Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24743 del 08/10/2018

Cassazione civile sez. lav., 08/10/2018, (ud. 21/02/2018, dep. 08/10/2018), n.24743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRONZINI Giuseppe – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – rel. Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13511-2013 proposto da:

F.N., C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato ETTORE LEPERINO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

INTESA SAN PAOLO S.P.A., già BANCA INFRASTRUTTURE INNOVAZIONE E

SVILUPPO S.P.A. – BIIS S.P.A., già BANCA OPI S.P.A., in persona del

legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA

TAMAJO, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6360/2012 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 15/11/2012 R G.N. 4697/2007;

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE, esaminati gli atti e sentito il consigliere relatore, OSSERVA:

Con ricorso in data 11 marzo 2004 F.N. convenne in giudizio davanti al giudice del lavoro di Napoli la Banca Infrastrutture Innovazione Sviluppo S.p.a., chiedendo che gli fosse riconosciuto il diritto ex art. 2103 c.c. ad essere inquadrato nel 4^ livello quadri direttivi, ovvero, in subordine, nel 3^ livello quadri direttivi, con la condanna quindi della convenuta al pagamento delle conseguenti differenze retributive e con vittoria delle spese di lite. L’attore aveva dedotto di essere stato alle dipendenze della società Banco di Napoli con inquadramento nella 3a area professionale, 4^ livello retributivo, dal mese di luglio dell’anno 2000, di essere quindi passato alle dipendenze della Banca OPI dal 1 gennaio 2003 (a seguito di conferimento a tale società del ramo aziendale enti pubblici infrastrutture della Banco di Napoli), con inquadramento a decorrere dal 2 gennaio 2003 nel 1^ livello quadri direttivi; di avere svolto, però, fin dal 14 gennaio 2002 mansioni superiori riconducibili al 4^ livello quadri direttivi, ovvero, in subordine, al 3^ livello, a seguito della preposizione all’Ufficio 16 – amministrazione crediti speciali, quindi con apposito provvedimento della Banca nominato preposto di tutto l’Ufficio 16 in sostituzione del funzionario dr. S., collocato a riposo.

Con sentenza in data 12 dicembre 2006 – 5 marzo 2007 il giudice adito, sulla scorta del solo libero interrogatorio delle parti, rigettava la domanda di parte attrice, compensando le spese di lite.

Tale sentenza veniva, quindi, impugnata dal F. come da ricorso del 30 maggio 2007, “censurando, con articolate argomentazioni, la motivazione della predetta sentenza per l’erronea valutazione da parte del 1^ giudice delle risultanze del libero interrogatorio delle parti” (così la pronuncia di 2^ grado).

La Corte d’Appello di Napoli con sentenza n. 6360 in data 22 ottobre – 15 novembre 2012 codice rigettava l’interposto gravame, compensando le relative spese, in effetti sulla scorta di quanto dichiarato in sede di libero esame dal diretto interessato e dal procuratore speciale della banca convenuta. Secondo i giudici di merito, non spettava la qualifica di quadro, perchè il F. non aveva poteri di negoziazione, nè di firma per l’esterno, non era proposto ad alcuna succursale, agenzia o filiale, e si limitava a firmare la minuta degli atti diretti a terzi.

Il dott. F.N., quindi, ha impugnato l’anzidetta pronuncia di appello mediante ricorso per cassazione notificato il 13 maggio 2013, affidato a tre motivi, osservando in particolare che in base al testo della contrattazione collettiva operante nella specie la qualifica di quadro non competeva necessariamente ai soli preposti ad agenzie, succursali etc., e che il potere di negoziazione costituiva soltanto requisito eventuale. Peraltro, non era stato considerato il fatto che nella struttura, cui esso ricorrente era stato assegnato, tra i vari addetti figurava addirittura pure un dipendente con la qualifica di quadro, che tutta la corrispondenza per l’esterno, ossia verso terzi, recava necessariamente una doppia firma, come da prassi regolamentare BancoNapoli, nel caso specifico quella di esso e quella del quadro direttivo cui egli faceva capo. Neppure era stato debitamente valutato il fatto che erano state riconosciute molte ore di lavoro straordinario, però soltanto alcune di essere attribuite. Immotivatamente vi era stata, altresì, mancata ammissione della pur richiesta prova testimoniale.

All’anzidetta impugnazione ha resistito INTESA SANPAOLO S.p.a. (già Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo S.p.a., a seguito di scissione e incorporazione, giusta l’atto per notar M. di Torino in data 21 novembre 2012), mediante controricorso del 20/21 giugno 2013. Nonostante rituali e tempestivi avvisi, la sola controricorrente ha depositato memoria illustrativa (nè risulta depositata in atti requisitoria dal Pubblico Ministero in sede).

