Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24734 del 02/12/2016


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Cassazione civile sez. VI, 02/12/2016, (ud. 21/09/2016, dep. 02/12/2016), n.24734

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19689/2012 proposto da:

R.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI SAN BASILIO

61, presso lo studio dell’avvocato MARIA VITTORIA FERRONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE PINO, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 105/04/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di GENOVA, emessa il 24/02/2011 e depositata il

11/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;

udito l’Avvocato Rossana Lania (delega Avvocato Salvatore Pino), per

il ricorrente, che si riporta alla memoria.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La CTR – Liguria ha respinto l’appello del Dott. R.P. – gravame proposto contro la sentenza n. 83/03/2009 della CTP – Genova che aveva disatteso il ricorso del contribuente, esercente attività di consulente in materia di amministrazione, contabilità e tributi – ed ha così confermato il rigetto dell’impugnazione del silenzio/rifiuto sull’istanza di rimborso per IRAP relativa agli anni d’imposta 2003-2007 fondata sulla premessa del difetto del presupposto dell’autonoma organizzazione.

Ha motivato la decisione evidenziando che “i valori esposti nelle dichiarazioni dei redditi, in relazione alle spese sostenute costituiscono (…) indici significativi che dimostrano che l’accrescimento della capacità produttiva del contribuente”.

Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi; l’Agenzia si è difesa con controricorso mentre il MEF non ha svolto difese. A seguito della notifica della relazione è stata depositata memoria da parte del ricorrente; indi la causa è stata riassegnata ad altro consigliere relatore con decreto prot. n. 130/6/16 del 29 luglio 2016.

Preliminarmente, si osserva che la causa, dovendo essere rinviata alla pubblica udienza solo se “non ricorrono le ipotesi previste all’art. 375”, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ben può essere definita con rito camerale anche nel caso in cui ricorra una ipotesi diversa da quella opinata da altro relatore nell’iniziale relazione (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 8999 del 16/04/2009, Rv. 607447).

Pregiudizialmente, si rileva la carenza di legittimazione processuale dell’intimato Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte nel giudizio di secondo grado ed è oramai estraneo al contenzioso tributario dopo la creazione delle agenzie fiscali. La chiamata della compagine ministeriale in cassazione è, dunque, inammissibile e il ricorso va esaminato unicamente riguardo all’Agenzia delle entrate, che è la sola a essere legittimata.

Tanto premesso, disatteso il primo motivo che in punto di diritto sostanziale (D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2) presuppone logicamente e giuridicamente la corretta ricostruzione fattuale delle fattispecie concreta, è questa che viene esattamente censurata con il secondo motivo (centrato sull’omessa o insufficiente motivazione della sentenza).

La parte ricorrente fondatamente si duole che la CTR ha utilizzato argomenti lacunosi, sbrigativi e anapodittici al fine di respingere l’appello, così che la motivazione si risolve in tautologia autoreferenziale. Ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, infatti, il giudice d’appello non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve anche descrivere il processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione d’iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1236 del 2310112006, Rv. 590221; conf. Rv. 640645).

In sintesi estrema, nella specie, pur contestando il contribuente tutti i presupposti legali dell’imposizione e la stessa valenza indiziaria dei beni strumentali rilevati (v. ric. pag. 14-20), manca nella sentenza, finanche graficamente, qualsivoglia concreto esame delle ragioni di censura; di talchè la conferma della decisione di prime cure appare acritica, svincolata dal contenuto del gravame, indefinita e insignificante. Dunque, le poche righe di motivazione rendono la stessa praticamente figurativa. In conclusione, accolto il secondo motivo, la sentenza d’appello va cassata in relazione con rinvio al giudice competente per un nuovo e più compiuto esame e la regolazione anche delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile contro il Ministero dell’Economia e delle finanze e lo accoglie, nei sensi indicati in motivazione, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate; cassa in relazione la sentenza d’appello e rinvia, anche per le spese, alla CTR – Liguria in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 21 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 dicembre 2016

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