Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24741 del 05/12/2016


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Cassazione civile sez. un., 05/12/2016, (ud. 15/11/2016, dep. 05/12/2016), n.24741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente aggiunto –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Presidente di sez. –

Dott. DI IASI Camilla – Presidente di sez. –

Dott. PETITTI Stefano – Presidente di sez. –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23135-2015 proposto da:

SOGESI S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA ZANETTI, che la rappresenta e

difende, per delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE (OMISSIS), in persona del Direttore generale

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EMILIA 88,

presso lo studio dell’avvocato STEFANO VINTI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati LELIA CAPOZZA e CARLO ANGELETTI,

per delega a margine del controricorso;

BIOSTER S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI CORBYONS, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ANNA LAURA FERRARIO, per delega a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2388/2015 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 13/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/11/2016 dal Presidente Dott. ANTONIO DIDONE;

uditi gli avvocati Andrea ZANETTI, Anna Laura FERRARIO e Chiara

GEREMIA per delega dell’avvocato Stefano Vinti;

udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott. FUZIO Riccardo,

che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Con la sentenza impugnata il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del TAR per il Piemonte con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla s.p.a. SO.GE.SI. avverso la Delib. Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria Locale di Biella 1 aprile 2014, n. 239 e gli atti connessi, con la quale era disposta l’aggiudicazione definitiva alla s.p.a. BIOSTER del servizio di ricondizionamento, sterilizzazione e alta disinfezione dello strumentario chirurgico ed endoscopico presso i presidi dell’A.S.L. predetta, da aggiudicarsi con il metodo del prezzo più basso, ai sensi del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 82 per la durata complessiva di sei anni, con importo a base d’asta – di Euro 3.393.000,00.

Per quanto ancora interessa il Consiglio di Stato ha ritenuto – in estrema sintesi – che l’applicazione di quanto previsto dal D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 87, comma 4, sull’obbligo di separata specificazione dei costi per oneri di sicurezza, non poteva ricondursi, ab relationem, al rinvio del capitolato di gara al predetto D.Lgs., richiamato in estremi ai fini della regolamentazione della gara. Talchè legittimamente l’Amministrazione aveva valutato l’offerta dell’aggiudicataria, priva della distinta indicazione dei predetti costi.

Contro la sentenza del Consiglio di Stato la s.p.a. SO.GE.SI. ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 362 c.p.c. affidato a due motivi.

Resistono con controricorso l’Azienda Sanitaria Locale (OMISSIS) e la s.p.a. BIOSTER.

Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. la ricorrente e la società controricorrente hanno depositato memoria.

2.- Con i due motivi di ricorso la ricorrente deduce che la motivazione con cui il Consiglio di Stato ha respinto il vizio dedotto dalla SO.GE.SI. costituisce, alla luce delle inequivocabili prescrizioni del Capitolato speciale, che è un atto amministrativo a tutti gli effetti, una violazione dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto, dietro una apparente interpretazione della lex specialis di gara, vi è stata in realtà una illegittima disapplicazione dell’atto amministrativo, nonostante la disapplicazione dell’atto amministrativo sia inibita al giudice amministrativo, essendo consentita unicamente al giudice ordinario, L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, ex art. 5.

Inoltre, la illegittima disapplicazione del Capitolato di gara conduce anche ad un illegittimo eccesso di potere giurisdizionale rispetto alla sfera di attribuzioni della Pubblica Amministrazione, poichè spetta a questa dettare, nell’ambito della sua discrezionalità, le regole di partecipazione alle gare pubbliche, mentre il Consiglio di Stato, con l’impugnata decisione, ha in realtà ed in effetti sostituito alla regole di gara poste dall’Amministrazione, regole di gara da esso stesso poste e create.

Infine, l’impugnata decisione del Consiglio di Stato, stante il contrario principio di diritto precedentemente enunciato dall’Adunanza Plenaria (Sent. n. 3/2015, sull’obbligo di separata specificazione dei costi per oneri di sicurezza) e stante l’obbligo per la sezione a cui è assegnato il ricorso di rimettere la decisione alla Adunanza Plenaria se non condivide il principio di diritto enunciato da questa (art. 99 c.p.a.), appare anomala e/o abnorme e frutto di un radicale stravolgimento delle norme di riferimento, con conseguente violazione dei limiti esterni della giurisdizione.

