Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24735 del 08/10/2018

Cassazione civile sez. I, 08/10/2018, (ud. 12/04/2018, dep. 08/10/2018), n.24735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11187/2013 proposto da:

Z.A., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Romito Domenico, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Banca di Credito Cooperativo di Cambiano ((OMISSIS)) Soc. Coop. per

Azioni (ora Ente Cambiano S.c.p.a.), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

G. Carducci n. 4, presso lo studio dell’avvocato Pelo Mauro,

rappresentata e difesa dagli avvocati Fioravanti Alessandro,

Lastraioli Giuliano, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1532/2012 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 26/11/2012;

lette le memorie ex art. 380 bis 1 c.p.c., depositate da entrambe le

parti;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/04/2018 dal Cons. Dott. VELLA PAOLA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di Appello di Firenze ha accolto l’appello proposto dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano avverso la sentenza con cui il Tribunale di Siena, appurata l’esistenza di un contratto-quadro e rigettata la domanda principale di inesistenza, nullità, inefficacia o annullabilità dell’ordine di acquisto, in data 17 luglio 2000, di obbligazioni “(OMISSIS)% 27/07/2004, codice (OMISSIS)”, del valore nominale di Euro 51.000,00, aveva accolto la domanda subordinata di risoluzione dell’ordine per inadempimento della banca all’obbligo di far sottoscrivere all’investitore Z.A. la clausola di inadeguatezza contemplata dall’art. 29 Reg. Consob 11522/98 – trattandosi di ordine di acquisto inadeguato sotto il profilo del rischio – con conseguente condanna di quest’ultimo a restituire alla banca appellante la somma di Euro 52.004,60 oltre interessi dal 23/12/2008.

2. Avverso detta sentenza lo Z. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi, cui la Banca di Credito Cooperativo di Cambiano ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente disattesa l’eccezione preliminare di nullità della notifica del ricorso per violazione della L. n. 53 del 1994, la quale sarebbe asseritamene “inesistente o almeno invalida” poichè effettuata “a mezzo del servizio postale, in plico raccomandato che risulta spedito dall’Ufficio U.N.E.P. della Corte d’Appello di Bari”, ma “con relata di notifica in calce al ricorso.. redatta ai sensi e per gli effetti della L. n. 53 del 1994, con sottoscrizione del difensore autorizzato dall’Ordine di appartenenza”, dunque seguendo una procedura “ibrida”.

1.1. Invero, alla genericità della censura – cui parte controricorrente non ha posto rimedio nemmeno con la memoria difensiva – hanno ovviato (in senso esplicativo) le allegazioni e deduzioni svolte nella memoria difensiva di parte ricorrente, la quale ha precisato di aver utilizzato “per mera svista una busta recante l’intestazione UNEP”.

1.2. In ogni caso, va ribadito l’insegnamento per cui “l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa” (Sez. U, 20/07/2016 n. 14916, Rv. 640603-01).

1.3. Quanto poi alla prospettazione subordinata di nullità della notifica, va data continuità all’orientamento di questa Corte per cui, ove non venga in rilievo un concreto pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa, o altro pregiudizio per la decisione finale, eventuali vizi procedimentali per violazione di specifiche prescrizioni normative non comportano l’invalidità della notifica, bensì una mera irregolarità, sanabile in virtù del principio di raggiungimento dello scopo – che con riguardo al ricorso per cassazione si ha con la notifica del controricorso ad opera della parte resistente, la quale si sia (come nel caso di specie) difesa nel merito – quale principio generale di sanatoria dei vizi degli atti processuali ex art. 156 c.p.c., comma 3 (da ultimo, Sez. 5, 16/02/2018 n. 3805, Rv. 647092-01; Sez. Sez. 6-1, 31/08/2017 n. 20659, Rv. 64569701). Tali principi sono stati specificamente affermati anche nei casi di notificazione eseguita da un avvocato a mezzo posta, ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53 (cfr. Sez. 5, 19/05/2017, n. 12642, Rv. 644238-01; Sez. 3, 20/05/2015 n. 10272, Rv. 635428-01; Sez. 6-3, 17/06/2014 n. 13758, Rv. 631724-01).

