Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24736 del 14/09/2021

Cassazione civile sez. II, 14/09/2021, (ud. 03/12/2020, dep. 14/09/2021), n.24736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20919/2019 proposto da:

U.M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

ANGELICO 38, presso lo studio, dell’avvocato MARCO LANZILAO, che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto di rigetto n. cronol. 10621/2019 del TRIBUNALE di

ROMA, depositato il 04/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2020 dal Presidente Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione proposta da U.M.D., cittadino del Bangladesh, nei confronti del provvedimento della competente Commissione Territoriale di rigetto della sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale nelle diverse forme.

Il ricorrente aveva dedotto di essere fuggito dal suo Paese di origine per timore dello zio paterno che egli sospettava avesse ucciso il padre, della cui eredità si era impossessato, e che non aveva denunciato avendo ricevuto telefonate minatorie da persone probabilmente incaricate dallo stesso zio.

Il Tribunale ha ritenuto inattendibile la narrazione, anche alla luce delle contraddizioni tra le dichiarazioni rese innanzi alla Commissione Territoriale e quelle rese al giudice.

Ne’ è configurabile in Bangladesh – ha affermato il giudice di merito – una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato interno o internazionale. Sicché era da escludere nella specie la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Allo stesso modo, tenuto conto della inverosimiglianza delle dichiarazioni del richiedente, e non essendo emersi riferimenti ad una situazione di vulnerabilità, non sussistevano le condizioni per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari, non rappresentando l’allegato reperimento di una occupazione lavorativa elemento sufficiente per impedirne il rimpatrio.

Per la cassazione di tale decreto propone ricorso l’ U. sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce l’omesso/errato esame delle dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione Territoriale e delle allegazioni portate in giudizio per la valutazione della condizione personale dello stesso.

Omessa cooperazione istruttoria. Si contesta la valutazione di non credibilità del ricorrente operata dal giudice di merito ed il mancato adempimento da parte del Tribunale dell’obbligo di cooperazione istruttoria che ad esso incombe in caso di incertezza sulla situazione soggettiva del richiedente e sulla situazione del Paese di provenienza dello stesso.

1.1. – Il motivo è inammissibile. Esso è volto a conseguire il risultato, inibito nella presente sede di legittimità, di una riconsiderazione delle risultanze istruttorie esaminate dal giudice di merito. Il quale ha adeguatamente e analiticamente dato conto delle ragioni del proprio convincimento in ordine alla inattendibilità ed implausibilità della narrazione del richiedente. La censura impinge, dunque, inammissibilmente nelle valutazioni di merito spettanti in via esclusiva al Tribunale.

2.- Con il secondo motivo si lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del Paese di provenienza del richiedente, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, la omessa applicazione dell’art. 10 Cost., la contraddittorietà tra le fonti citate, il contenuto delle stesse e le conclusioni raggiunte, la motivazione solo apparente. Il ricorrente sostiene la sussistenza di una grave condizione di pericolo per la sicurezza individuale all’interno del Bangladesh ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e deduce che i reports sulla base dei quali il Tribunale ha escluso la configurabilità di detta ipotesi mettono in evidenza una situazione estremamente complessa, che si traduce nella mancanza delle condizioni minime di sicurezza, con conseguente diritto all’asilo per chi sia fuggito da tale situazione, contraddittoriamente valutata dal giudice di merito.

2.1. – La doglianza è priva di fondamento.

Il giudice di merito non ha ignorato che le fonti internazionali consultate, e correttamente citate nel provvedimento impugnato, evidenziano il persistere di tensioni politiche e sociali in Bangladesh, e ha tuttavia precisato che le stesse non danno conto della sussistenza di un conflitto armato interno che crei una situazione di violenza indiscriminata, condizione richiesta dal del D.Lgs. n. 251 del 2007, richiamato art. 14, lett. c), ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria in alternativa alle ipotesi di cui dello stesso art. 14, lett. a) e b), la cui ricorrenza pure il giudice di merito ha escluso alla luce della inattendibilità della versione fornita dal ricorrente della sua vicenda.

3. – Le argomentazioni fin qui svolte danno conto altresì della infondatezza del terzo motivo, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e difetto di motivazione e travisamento dei fatti in relazione all’assenza di istruttoria in merito alle condizioni del Paese di origine del ricorrente.

4. – Con il quarto motivo si denuncia il mancato riconoscimento della protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, la omessa applicazione dell’art. 10 Cost., l’omesso esame delle condizioni personali per l’applicabilità di tale forma di protezione e la omissione della necessaria comparazione tra la condizione raggiunta dal ricorrente in Italia e quella del Paese di provenienza.

4.1. – Il motivo è privo di fondamento.

4.1. – Il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, al cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al Paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel Paese di accoglienza (cfr. Cass., SS.UU., sent. n. 29459 del 2019; Cass., sent. n. 4455 del 2018).

Al di là delle ipotesi di tale privazione, il diritto di cui si tratta non può essere affermato in considerazione del contesto di generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento di interessi pubblici contrapposti quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione (v. Cass., ord. n. 17072 del 2018).

Ne’ è ipotizzabile un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, o quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (v. Cass., ord. n. 3681 del 2019).

Posti tali principi di diritto, deve rilevarsi che ad essi si è attenuto il giudice del merito nel negare al ricorrente il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il Tribunale, infatti, dopo essersi espresso nel senso che il quadro della situazione generale del Bangladesh emergente dalla istruttoria, svolta attraverso la consultazione di fonti internazionali ufficiali, non denota una situazione di violenza indiscriminata, ha rilevato, con riguardo specificamente alla richiesta di soggiorno per motivi umanitari, la impossibilità di ravvisare nella narrazione da parte del ricorrente del suo vissuto alcun elemento costitutivo del diritto di cui si tratta, non essendo stata neanche specificamente allegata una condizione di povertà inemendabile o di impossibilità di soddisfare esigenze di sopravvivenza; mentre il reperimento di una occupazione lavorativa non è elemento da solo idoneo a giustificare il riconoscimento della forma di protezione in discorso.

5.- Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine al regolamento delle spese del giudizio, non avendo svolto l’intimato Ministero attività difensiva.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, giusta dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 3 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2021

 

 

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