Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24742 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. un., 05/12/2016, (ud. 15/11/2016, dep. 05/12/2016), n.24742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Presidente di sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27045-2015 proposto da:

RIVOIRA PHARMA S.R.L., in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA ZANETTI, che la rappresenta e

difende, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SAPIO LIFE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44, presso

lo studio dell’avvocato GIUSEPPE DE VERGOTTINI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati EMANUELA PERSICHETTI e MARIA

ROSARIA AMBROSINI;

AZIENDA DI SERVIZI ALLA PERSONA “GOLGI-REDAELLI”, in persona del

Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

LARGO MESSICO 7, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO TEDESCHINI,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati IVAN MARTIN

MOLLICHELLA e GIANGIACOMO RUGGERI, per delega in calce al

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

SICO SOCIETA’ ITALIANA CARBURO OSSIGENO S.P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3517/2015 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 14/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2016 dal Presidente Dott. ANTONIO DIDONE;

uditi gli avvocati Andrea ZANETTI, Gianmaria COVINO per delega

dell’avvocato Federico Tedeschini e Marco PETITTO per delega

dell’avvocato Giuseppe de VERGOTTINI;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Con Det. dirigenziale 20 dicembre 2013, n. 144 l’Azienda di servizi alla persona – ASP Golgi – Redaelli di Milano ha indetto una procedura aperta, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, relativa alla fornitura triennale di gas (medicali, per laboratorio analisi, per esami spirometrici, per uso tecnico, per uso alimentare), comprensiva del servizio di manutenzione di impianti e dispostivi medici presso gli istituti Geriatrici amministrati, per un importo a base d’asta pari a complessivi Euro 1.005.675, 35 oltre IVA.

Alla gara in questione, ha partecipato, tra le altre imprese, pure la Rivoira Pharma s.r.I., con sede in Milano e fornitrice uscente, proponendo rituale offerta. In esito alla gara stessa, tale società si è classificata al terzo posto della graduatoria di merito, dietro la SICO s.p.a. (seconda) e la SAPIO LIFE s.r.l. Quest’ultima è stata poi dichiarata aggiudicataria definitiva della fornitura, in forza della Det. del Direttore Generale 8 agosto 2014, n. 76.

2. – Avverso tale statuizione ed i verbali delle sedute del seggio di gara nei giorni 5 e 24 giugno e 14 e 31 luglio 2014, nonchè per la reintegrazione in forma specifica nell’aggiudicazione della fornitura in luogo della SAPIO LIFE s.r.l., la s.r.l. RIVOIRA PHARMA ha proposto ricorso al TAR Milano deducendo, nei confronti dell’aggiudicataria – per quanto ancora interessa la violazione del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 87, comma 4 avendo quest’ultima omesso di esporre in modo espresso in offerta l’importo degli oneri per la sicurezza aziendale, la cui indicazione, a differenza di quelli per il rischio da interferenza, spettano all’impresa partecipante.

Con sentenza del 20 ottobre 2014, l’adito TAR ha respinto la pretesa attorea relativa all’aggiudicataria, in quanto: 1) – “… anche in considerazione delle prescrizioni della lex specialis di gara e dei modelli messi a disposizione…, dall’omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali nell’offerta dell’aggiudicataria non poteva derivarne l’esclusione, trattandosi di profili che possono rilevare solo nel caso di contestazione della congruità dell’offerta, circostanza che non si è verificata…” nel caso in esame; 2) -“… nel caso di appalti non aventi ad oggetto… lavori pubblici e il cui bando non contenga una comminatoria espressa, l’omessa indicazione nell’offerta dello scorporo matematico degli oneri di sicurezza per rischio specifico non comporta di per sè l’esclusione dalla gara – anche alla luce dei criteri di tassatività della cause espulsive… -, ma rileva ai soli fini dell’anomalia del prezzo offerto, nel senso che, per scelta della stazione appaltante, il momento di valutazione dei suddetti oneri non è eliso, ma è posticipato al sub procedimento di verifica della congruità dell’offerta nel suo complesso…”.