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il 1^ motivo di ricorso è stata lamentata la violazione e la falsa applicazione dell’art. 66 nonchè art. 78 C.C.N.L. bancari – aziende di credito e finanziarie 11 luglio 1999, nonchè dell’art. 12 disp. gen. – error in judicando per erronea qualificazione giuridica della situazione di fatto;

con il 2^ motivo sono stati denunciati l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e violazione nonchè falsa applicazione degli artt. 66, 67 e 78 del suddetto c.c.n.l. 11-0799, e del cit.. art. 12. La Corte distrettuale, in particolare, non aveva tenuto conto dell’accordo collettivo integrativo riportato nella circolare n. 66 del 28 febbraio 2002 dell’ente relazioni sindacali Banco di Napoli, concernente declaratoria per l’inserimento nella dirigenza nel terzo e quarto livello retributivo dei quadri direttivi e nei ruoli chiave:

con il 3^ motivo è stata dedotta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, art. 420 c.p.c., comma 5, art. 421 c.p.c., comma 2 nonchè art. 24 Cost., relativamente mancata ammissione della prova testimoniale, attesa la necessità di istruire la causa, sicchè il collegio giudicante doveva concedere al ricorrente la possibilità di dimostrare con testimoni del proprio indicazione ed aveva l’obbligo di valutare la fondatezza delle stesse circa il potere di firma e le modalità di esplicazione anche con un confronto della documentazione esibita; le anzidette doglianze, che per la loro evidente connessione possono essere esaminate congiuntamente, appaiono fondate nei seguenti termini;

invero, l’art. 66 del succitato contratto collettivo così recita: “La categoria dei quadri direttivi è articolata in quattro livelli retributivi.

Sono quadri direttivi i lavoratori/lavoratrici che, pur non appartenendo alla categoria dei dirigenti, siano stabilmente incaricati dall’azienda di svolgere, in via continuativa e prevalente, mansioni che comportino elevate responsabilità funzionali ed elevata preparazione professionale e/o particolari specializzazioni, e che abbiano maturato una significativa esperienza, nell’ambito delle strutture centrali e/o nella rete commerciale, ovvero della responsabilità nella direzione, coordinamento e/o controllo di altri lavoratori/lavoratrici appartenenti alla presente categoria e/o alla 3a area professionale, ivi comprese le responsabilità connesse di crescita professionale e verifica dei risultati raggiunti dai predetti diretti collaboratori. Tali funzioni e compiti possono prevedere l’effettivo esercizio dí poteri negoziali nei confronti dei terzi, in rappresentanza dell’azienda, da esplicarsi con carattere di autonomia e discrezionalità, in via generale, nell’ambito definito dalle deleghe di poteri aziendali conferite al riguardo, anche in via congiunta, restando comunque escluse le facoltà di firma a carattere meramente certificativo o dichiarativo o simili.

Nell’ambito della predetta declaratoria sono inquadrati nella predetta categoria: gli incaricati di svolgere attività specialistiche caratterizzate generalmente dal possesso di metodologie professionali complesse, da procedure prevalentemente non standard, con input parzialmente definiti in contesti sia stabili che innovativi (ad esempio nell’ambito dei seguenti rami di attività: legale, analisi e pianificazione organizzativa, controllo di gestione, marketing, ingegneria finanziaria, auditing, tesoreria);

i responsabili della gestione significativi segmenti o gruppi di clientela o i responsabili di linee di prodotto e/o di attività di promozione e di consulenza finanziaria con rilevante autonomia di poteri conferiti per il raggiungimento degli obiettivi aziendali; i proposti a succursale, comunque denominate…

Fermo quanto sopra viene comunque riconosciuto, quale inquadramento minimo, il 1^ livello retributivo per i preposti a succursale da 5 a 6 addetti compreso il proposto; il 2^ livello retributivo se gli addetti sono 7; il 3^ livello retributivo da 8 a 9 addetti ed il 4^ livello retributivo da 10 addetti in poi….”;