2. Passando all’esame del ricorso, con il primo motivo si deduce la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in ordine all’interpretazione ed applicazione dell’art. 23, comma 6 del TUF, dell’art. 21 del TUF, dell’art. 26,28,29 del Regolamento Consob 11522/98 in tema di informazione attiva e passiva. Inadempimento degli obblighi di diligenza, contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge, errata valutazione di prove”, il tutto con riguardo al profilo di adeguatezza dell’operazione, osservandosi in ultima analisi che l’essere lo Z. “un investitore attento ai suoi interessi facoltoso non lo trasformava certo in operatore qualificato nè rendeva l’operazione adeguata”.

2.1. Il motivo è affetto da vari profili di inammissibilità.

2.2. In primo luogo, in esso vengono prospettati cumulativamente e confusamente mezzi di impugnazione eterogenei (vizi motivazionali ed errores in iudicando), in contrasto con la tassatività dei motivi di ricorso e con l’orientamento di questa Corte per cui una simile tecnica espositiva riversa impropriamente sul giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure (ex plurimis, Cass. 19761/2016, 19040/2016, 13336/2016, 6690/2016, 5964/2015, 26018/2014, 22404/2014).

2.3. In secondo luogo, il vizio motivazionale risulta erroneamente parametrato sul previgente testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nonostante si tratti di sentenza pubblicata dopo l’11 settembre 2012 (Cass. 19761/2016, 19040/2016).

2.4. Infine – e soprattutto – esso veicola plurime censure di merito, attinenti alla analitica e puntuale valutazione del materiale probatorio (prove testimoniali e documentali) da parte del giudice a quo, in contrasto con il granitico orientamento di questa Corte per cui il ricorso per cassazione rappresenta un rimedio impugnatorio a critica vincolata e cognizione determinata dall’ambito dei vizi dedotti, non già uno strumento per accedere ad un terzo grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito la selezione degli elementi del suo convincimento (ex plurimis, Sez. U. 7931/2013; conf. Cass. 14233/2015, 12264/2014). Sono dunque inammissibili in sede di legittimità le censure volte ad ottenere una rivisitazione (e differente ricostruzione) delle risultanze istruttorie, spettando al giudice del merito “in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge” (Cass. 19547/2017; cfr. Cass. 962/2015, 26860/2014).

2.5. Si è al riguardo precisato che le doglianze attinenti non tanto all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, quanto all’erronea ricognizione della fattispecie concreta, alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (ex multis, Cass. 13238/2017, 26110/2015). Di conseguenza, questa Corte ha più volte chiarito: a) che il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), può rivestire la forma della violazione di legge – intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato – e della falsa applicazione di norme di diritto, intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente (perchè, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro) ovvero nella deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua – pur corretta – interpretazione (Cass. 18782/2005); b) che non integra nè violazione, nè falsa applicazione di norme di diritto la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poichè essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; c) che il discrimine tra la violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) e l’erronea applicazione della legge, in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura – diversamente dalla prima – è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. U., 10313/2006; Cass. 195/2016, 26110/2015, 8315/2013, 16698/2010, 7394/2010).

3. Con il secondo mezzo si deduce la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in ordine all’interpretazione ed applicazione dell’art. 23, del TUF 30 del Regolamento Consob 11522/98 in tema di forma del contratto: contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge, omessa pronuncia”, con riguardo alla contestata “nullità dell’ordine di acquisto dei titoli (OMISSIS) per mancanza del perfezionamento del contratto quadro nella forma prescritta dalla legge”, risultando il modulo contrattuale relativo alla disciplina dei servizi di intermediazione finanziaria “privo della sottoscrizione della Banca”.

3.1. La censura, oltre ad essere affetta da alcuni dei profili di inammissibilità rilevati per il primo motivo, è comunque infondata, avendo le sezioni Unite di questa Corte recentemente chiarito che “In tema d’intermediazione finanziaria, il requisito della forma scritta del contratto-quadro, posto a pena di nullità (azionabile dal solo cliente) dal D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, va inteso non in senso strutturale, ma funzionale, avuto riguardo alla finalità di protezione dell’investitore assunta dalla norma, sicchè tale requisito deve ritenersi rispettato ove il contratto sia redatto per iscritto e ne sia consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente che vi sia la sottoscrizione di quest’ultimo, e non anche quella dell’intermediario, il cui consenso ben può desumersi alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti” (Sez. U. 16/01/2018 n. 898, Rv. 646965-01).

4. Con il terzo motivo si deduce la “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in ordine all’interpretazione ed applicazione dell’art. 23, comma 6 del TUF, dell’art. 21 del TUF, dell’art. 27 e 32 del Regolamento Consob 11678/98. Violazione ed inadempimento degli obblighi di diligenza, contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge”, con riguardo alla negata sussistenza della “violazione da parte della Banca della normativa in tema di conflitto di interessi atteso che la Banca era stata al contempo venditrice del titolo e acquirente dello stesso per conto del cliente”.

4.1. La censura è affetta sia da taluni dei profili di inammissibilità evidenziati sub 2. – specie con riguardo alla valutazione delle risultanze istruttorie ed ai limiti del sindacato sulla motivazione, ai sensi del novellato n. 5) dell’art. 360 c.p.c., comma 1 – sia da genericità e difetto di autosufficienza circa gli specifici presupposti di fatto del lamentato conflitto di interessi, tanto più alla luce delle contrapposte deduzioni svolte a pag. 13 e s. del controricorso.

4.2. In ogni caso, con riguardo al profilo dell’acquisto in “contropartita diretta” va data continuità all’orientamento di questa Corte per cui “La negoziazione in contropartita diretta costituisce uno dei servizi di investimento al cui esercizio l’intermediario è autorizzato, al pari della negoziazione per conto terzi, come si evince dalle definizioni contenute nel D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 1, essendo essa una delle modalità con le quali l’intermediario può dare corso ad un ordine di acquisto o di vendita di strumenti finanziari impartito dal cliente. Ne deriva che l’esecuzione dell’ordine in conto proprio non comporta, di per sè sola, l’annullabilità dell’atto ai sensi degli artt. 1394 o 1395 c.c.” (Sez. 1, 09/06/2016 n. 11876, Rv. 639905-01).

5. Il quatto ed ultimo mezzo attiene alla “Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 5, in ordine all’interpretazione ed applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23 e dell’art. 1352 c.c., in tema di forma dell’ordine di acquisto: contraddittorietà, errore e falsa applicazione di legge, omessa pronuncia”, poichè l’obbligo della forma scritta per i singoli ordini di acquisto sarebbe derivato, nella fattispecie concreta, da apposita previsione negoziale del “contratto quadro”.

5.1. La censura appare manifestamente inammissibile per difetto di interesse, lasciando anzi presumere che parte ricorrente non abbia colto, sul punto, la ratio decidendi del giudice d’appello, il quale ha infatti chiaramente affermato che “la Banca ha peraltro prodotto, ovviamente in prime cure, copia (doc. n. 16) dell’ordine che lo Z. ebbe ad impartire per iscritto, in data 17 luglio 2000, per l’acquisto dei titoli argentini”; il rilievo pare dirimente, rendendo superflua ogni ulteriore disamina delle argomentazioni svolte.

6. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna alle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo.

7. Trattandosi di ricorso notificato successivamente al 30 gennaio 2013, si dà atto – in mancanza di qualsivoglia discrezionalità al riguardo (Sez. U. 15279/2017, 24245/2015; Cass. 5955/2014) della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento da parte dell’impugnante soccombente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013”), che ha aggiunto nel Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (v., da ultimo, Sez. 3, 6028/2018; Sez. 2, 5930/2018).

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2018

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