3.- Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le sezioni unite della Corte di cassazione, dinanzi alle quali siano impugnate decisioni di un giudice speciale per motivi attinenti alla giurisdizione, possono rilevare unicamente l’eventuale superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima, non essendo loro consentito di estendere il proprio sindacato anche al modo in cui la giurisdizione è stata esercitata, in rapporto a quanto denunciato dalle parti; sicchè rientrano nei limiti interni della giurisdizione e restano perciò estranei al sindacato di questa corte eventuali errori in iudicando o in procedendo che il ricorrente imputi al giudice amministrativo o al giudice contabile (cfr. di recente, ex multis, Sez. un. n. 9687 del 2013, n. 24149 del 2013, n. 1518 del 2014, n. 8993 del 2014).

Le censure che nel caso in esame la ricorrente formula nei confronti dell’impugnata sentenza del Consiglio di Stato – indipendentemente da ogni valutazione in ordine alla fondatezza o infondatezza delle argomentazioni su cui riposano – non attengono in realtà al superamento dei limiti esterni della giurisdizione di detto giudice.

Quella giurisdizione si è esplicata nella pronuncia di rigetto della domanda di annullamento di atti amministrativi – l’aggiudicazione definitiva alla s.p.a. BIOSTER del servizio indicato nel bando – in ordine alla legittimità dei quali il sindacato giurisdizionale incontestabilmente competeva al giudice amministrativo, che lo ha in concreto esercitato.

Va ribadito, invero, che l’eccesso di potere giurisdizionale, denunziabile ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 3, sotto il profilo dello sconfinamento nella sfera del merito, è configurabile solo quando l’indagine svolta non sia rimasta nei limiti del riscontro di legittimità del provvedimento impugnato, ma sia stata strumentale ad una diretta e concreta valutazione dell’opportunità e convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima una volontà dell’organo giudicante che si sostituisce a quella dell’amministrazione. Il che vuol dire che il giudice, procedendo ad un sindacato di merito, emette una pronunzia autoesecutiva, intendendosi come tale quella che abbia il contenuto sostanziale e l’esecutorietà stessa del provvedimento sostituito, senza salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’autorità amministrativa (v. per tutte Sez. U, n. 774 del 2014).

Parte ricorrente contesta la legittimità del concreto esercizio delle funzioni giurisdizionali attribuite al giudice amministrativo, e quindi finisce in realtà per sollecitare, al di là della prospettazione formale, un sindacato per violazione di legge.

Le doglianze articolate non attengono alla corretta individuazione dei limiti esterni della giurisdizione, ma investono un vizio del giudizio concernente il singolo e specifico caso.

I motivi di ricorso scambiano per diniego di giurisdizione o per ineffettività della tutela quello che invece è stato, con tutta evidenza, un esercizio della giurisdizione, sebbene in modo non conforme alle aspettative ed alle attese della ricorrente.

L’evoluzione del concetto di giurisdizione nel senso di strumento per la tutela effettiva delle parti non giustifica il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato, ai sensi dell’art. 111 Cost., u.c., quando, come nella specie, non si verta in ipotesi di aprioristico diniego di giurisdizione, ma la tutela la si assuma negata dal giudice speciale in conseguenza di errori di giudizio che si prospettino dal medesimo commessi in relazione allo specifico caso sottoposto al suo esame (Sez. Un., n. 771 del 2014).

E’ costante orientamento di queste Sezioni unite che il ricorso avverso la sentenza del Consiglio di Stato, con il quale si deduca l’erronea decisione del medesimo in quanto contrastante con gli orientamenti precedentemente assunti dal medesimo giudice, è inammissibile prospettando un “error in iudicando”, estraneo al sindacato consentito alle Sezioni Unite della Corte di cassazione sulle decisioni del giudice speciale (Sez. U, n. 26812 del 2009). Principio senza dubbio valido anche nell’ipotesi di omesso rinvio della questione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e di pronuncia in contrasto con quanto da questa affermato in precedenza.

Infine, del tutto irrilevante – perchè fatto successivo alla sentenza impugnata – è la dedotta (con la memoria) condanna della società resistente (con sentenza non irrevocabile) al divieto di contrattare con la P.A., potendo tale circostanza assumere rilievo, semmai, ai fini della revoca dell’aggiudicazione e non fa venire meno l’interesse delle intimate a contraddire.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura di Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori, in favore di ciascuna controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 5 dicembre 2016

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