Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24734 del 19/10/2017
Cassazione civile, sez. II, 19/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.19/10/2017), n. 24734
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2386-2014 proposto da:
M.G., (OMISSIS), domiciliato in ROMA ex lege, P.ZZA
CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato ANTONIO FOTI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI VARESE in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI N.79/H, presso lo studio
dell’avvocato PIO CORTI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ELIO CARRASI;
– controricorrente –
e contro
EUROCOSTRUZIONI SRL, AURORA ASSICURAZIONI SPA, REALE MUTUA
ASSICURAZIONI SPA, FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2212/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 29/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/06/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
Fatto
PREMESSO
CHE:
1. M.G., affermando di aver acquistato un appartamento con pubblica asta dal Comune di Varese e lamentando infiltrazioni e ondazioni di liquami, ha proposto una domanda di risarcimento dei danni subiti. Il Comune convenuto ha chiamato in causa l’impresa appaltatrice delle opere edili e due compagnie assicuratrici; l’Impresa edile, a sua volta, ha chiamato in causa la propria compagnia assicuratrice.
Il Tribunale di Varese ha accolto la domanda, condannando il Comune al pagamento di 25.000 Euro a titolo di risarcimento del danno, trasferendone gli effetti sull’impresa costruttrice.
2. Il Comune di Varese ha impugnato la sentenza. La Corte d’appello di Milano – con sentenza del 29 maggio 2013 – ha accolto l’impugnazione e, riformando la sentenza di primo grado, ha rigettato le domande proposte in primo grado: la vendita dell’immobile, effettuata per pubblico incanto, è regolata dalla L. n. 783 del 1908 e dal R.D. n. 454 del 1909, che limita la responsabilità ai casi di evizione con esclusione della garanzia per vizi e difetti; non è poi insorta in capo al Comune una nuova obbligazione di garanzia pur a seguito dei numerosi interventi di riparazione da questo effettuati, in virtù della vigenza in ambito pubblicistico del principio formalistico.
3. M. propone ricorso per cassazione, articolato in tre motivi.
Il Comune di Varese si difende con controricorso.
Sia M. che il Comune di Varese hanno depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta la “nullità del procedimento e della sentenza di secondo grado per omessa notifica dell’atto di citazione in appello e successivo mancato ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di M. Tour srl, parte attrice del giudizio di primo grado”. Nonostante l’atto di citazione di primo grado sia stato proposto da M.G., in proprio e quale rappresentante legale della M. Tours, e la sentenza sia stata ugualmente pronunciata nei confronti di M. in proprio e in qualità di rappresentante legale della società, il Comune di Varese ha impugnato la sentenza nei confronti di M. senza fare riferimento alcuno alla M. Tours e il giudice d’appello non ha integrato il contraddittorio nei confronti della società, litisconsorte necessaria, pronunciando così una sentenza nulla.
Il motivo è infondato. Il ricorrente dà infatti per scontato che ogniqualvolta vi siano state più parti nel giudizio di primo grado, la sentenza debba essere integrata nei confronti di tutte, con la conseguenza che, avendo M. agito anche quale rappresentate della M. Tours, nei confronti della società fosse obbligatoria l’integrazione del contraddittorio. Così non è: il legislatore differenzia infatti i casi in cui, a fronte di una pluralità di parti in primo grado, l’impugnazione debba avvenire nei confronti di tutte (art. 331 c.p.c.) da quelle in cui l’impugnazione ha ad oggetto una sentenza pronunciata in cause scindibili (art. 332 c.p.c.). La M. Tours, l’agenzia cui M. avrebbe voluto destinare l’immobile acquistato, non era infatti litisconsorte necessario del giudizio di primo grado, instaurato dal M. quale acquirente dell’appartamento, per cui la mancata proposizione della impugnazione nei suoi confronti non comportava l’obbligo di integrazione del contraddittorio (la sentenza di questa Corte menzionata dal ricorrente a p. 17 del ricorso – n. 13695/2001 – si riferisce alla diversa ipotesi del litisconsorzio necessario processuale, ossia quando la necessarietà del litisconsorzio deriva non dalla pluralità soggettiva del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, ma da eventi del processo, come, nel caso di specie, la chiamata in garanzia del terzo).
2. Il secondo motivo censura l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti”: la Corte d’appello avrebbe omesso di considerare che, dalla consulenza tecnica d’ufficio, emergerebbe che la causa dei danni non starebbe nei vizi dell’immobile, ma nell'”omessa manutenzione della rete fognaria e dell’area limitrofa al fabbricato”.
Il motivo è inammissibile: esso concerne infatti una questione nuova (la causa iniziata da M. è infatti causa di risarcimento dei danni derivati dai vizi dell’immobile venduto) che non è stata oggetto di discussione tra le parti.
3. Il terzo motivo, nella prospettazione del ricorrente (p. 21 del ricorso), discende dal secondo hd oggetto la falsa applicazione del R.D. n. 454 del 1909, art. 13 e dell’art. 1490 c.c. e segg.. Dato che il danno, come affermato in relazione al secondo motivo, attiene a fatti che sono “la maggior parte” riconducibili non al contratto di compravendita ma a responsabilità extracontrattuale del Comune, ha errato la Corte d’appello ad applicare disposizioni proprie della responsabilità contrattuale.
La censura è anch’essa priva di fondamento: come già osservato, la causa fatta valere da M. è causa per responsabilità contrattuale intentata nei confronti del Comune di Varese quale venditore del bene immobile.
4. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese sono liquidate in dispositivo seguendo la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in Euro 3.200 per compensi, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 7 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017