Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 24733 del 19/10/2017
Cassazione civile, sez. II, 19/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.19/10/2017), n. 24733
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6646-2014 proposto da:
M.R., M.D., con il loro proc. spec.
MA.MA., (elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 259, presso
lo studio dell’avvocato FABIO PENNISI, rappresentati e difesi
dall’avvocato ANTONIO BELLESI;
– ricorrenti –
contro
ME.RO., B.G., M.P., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA APUANIA 12, presso lo studio dell’avvocato
GIACOMO CENZATTI, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato SALVATORE MUCCIO;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 149/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,
depositata il 28/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
07/06/2017 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
Fatto
PREMESSO
CHE:
1. Con atto di citazione del 22 maggio 1991 Ma.Ma., come procuratore speciale di M. e M.R., conveniva in giudizio i coniugi Me.Ro. e B.G. (fratello e cognata degli attori) davanti al Tribunale di Pisa chiedendo che fosse dichiarata la simulazione del contratto di compravendita di fabbricati e terreni eseguita a loro favore dal padre, M.A., nel 1989 e per ottenere conseguentemente la collazione degli immobili e il pagamento di una indennità per il loro sfruttamento.
La causa veniva riunita ad altra, instaurata dagli attori il 14 novembre 1995 anche nei confronti della sorella M.P., con cui i medesimi chiedevano pure la dichiarazione di nullità della donazione dissimulata, con rientro dei beni nell’asse ereditario, da sottoporre a divisione previo rendiconto.
Il Tribunale di Pisa, con sentenza parziale, ha dichiarato la simulazione della compravendita e la nullità della donazione dissimulata, rimettendo la causa in istruttoria per la decisione circa la domanda di divisione ereditaria dei beni e dei frutti.
Nella prosecuzione della causa – in sede di precisazione delle conclusioni – Me.Ro. ha proposto domanda riconvenzionale con cui ha chiesto di accertare la propria proprietà esclusiva degli stessi beni in quanto oggetto di un prelegato disposto dal padre in un testamento.
Con sentenza definitiva, il Tribunale di Pisa dichiarava che, con l’eccezione di un terreno, gli immobili oggetto del contratto di compravendita già dichiarato simulato erano di proprietà esclusiva di Me.Ro. in forza del legato testamentario.
2. R. e M.D., sempre rappresentati da Ma.Ma., impugnavano la sentenza. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza del 28 gennaio 2013, ha rigettato l’appello.
3. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso R. e M.D., rappresentati dal loro procuratore speciale Ma.Ma., sulla base di un unico motivo.
Me.Ro., M.P. e B.G. hanno resistito con controricorso e, in prossimità della camera di consiglio, hanno depositato memoria.
Diritto
CONSIDERATO
CHE:
on l’unico motivo di ricorso viene denunciata la “violazione ed errata applicazione degli artt. 183 e 189 c.p.c. alla luce del prevalente orientamento giurisprudenziale relativo al rito applicato nel presente processo”: la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere ammissibile la proposizione della domanda riconvenzionale, da parte di Me.Ro., in sede di precisazione delle conclusioni “ritenendola non rilevabile d’ufficio atteso anche che gli odierni ricorrenti avevano apertamente accettato il contraddittorio”.
La censura è infondata. L’ampia illustrazione del motivo (con ricostruzione “dello svolgimento diacronico della disciplina dell’istituto della precisazione delle conclusioni”) non coglie infatti quella che è la ratio decidendi della sentenza impugnata, ossia che essendo stati riuniti i due giudizi, instaurati, rispettivamente, il 22 maggio 1991 e il 14 novembre 1995, il processo ha trovato le sue regole nelle disposizioni anteriori alla riforma del 1990 che ha limitato temporalmente la proponibilità della domanda riconvenzionale, così che la proposizione della domanda all’udienza di precisazione delle conclusioni era ammissibile, tanto più che – precisa la Corte d’appello – sulla domanda gli attuali ricorrenti avevano apertamente accettato il contraddittorio.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese sono liquidate in dispositivo seguendo la soccombenza. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio in favore dei controricorrenti che liquida in Euro 8.200 per compensi, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, il 7 giugno 2017.
Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2017