliere Relatore
Dott. GIOVANNI GIACALONE;
udito

per

la

controricorrente

(Allianz

SpA)

procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

l’Avvocato Antonio Manganiello (per delega avv.
Giorgio Spadafora) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del
Dott. PIERFELICE PRATIS che si riporta alla relazione

scritta.

26) R. G. n. 1634/2012
IN FATTO E IN DIRITTO
Nella causa indicata in premessa. é stata depositata la seguente relazione: “1
— La sentenza impugnata, depositata 1’8 novembre 2010, ha respinto
l’appello principale del Perrone, osservando, per un verso, che la presenza
di radici di un albero sul margine della strada, circostanza di fatto

dimensioni tali da poter essere bene avvistata; ciò avrebbe dovuto indurre il
Perrone ad adeguare la velocità del motociclo alle condizioni di luogo; se il
Perrone avesse circolato a moderata velocità e sul margine destro della sua
carreggiata avrebbe facilmente avvistato i modesti rigonfiamenti ed avrebbe
evitato ogni conseguenza dannosa; il Perrone, inoltre, avrebbe dovuto
provare che fosse stato esclusivamente il veicolo rimasto ignoto a
determinare il sinistro, mentre vi era la prova del contrario dovendosi
ritenere accertata la violazione dell’art. 143 C.d.S. in capo al Perrone e non
accertata la responsabilità di detto veicolo; non era applicabile la
presunzione ex art. 2054, secondo comma, c.c., operante solo in caso di
collisione, nella specie non verificatasi, come ammesso nel’ atto introduttivo
dallo stesso odierno ricorrente.
2 — Ricorre per cassazione il Perrone con due motivi; la Provincia, l’Unipol
e l’Allianz (già RAS) resistono con rispettivi controricorsi.
3. — Il ricorrente deduce i seguenti motivi:
3.1. violazione di legge ex art. 360 n. 3 c.p.c., circa la ritenuta non
applicabilità dell’art. 2051 c.c. e 2043 c.c., nonché errata applicazione
dell’art. 143 C.d.S.
3.2. omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex art. 360 n. 5
c.p.c. sempre per avere erroneamente escluso la Corte territoriale la
sussistenza di un’insidia.
4.1. – Le censure — che possono trattarsi congiuntamente data l’intima
connessione, essendo tutte rivolte a contestare la ritenuta mancanza
dell’insidia e la ricostruzione del sinistro – implicano accertamenti di fatto e
valutazioni di merito. Ripropongono, in realtà, un’inammissibile “diversa
lettura” delle risultanze probatorie, senza tenere presente:
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assolutamente naturale, non costituiva insidia, essendo peraltro di

4.2. quanto alla valutazione di elementi probatori (contestate specie nella
seconda censura), il controllo di legittimità sulla motivazione della sentenza
e quindi su di un giudizio di fatto dei giudici di merito non può spingersi
fino alla rielaborazione dello stesso alla ricerca di una soluzione alternativa
rispetto a quella ragionevolmente raggiunta, da sovrapporre, quasi a formare
un terzo grado di giudizio di merito, a quella operata nei due gradi
precedenti, magari perché ritenuta la migliore possibile, dovendosi

censure proposte dalla parte ricorrente) nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c..
Tale controllo riguarda infatti unicamente (attraverso il filtro delle censure
mosse con il ricorso) il profilo della coerenza logico-formale e della
correttezza giuridica delle argomentazioni svolte, in base all’individuazione,
che compete esclusivamente al giudice di merito, delle fonti del proprio
convincimento, raggiunto attraverso la valutazione delle prove, il controllo
della loro attendibilità e concludenza, scegliendo tra di esse quelle ritenute
idonee a sostenerlo all’interno di un quadro valutativo complessivo privo di
errori, di contraddizioni e di evidenti fratture sul piano logico, nel suo
interno tessuto ricostruttivo della vicenda (cfr., per tutte, Cass. S.U. 11
giugno 1998 n. 5802 e, più recentemente, Cass., nn. 27162/09, 26825/09,
15604/07 e 21153/10, in motivazione);
4.3. quanto agli elementi di cui s’invoca l’omessa considerazione nel
secondo motivo, si deve ribadire che i motivi del ricorso per cassazione
devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese
nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la
prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di
contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di
questioni rilevabili d’ufficio. Il ricorrente, al fine di evitare una statuizione
d’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare
l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, ma anche
di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar
modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale
asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. n. 19976/2009;
13958/2007, in motivazione; 7981/2007; 2140/2006; 22154/2004;
4.4. nonché, circa le restanti censure del primo motivo, il consolidato
orientamento di questa S.C. secondo cui, in tema di responsabilità civile per
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viceversa tale controllo muovere esclusivamente (attraverso il filtro delle

