Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24741 del 03/10/2019

Cassazione civile sez. II, 03/10/2019, (ud. 27/02/2019, dep. 03/10/2019), n.24741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5367/2015 proposto da:

F.D., rappresentato e difeso dall’avvocato Arcangelo Barone

con studio in Anzio, p.zza Pia 16;

– ricorrente –

contro

Neptunia sas, elettivamente domiciliata in Roma, Via Sistina, 42,

presso lo studio dell’avvocato Giovanni Galoppi, che la rappresenta

e difende unitamente all’avvocato Alfredo Tosca;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6521/2014 della Corte d’appello di Roma,

depositata il 24/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/02/2019 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

Fatto

RILEVATO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato il 19 febbraio 2015 da F.D. nei confronti della società Neptunia s.a.s. avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma con cui è stato rigettato il gravame proposto dal medesimo F. ed avente ad oggetto la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la sua domanda ai sensi dell’art. 2932 c.c., in relazione al contratto preliminare di compravendita di un terreno;

– in particolare F.D. in veste di promissario acquirente aveva stipulato il 30 luglio 2003 con la società Neptunia il contratto preliminare de quo e le parti avevano convenuto (con patto di rettifica sottoscritto lo stesso giorno) che il prezzo della compravendita, determinato in Euro 180.000 venisse corrisposto per la parte di Euro 61.200,00 a titolo di acconto e caparra confirmatoria mentre per il residuo di Euro 118.800,00 il promissario acquirente si era impegnato a realizzare un capannone industriale per il ricovero della imbarcazione di cui era proprietario A.C.G., fratello della socia accomandataria della società Neptunia;

– esponeva il F. che, divenuto il capannone in concreto edificabile a partire dal maggio 2005, nel successivo mese di giugno A.C.G. aveva dichiarato di non essere più intenzionato alla realizzazione dell’opera per sopravvenuti problemi economici;

– in conseguenza di ciò egli aveva comunicato alla promittente venditrice con lettera del 18 luglio 2005 che avrebbe provveduto al versamento del residuo prezzo in contanti al momento del rogito;

– la promittente venditrice, però, con raccomandata del 12 settembre 2005 lo aveva invitato a predisporre il progetto esecutivo per la realizzazione del capannone come originariamente convenuto, richiesta che veniva ritenuta pretestuosa ed a seguito della quale il promissario acquirente introduceva il giudizio per ottenere la sentenza costitutiva dell’effetto traslativo del diritto di proprietà sul terreno, previo pagamento della somma ancora dovuta;

– il giudice di primo grado aveva, invece, accolto la domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento del promissario acquirente – formulata dalla società convenuta ed accertato il diritto della stessa ad incamerare la caparra confirmatoria;

– la corte territoriale confermava la correttezza della conclusione del primo giudice in relazione al mancato adempimento del prezzo di acquisto, osservando che, essendo stato convenuto che una parte del prezzo venisse corrisposto mediante un’obbligazione di “facere” in capo al promissario acquirente (la realizzazione del capannone industrial), quest’ultimo, debitore di detta prestazione, non poteva liberarsi mediante l’esecuzione di un’obbligazione diversa ai sensi dell’art. 1197 c.c., in assenza del consenso del creditore, consenso nel caso di specie mancante, come documentalmente provato;

– inoltre, la corte territoriale precisava che non vi era prova dell’asserita rinuncia da parte di A.C.G., non valendo a provare la stessa la mancata risposta all’interrogatorio formale, stante il contenuto della documentazione comprovante la corrispondenza intervenuta fra le parti nei mesi precedenti l’instaurazione del giudizio ed avente ad oggetto la richiesta di realizzazione del progetto esecutivo e costruzione del capannone inviata dalla società al F.;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal promissario acquirente sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso, illustrato anche da memoria ex art. 380 bis.1. c.p.c., la società promittente venditrice.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa motivazione ed esame dei documenti che sono stati oggetto di discussione tra le parti, determinando così l’omesso esame su un fatto decisivo e, cioè, su quale parte avesse determinato la mancata realizzazione del capannone ai fini della valutazione del dedotto inadempimento contrattuale;

– inoltre, il ricorrente lamenta che la corte territoriale non abbia argomentato sulle ragioni per cui non ha ritenuto rilevante, ai fini della prospettazione dedotta dall’attore ed appellante, le mancate risposte sui capitoli articolati nell’interrogatorio formale del legale rappresentante della società Neptunia, unica prova orale ammessa dai giudici di merito;

– ciò posto, occorre dare preliminarmente conto della circostanza che il Collegio ha ritenuto ammissibile il ricorso nonostante nell’atto l’esposizione dei motivi non sia formalmente preceduta dall’esposizione sommaria dei fatti di causa;

– si ritiene che per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dell’art. 366 c.p.c., n. 3, non è necessario che tale esposizione costituisca parte a sè stante del ricorso, ma è sufficiente che essa risulti in maniera chiara dal contesto dell’atto, attraverso lo svolgimento dei motivi (cfr. Cass. Sez. Un. 11653/2006; 15478/2014; 17036/2018);

– neppure appare inammissibile il ricorso in relazione al disposto dell’art. 348-ter c.p.c., comma 4, come eccepito dalla controricorrente, perchè detta disposizione è inapplicabile ratione temporis al procedimento d’appello conclusosi con la sentenza gravata ed introdotto prima della novella del 2012 che ha previsto la disposizione invocata;

– il motivo di ricorso è, piuttosto, inammissibile perchè non si confronta con la decisione impugnata e con le argomentazioni in essa sviluppate;

– la corte territoriale ha, come sopra esposto, enunciato le ragioni per le quali, alla stregua della documentazione prodotta, non ha ritenuto provata la rinuncia alla realizzazione del capannone e, in diritto, l’inoperatività dell’art. 1197 c.c.;

– allo stesso modo ha preso in considerazione la circostanza della mancata risposta all’interrogatorio formale e, avuto riguardo alla documentazione esaminata, l’aveva ritenuta non sufficiente ai fini della fictio confessio;

– così statuendo il giudice del merito non è incorso in alcun vizio motivazionale, atteso che l’art. 232 c.p.c., riconnette a tale comportamento della parte soltanto una presunzione semplice che consente di desumere elementi indiziari a favore della avversa tesi processuale (prevedendo che il giudice possa ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio “valutato ogni altro elemento di prova”), onde l’esercizio di tale facoltà, rientrando nell’ambito del potere discrezionale del giudice stesso, non è suscettibile di censure in sede di legittimità (cfr. Cass. 4837/2018; id. 19844/2014; id. 10099/2013);

– al contrario, il ricorrente ha reiterato le sue difese, senza speigare perchè le motivazioni svolte dalla corte territoriale sarebbero censurabili e ha contestato, in termini inammissibili prima ancora che infondati, l’omesso esame di documenti e fatti;

– l’esito sfavorevole del ricorso, comporta che, in applicazione della soccombenza, il ricorrente sia condannato alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente e liquidate in Euro 6200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 27 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 ottobre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA