Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2474 del 04/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 04/02/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 04/02/2020), n.2474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI PAOLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 12402-2012 proposto da:

CAMPOVERDE AGRICOLA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI

13, presso lo studio dell’avvocato EMMA CERSOSIMO, che lo

rappresenta e difende giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DIREZIONE PROVINCIALE DI COSENZA;

– intimata –

Nonchè da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

CAMPOVERDE AGRICOLA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

GIUSEPPE MAZZINI 13, presso lo studio dell’avvocato EMMA CERSOSIMO,

che lo rappresenta e difende giusta delega a margine;

– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 95/2011 della COMM. TRIB. REG. di CATANZARO,

depositata il 17/11/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI DI PAOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

STANISLAO DE MATTEIS che ha concluso per l’accoglimento per quanto

di ragione del 1^ motivo, (ove la Corte non volesse in via

preliminare acquisire il fascicolo di merito) con assorbimento dei

restanti e del ricorso incidentale;

udito per il ricorrente l’Avvocato CERSOSIMO che si riporta agli

atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata è stata confermata la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Cosenza con cui era stata parzialmente accolta l’impugnativa proposta dalla “Campoverde S.p.A. Agricola” avverso l’avviso di accertamento (n. (OMISSIS)) con il quale era stato determinato un maggior reddito imponibile (di Lire 918.320.000, in sostituzione di quello dichiarato di Lire 231.987.000) per IRPEG, IRAP e IVA, in relazione all’anno di imposta 2000, concernente le seguenti evasioni: a) costi non di competenza per Lire 53.420.000; b) componenti positivi di reddito non documentati e non dichiarati derivanti da sottofatturazione di canoni di locazione d’azienda, per Lire 141.988.784; c) ricavi/componenti positivi di reddito non documentati e non dichiarati derivanti da fatturazione in misura inferiore di operazioni imponibili concernenti passaggi tra committenti e commissionari per L. 490.924.787.

2. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso la società, affidato a tre motivi.

3. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale affidato ad un motivo.

4. La società ha a sua volta resistito con controricorso ed ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la Campoverde S.p.A. Agricola denunciando nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, dell’art. 132 c.p.c., comma 2, nn. 2 e 4, dell’art. 118 c.p.c., disp. att. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., degli artt. 324,112 e 113 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4; omessa pronuncia sul giudicato esterno dato dalla sentenza della Commissione provinciale di Cosenza n. 93/8/08, pronunciata il 17 gennaio 2008 e depositata il 14 aprile 2008, divenuta definitiva in data 28 maggio 2009; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza per omessa ed erronea valutazione di risultanze processuali e di documenti, nonchè su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – si duole che il giudice di appello abbia emesso sentenza “priva dell’esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti di causa limitandosi a riportare solo le conclusioni delle parti che nessun riferimento hanno rispetto al fondamento della pretesa tributaria concretatasi nell’atto impugnato, alle deduzioni in fatto delle parti, alle motivazioni della sentenza di primo grado ed ai singoli motivi di appello”; evidenzia, quindi, che le “sintetiche e scarne espressioni che integrano la motivazione della sentenza (…), risultano in sè considerate, del tutto incomprensibili, proprio perchè disancorate da qualsiasi descrizione e precisazione dei fatti e, come tali, generiche, astratte ed apodittiche”, avendo la CTR accettato “acriticamente le motivazioni di primo grado”, ed “omesso di esaminare le precise ed ulteriori censure dedotte dall’appellante ed i documenti depositati”; lamenta, inoltre – quanto al profilo concernente la mancata indicazione e documentazione di componenti positivi di reddito rivenienti dall’avvenuto affitto di azienda da parte di essa società alla Osas s.r.l. – la mancata rilevazione del giudicato esterno, costituito dalla segnalata sentenza della CTP di Cosenza n. 93/08/08, che aveva dichiarato illegittimo l’avviso di accertamento relativo all’anno 1998, concernente stesso aspetto.

2. Con il secondo motivo – denunziando violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 75 (ora art. 109), comma 2, violazione e falsa applicazione del cit. D.P.R., art. 103, comma 1, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – lamenta che il predetto giudice, avendo condiviso le conclusioni contenute nella sentenza di primo grado incentrate sulla necessità di imputazione dei costi sostenuti a fronte di prestazioni effettuate nell’anno 1998 dalla Campoverde Holding Agricola S.p.A. allo stesso anno, non abbia considerato che la fattura della Campoverde Holding si riferiva ad uno studio di coordinamento idoneo a fornire “benefici economici futuri”.

3. Con il terzo motivo – denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 9, commi 3 e 5 ed omessa ed insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – si duole che la CTR non abbia fatto applicazione, quanto al corrispettivo dell’affitto di azienda, della citata disposizione, che stabilisce i criteri per la determinazione del valore “normale”, senza peraltro considerare la specificità del contratto intercorso tra le parti.

4. Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate – denunciando violazione dell’art. 53 TUIR e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 2,3,12 e 13, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – lamenta che il giudice del gravame, ritenuto che la somma oggetto di compensazione tra la Campoverde S.p.A. e la Campoverde M.O.C. s.r.l., concernente le spese sopportate da quest’ultima per la commercializzazione dei prodotti della prima, fosse relativa a costi che, in quanto inerenti la produzione, erano da considerare deducibili dal reddito prodotto, abbia riconosciuto – omettendo di considerare che il rapporto tra le parti era da qualificarsi come commissione ex artt. 1731 e ss. – un trattamento fiscale non conforme a legge delle prestazioni tra mandante e mandatario.

5. Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile, poichè, prospettando una pluralità di questioni precedute unitariamente dalla elencazione delle norme asseritamente violate, costituisce una negazione della regola della chiarezza (cfr., sul punto, Cass. 14/09/2016, n. 18021, secondo cui il motivo così articolato richiederebbe un non consentito intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure).

6. Il secondo motivo, nella parte in cui è dedotta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, è inammissibile, poichè con esso si tende, in buona sostanza, al conseguimento di una revisione del giudizio valutativo compiuto dal giudice di merito, in contrasto con i noti limiti del giudizio di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 7/01/2014, n. 91: “Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in una nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità. Ne consegue che, ove la parte abbia dedotto un vizio di motivazione, la Corte di cassazione non può procedere ad un nuovo giudizio di merito, con autonoma valutazione delle risultanze degli atti, nè porre a fondamento della sua decisione un fatto probatorio diverso od ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice di merito”; cfr., altresì, Cass. Sez. U. 25/10/2013, n. 24148, ove è precisato che la motivazione omessa o insufficiente non è configurabile quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione).

6.1. Nel caso, il giudice di merito è pervenuto alla conclusione che i costi sostenuti dalla contribuente per “Servizi di coordinamento strategico e gestione generale del progetto Campoverde per l’anno 1998” non potevano che essere imputati allo stesso anno, in difetto di prova contraria, ossia in difetto di dimostrazione – come evidenziato nel passo della sentenza di primo grado riportato nello stesso ricorso – che il servizio reso, per le sue specifiche caratteristiche, potesse essere assunto quale bene strumentale immateriale, e come tale suscettibile di ammortamento nelle successive annate di imposta; trattasi di valutazione di fatto attinente al merito della controversia che sfugge al sindacato di legittimità, in difetto di deduzione avente ad oggetto l’evidenziazione di profili istruttori (e non di mere spiegazioni) trascurati in sede di merito.

6.2. Ne consegue l’insussistenza del vizio di violazione di legge, dedotto sull’implicito presupposto che il servizio fosse idoneo a fornire “benefici economici futuri”.

7. Quanto al terzo motivo, va preliminarmente esclusa la sussistenza del giudicato esterno costituito, secondo la ricorrente, dalla sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza n. 93/8/08, concernente un accertamento relativo all’anno di imposta 1998, nella quale è stato ritenuto non provato dall’Amministrazione il maggior reddito accertato, nonchè rilevata l’insussistenza di alcuna previsione normativa in base alla quale il canone di locazione aziendale debba essere almeno uguale alla quota di ammortamento dei beni strumentali.

7.1. Infatti – premesso che dalla sentenza in questione non risulta l’indicazione della società affittuaria, onde non vi è certezza circa l’identità delle parti del rapporto contrattuale nei due giudizi – i componenti positivi di reddito non documentati e non dichiarati derivanti da sottofatturazione costituiscono elementi variabili, suscettibili di essere modificati nel tempo, onde non è configurabile, al riguardo, il vincolo dell’accertamento riferito ad un anno di imposta rispetto a quelli successivi.

7.2. Ciò posto, il motivo è da disattendere, poichè, anche in tal caso, la ricorrente tende a sollecitare una inammissibile rivalutazione del giudizio di fatto compiuto dal giudice di merito – imperniato, mediante il richiamo alla motivazione del primo giudice, sulla riconosciuta antieconomicità dell’operazione, desunta dall’inferiorità dei canoni al valore di ammortamento dei beni affittati -, lamentando la mancata considerazione delle “peculiarità” del contratto intercorso tra le parti e delle “economie” di cui le stesse reciprocamente usufruivano, senza riportare in ricorso le clausole contrattuali che avrebbero dovuto attestare la asserita, effettiva economicità dell’operazione ove inquadrata nel complesso dell’attività svolta dall’imprenditore (non essendo sufficiente, a tal fine, l’affermata “rilevanza gestionale ed economica dovuta, quanto all’affittuario, per l’uso dei beni e quanto alla proprietaria, per la commercializzazione in esclusiva della produzione della conduttrice”).

8. Il motivo del ricorso incidentale è inammissibile, essendo incentrato su una determinata qualificazione del contratto (“id est”: commissione senza rappresentanza) posto in essere dalle parti – onde farne discendere il regime fiscale applicabile -, che costituisce, tuttavia, un tipico accertamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi di motivazione (cfr. Cass. 5/12/2017, n. 29111).

9. Le spese di lite, attesa la soccombenza reciproca, vanno compensate.

P.Q.M.

rigetta il ricorso principale e quello incidentale; compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2020

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