i danni cagionati da cose in custodia, la fattispecie di cui all’art. 2051 cod.
civ. individua un’ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente per
l’applicazione della stessa la sussistenza del rapporto di custodia tra il
responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo. Pertanto non
assume rilievo in sé la violazione dell’obbligo di custodire la cosa da parte
del custode, la cui responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, fattore che
attiene non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale
dell’evento, riconducibile in tal caso non alla cosa che ne è fonte immediata

ma ad un elemento esterno. Ne consegue, l’inversione dell’onere della
prova in ordine al nesso causale, incombendo comunque sull’attore la
prova del nesso eziologico tra la cosa e l’evento lesivo e sul convenuto la
prova del caso fortuito. Sia l’accertamento in ordine alla sussistenza della
responsabilità oggettiva che quello in ordine all’intervento del caso fortuito
che lo esclude involgono valutazioni riservate al giudice del merito, il cui
apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto da
motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. n.
6753/2004). L’attore che agisce per il riconoscimento del danno ha,
quindi, l’onere di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa
e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto, per liberarsi dalla sua
responsabilità, deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera
soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale (Cass. 4279708;
20427708; 5910/11 secondo cui la norma dell’art. 2051 cod. civ., che
stabilisce il principio della responsabilità per le cose in custodia, non
dispensa il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra queste
ultime e il danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come
conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente
lesiva, posseduta dalla cosa – Principio enunciato ai sensi dell’art. 360-bis,
n. 1, cod. proc. civ.).
4.5. La sentenza impugnata, invece, ha congruamente spiegato le ragioni
della propria decisione, proprio esaminando gli elementi la cui
considerazione il ricorrente assume che sia stata erroneamente valutata.
Attenendosi ai riferiti principi, non é stato provato che fosse stato
esclusivamente il veicolo rimasto ignoto a determinare il sinistro, mentre vi
é la prova del contrario dovendosi ritenere accertata la violazione dell’art.
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(,

143 C.d.S. in capo al Perrone e non accertata la responsabilità di detto
veicolo, assumendo quindi rilievo decisivo il fatto dello stesso danneggiato.
4.6. Le doglianze comunque sono (oltre che inammissibili anche)
manifestamente infondate atteso:
– da un lato, che la responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. per i danni
cagionati da cose in custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di
custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa,

pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa; detta
norma non esonera il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale tra
cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si è prodotto come
conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva,
posseduta dalla cosa mentre resta a carico del custode offrire la prova
contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità mediante la
dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera
di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità
e di assoluta eccezionalità costituisce caso fortuito anche la riferibilità
dell’evento a una condotta colposa dello stesso danneggiato (Cass., 17
gennaio 2008, n. 858) e nella specie è stato escluso un nesso causale tra la
cosa in custodia e il sinistro occorso al ricorrente;
– dall’altro, che il caso fortuito cui fa riferimento l’art. 2051 c.c. deve
intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e del fatto
dello stesso danneggiato (Cass. 19 febbraio 2008 n. 4279). Deve ribadirsi infatti – che nel caso in cui l’evento di danno sia da ascrivere esclusivamente
alla condotta del danneggiato, la quale abbia interrotto il nesso causale tra la
cosa in custodia e il danno, si verifica un’ipotesi di caso fortuito che libera il
custode dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. (Cass. 19 febbraio 2008
n. 4279).
6. — Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai
sensi degli artt. 375, 376, 380 bis c.p.c. ed il rigetto dello stesso.”
La relazione é stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata ai
difensori delle parti costituite.
La parte resistente ha presentato memoria, insistendo per il rigetto del
ricorso.
Ritenuto che:
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tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di

a seguito della discussione sul ricorso in camera di consiglio, il collegio ha
condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;
che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente
infondato;
le spese seguono la soccombenza a favore delle parti costituite;
visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..
P.Q.M.

presente giudizio a favore di ciascuna parte costituita, che liquida in Euro
3300,00=, di cui Euro 3100,00= per compensi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 10 ottobre 2013

CEPOEITAR3 IN CANCELLERIA

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del

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