pertanto, il ricorrente aveva dedotto lo svolgimento da gennaio 2002 di continue funzioni richiedenti un elevato grado di capacità gestionale, organizzativa professionale, di rilevante importanza ai fini dello sviluppo dell’attuazione degli obiettivi dell’azienda in un settore di valenza strategica particolare, avendo anche partecipato attivamente al raggiungimento degli obiettivi produttivi mediante collaborazione diretta con i dirigenti. Inoltre, aveva ia responsabilità della firma nei confronti sia delle gerarchie superiori della struttura e sia verso l’esterno, compresi soggetti terzi, al riguardo evidenziando che nello svolgimento dei suddetti compiti sottoscriveva atti in rappresentanza della direzione generale, che vincolavano direttamente il Banco verso terzi, il tutto come da esibita documentazione. In particolare, circa il requisito della direzione, del coordinamento e del controllo di altri lavoratori, l’attore aveva evidenziato di essere stato assegnato come proposto dall’Ufficio 15^, composto di 15 unità, coordinando tutte le risorse umane presenti, tra cui un quadro direttivo, 10 capiufficio inquadrati nella 3a area professionale con il 4^ livello retributivo, una risorsa appartenente alla 3a area professionale di 30 livello e 2 appartenenti alla 3a area professionale con il 1^ livello retributivo. Pertanto, in base al succitato art. 66 aveva rivendicato il diritto al riconoscimento del 40 livello retributivo, essendo stato egli proposto ad un segmento significativo dell’azienda, formato da più di 10 addetti. Inoltre, l’anzidetta circolare del 28 febbraio 2002 (concernente le nuove norme relative allo sviluppo professionale nell’area quadri, concordate con le oo.ss., in attuazione delle disposizioni di rinvio della contrattazione nazionale) aveva definito anche i criteri per l’inserimento nel 3^ e nel 4^ livello dei quadri direttivi: risorse in possesso di conoscenze e competenze professionali particolarmente approfondite e con adeguato livello di autonomia gestionale di realtà organizzative o contesti operativi complessi; responsabilità di unità organizzative/progetti richiedenti il coordinamento anche di quadri direttivi in aree business/specialistiche; a responsabili -al 2^ livello di riporto dei responsabili degli enti centrali o 4^ delle strutture di coordinamento territoriale – di rilevanti comparti di produzione – amministrazione richiedenti il coordinamento di quadri direttivi;

in proposito l’attore aveva pure allegato che l’ufficio 16^ dell’Ente Centro Processi Operativi era una realtà organizzativa complessa (aveva accentrato tutti i back-office operativi del Banco su scala nazionale, gestendo i processi amministrativo-contabili reattivi a tutte le tipologie di credito), di cui esso ricorrente era stato responsabile, in possesso di conoscenze e competenze professionali particolarmente approfondite, in relazione ad attività precedentemente svolte da un ex funzionario inquadrato nel 4^ livello retributivo dell’area quadri, operando altresì con adeguato livello di autonomia gestionale, dirigendo e coordinando in particolare 14 persone, tra cui il quadro direttivo C.G., ed avendo la gestione amministrativo-contabile di impieghi per complessivi 4500 miliardi di Lire circa, collocandosi inoltre al secondo livello di riporto di responsabile di ente centrale – come il Centro processi operativi nell’ambito della Direzione generale – con a capo il dr. D.F. (responsabile di ente centrale, dirigente aziendale), cui faceva capo il dr. C. (responsabile del Centro processi Operativi – Crediti speciali), al quale unicamente si rapportava esso F. dr. N.;

che, pertanto, appaiono legittime e giustificate le doglianze di parte ricorrente in ordine alla sommaria e lacunosa lettura dell’anzidetta contrattazione collettiva, nonchè riguardo alla pur immotivata omessa attività istruttoria, a fronte delle richieste dei mezzi di prova, però invocati dal ricorrente – appellante, sicchè evidentemente a quest’ultimo non può muoversi alcun addebito in proposito;

che, invero, dalla lettura della richiamata contrattazione collettiva, nella specie ratione temporis applicabile, si evince agevolmente come il potere di negoziazione e/o la preposizione ad uffici periferici, quali succursali o agenzie e simili, non integrassero elementi imprescindibili in base alle anzidette declaratorie per poter meritare l’inquadramento invocato dal dr. F., visto altresì che costui risultava preposto ad un ufficio di notevole rilevanza in seno alla direzione generale del Banco, laddove poi la questione della firma nemmeno appare dirimente ai fini della decisione, dovendo in proposito peraltro valutarsi, in sede di merito, alla stregua della documentazione prodotta, le norme interne di Banco Napoli, all’epoca vigenti, circa la doppia firma per ogni comunicazione esterna (del resto la carente valutazione delle emergenze processuali dell’impugnata decisione appare evidente anche dalla lettura delle pagine 2 e 3 della stessa, laddove in parte narrativa si dava atto che la decisione appellata era stata pronunciata dopo l’interrogatorio libero delle parti, le cui risultanze venivano quindi censurate dall’appellante con il ricorso del 30 maggio 2007, ma assumendo in parte motiva che le “mansioni descritte dai testi – invero non risultando mai essere stati sentiti, per mancata ammissione del mezzo istruttorio – le cui deposizioni devono essere doverosamente analizzate anche alla luce della produzione documentale, appaiono riconducibili all’inquadramento riconosciuto dalla società e ritenuto congruo dal primo giudice”. Per giunta, la medesima sentenza dava atto di un appello incidentale condizionato da parte della società in ordine a due questioni, la prima soltanto delle quali risulta esaminata con il rigetto della eccezione dell’inammissibilità del gravame principale, mentre il dispositivo datato 22 ottobre 2012 risulta soltanto formulato in termini di rigetto dell’appello, senza alcuna ulteriore precisazione sul punto, se non per la dichiarata compensazione delle spese, però motivata soltanto “in ragione della natura delle questioni esaminate e della diversa qualità delle parti”, perciò senza alcun riferimento ad una eventuale reciproca soccombenza dovuta al rigetto di entrambe le impugnazioni, tra cui quella incidentale, volta tra l’altro ad ottenere la “condanna del F. alla restituzione delle somme percepite nell’anno ‘02 a titolo di lavoro straordinario”);