Con la sentenza impugnata il Consiglio di Stato ha respinto l’appello proposto dalla s.r.l. RIVOIRA PHARMA, la quale ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., affidato a un solo motivo. Resistono con controricorso l’Azienda di servizi alla persona – ASP Golgi – Redaelli nonchè la s.r.l. SAPIO LIFE.

Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. le parti hanno depositato memoria.

3.- Con il ricorso la ricorrente deduce che l’impugnata decisione del Consiglio di Stato, stante il contrario principio di diritto precedentemente enunciato dall’Adunanza Plenaria (Sent. n. 3/2015, sull’obbligo di separata specificazione dei costi per oneri di sicurezza) e stante l’obbligo per la sezione a cui è assegnato il ricorso di rimettere la decisione all’Adunanza Plenaria se non condivide il principio di diritto enunciato da questa (art. 99 c.p.a.), appare anomala e/o abnorme e frutto di un radicale stravolgimento delle norme di riferimento, con conseguente violazione dei limiti esterni della giurisdizione.

3.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le sezioni unite della Corte di cassazione, dinanzi alle quali siano impugnate decisioni di un giudice speciale per motivi attinenti alla giurisdizione, possono rilevare unicamente l’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, non essendo loro consentito di estendere il proprio sindacato anche al modo in cui la giurisdizione è stata esercitata, in rapporto a quanto denunciato dalle parti; sicchè rientrano nei limiti interni della giurisdizione e restano perciò estranei al sindacato di questa corte eventuali errori in iudicando o in procedendo che il ricorrente imputi al giudice amministrativo o al giudice contabile (cfr. di recente, ex multis, Sez. un. n. 9687 del 2013, n. 24149 del 2013, n. 1518 del 2014, n. 8993 del 2014).

Le censure che nel caso in esame la ricorrente formula nei confronti dell’impugnata sentenza del Consiglio di Stato – indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla fondatezza o infondatezza delle argomentazioni su cui riposano – non attengono in realtà al superamento dei limiti esterni della giurisdizione di detto giudice.

Quella giurisdizione si è esplicata nella pronuncia di rigetto della domanda di annullamento di atti amministrativi – l’aggiudicazione definitiva alla s.r.l. SAPIO LIFE del servizio indicato nel bando – in ordine alla legittimità dei quali il sindacato giurisdizionale incontestabilmente competeva al giudice amministrativo, che lo ha in concreto esercitato.

Va ribadito, invero, che l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 3, sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, è configurabile solo quando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione. Il che vuol dire che il giudice, procedendo ad un sindacato di merito, emette una pronunzia autoesecutiva, intendendosi come tale quella che abbia il contenuto sostanziale e l’esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (v. per tutte Sez. U, n. 774 del 2014).

Parte ricorrente contesta la legittimità del concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali attribuite al giudice amministrativo, e quindi finisce in realtà per sollecitare, al di là della prospettazione formale, un sindacato per violazione di legge.

Le doglianze articolate non attengono alla corretta individuazione dei limiti esterni della giurisdizione, ma investono un vizio del giudizio concernente il singolo e specifico caso.

I motivi di ricorso scambiano per diniego di giurisdizione o per ineffettività della tutela quello che invece è stato, con tutta evidenza, un esercizio della giurisdizione, sebbene in modo non conforme alle aspettative ed alle attese della ricorrente.

L’evoluzione del concetto di giurisdizione nel senso di strumento per la tutela effettiva delle parti non giustifica il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 111 Cost., u.c., quando, come nella specie, non si verta in ipotesi di aprioristico diniego di giurisdizione, ma la tutela la si assuma negata dal giudice speciale in conseguenza di errori di giudizio che si prospettino dal medesimo commessi in relazione allo specifico caso sottoposto al suo esame (Sez. Un., n. 771 del 2014).

E’ costante orientamento di queste Sezioni unite che il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato, con il quale si deduca l’erronea decisione del medesimo in quanto contrastante con gli orientamenti precedentemente assunti dal medesimo giudice, è inammissibile prospettando un “error in iudicando”, estraneo al sindacato consentito alle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni del giudice speciale (Sez. U, n. 26812 del 2009). Principio senza dubbio valido anche nell’ipotesi di omesso rinvio della questione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e di pronuncia in contrasto con quanto da questa affermato in precedenza.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura di Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, in favore di ciascuna controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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