d’altro canto, va anche ricordato come le dichiarazioni rese in sede d’interrogatorio libero o non formale, che è istituto finalizzato alla chiarificazione delle allegazioni delle parti e dotato di funzione probatoria a carattere meramente sussidiario, non possano avere valore di confessione giudiziale ai sensi dell’art. 229 c.p.c., ma possano soltanto fornire al giudice elementi sussidiari di convincimento utilizzabili ai fini del riscontro e della valutazione delle prove già acquisite (cfr. sul punto Cass. lav. n. 17239 del 22/07/2010. In senso conforme v. anche Cass. lav. n. 12500 del 26/08/2003 e n. 1519 del 27/02/1990);

ricorre il vizio di omesso esame di un fatto decisivo e controverso di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, (nel testo attualmente vigente, all’esito delle modiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. in L. n. 134 del 2012), anche quando venga preclusa alla parte la possibilità di assolvere l’onere probatorio su lei gravante, sulla base di motivazioni apparenti o perplesse (Cass. 3 civ. n. 12884 del 22/06/2016.

V. altresì Cass. 3 civ. n. 9952 del 20/04/2017, secondo cui il provvedimento giurisdizionale che dapprima non esamini le prove richieste dalla parte, nè per accoglierle nè per rigettarle, e poi rigetti la domanda ritenendola indimostrata, viola il c.d. minimo costituzionale richiesto – nei sensi di Cass. S.U. civ. nn. 8053 e 8054 del 2014 – per la motivazione. Parimenti, Cass. Sez. 6^ civ. – 3, con ordinanza n. 26538 del 09/11/2017, ha ritenuto che la motivazione deve ritenersi affetta dal vizio di contraddittorietà insanabile e viola, quindi, il “minimo costituzionale”, qualora il giudice di merito rigetti la domanda ritenendola non provata dopo aver respinto una richiesta non inammissibile di prova.

Cfr. ancora Cass. 6^ civ. – 5, ordinanza n. 22022 del 21/09/2017, secondo cui deve considerarsi nulla la sentenza di appello qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello.

Inoltre, Cass. 3^ civ. con la sentenza n. 16502 del 5/7/2017 ha avuto modo di affermare che nella nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, pur essendo il sindacato di legittimità sulla motivazione ridotto al “minimo costituzionale”, riservata al giudice del merito la valutazione dei fatti e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, tuttavia la Corte di Cassazione può verificare l’estrinseca correttezza del giudizio di fatto sotto il profilo della manifesta implausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze e, pertanto, può sindacare la manifesta fallacia o non vedrai delle premesse o l’intrinseca incongruità o contraddittorietà degli argomenti, onde ritenere inficiato il procedimento inferenziale ed il risultato cui esso è pervenuto, per escludere la corretta applicazione della norma entro cui è stata sussunta la fattispecie);

nei sensi anzidetti, pertanto, la sentenza qui impugnata va cassata, con conseguente rinvio, ex artt. 384 e 385 c.p.c., alla medesima Corte partenopea (in diversa composizione), perchè, avuto riguardo alle anzidette fonti della contrattazione collettiva, del cui completo tenore occorre aver riguardo unitamente al regolamento aziendale per la parte relativa alla sottoscrizione dei documenti con rilevanza esterna, diretti a terzi, e compiuti tutti i conseguenti accertamenti in punto di fatto occorrenti, anche con l’espletamento di opportuna istruttoria, decida nel merito la controversia, provvedendo altresì sulle spese di questo giudizio;

stante l’accoglimento dell’impugnazione, non sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018

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